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Giornata mondiale contro l'Alzheimer: ricerca Cnr sulle donne

La riduzione del livello degli estrogeni associata alla menopausa è un fattore di rischio

Oggi si celebra la Giornata mondiale contro l'Alzheimer, anche se in un contesto del tutto particolare dovuto alla pandemia la ricerca deve ripartire e continuare.
La malattia di Alzheimer, patologia neurodegenerativa che distrugge le cellule del cervello, è la più diffusa tra le forme di demenza e, a causa dell’invecchiamento della popolazione, il numero delle persone che ne soffrono tenderà ad aumentare.
In questa occasione è stato reso noto uno studio condotto da un gruppo di ricercatrici del Cnr-Ibbc, che mette in luce in particolare gli aspetti legati alla donna, spiegando che gli stessi ormoni, sin dalla prima fase dello sviluppo, potrebbero favorirne l’insorgenza.
 
A essere più colpite da questa forma di demenza sono le donne e questo è dovuto all’ingresso in menopausa e al conseguente calo degli estrogeni, evento che determina la maggiore vulnerabilità femminile alla malattia.
La riduzione del livello degli estrogeni associata alla menopausa è un fattore di rischio.
Gli estrogeni tendono infatti a sfavorire nelle donne l’utilizzo dell’ippocampo, la struttura cerebrale deputata alla formazione della memoria a lungo termine e all’orientamento spaziale, e proprio il suo minore uso potrebbe essere alla base di una sua maggiore vulnerabilità agli effetti dell’invecchiamento, tra i quali la riduzione di volume e la formazione di placche.
 
La ricerca è stata pubblicata su Progress in Neurobiology La ricerca ha portato all’elaborazione di una nuova ipotesi che parte dalla raccolta di evidenze scientifiche pre-cliniche (su modelli animali) e cliniche, che mostrano come i maschi e le femmine utilizzino strategie cognitive diverse.
Nelle donne, la variazione dei livelli di estrogeni agisce quindi sulla memoria.
Per aiutare l’ippocampo a «restare in forma» è fondamentale svolgere programmi di esercizio fisico e di allenamento cognitivo, strategie alle quali le donne rispondono meglio degli uomini.
 
È importante comunque sottolineare che le differenze di genere nell’utilizzo delle diverse strategie cognitive possono essere modulate da fattori ambientali legati all’educazione e che non tutte le donne mostrano il profilo di “non ippocampo-user”.
«Questi risultati – spiega sempre la ricerca del CNR – rafforzano ulteriormente l’importanza degli studi che mirano a identificare le differenze di genere e a verificare se queste si associano a un profilo a più alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.»
Infine ci sono anche due case history italiane tra gli 84 esempi virtuosi censiti in 27 Paesi da Alzheimer's Disease International (Adi), nel Rapporto mondiale 2020 dedicato alla malattia in occasione della Giornata mondiale Alzheimer che si celebra il 21 settembre.

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