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Un passo per prevenire l’ictus cerebrale, a Rovereto e Arco

Appuntamento domenica 15 Dicembre, giornata di screening gratuiti per contrastare gli oltre 1.000 nuovi casi di ictus che si verificano in Trentino Alto Adige ogni anno

Giornata di screening gratuiti per la prevenzione dell’ictus cerebrale: domenica 15 dicembre, sia a Rovereto che ad Arco, i cittadini potranno usufruire gratuitamente di uno screening qualificato con misurazione dei valori di pressione arteriosa, frequenza cardiaca, glicemia e compilazione della scheda di valutazione rischio ictus realizzato con il prezioso supporto di Neurologi, Cardiologi e altri specialisti oltre che dei volontari di A.L.I.Ce. Trentino.
L’appuntamento a Rovereto è dalle 9 alle 12 presso la hall all’ingresso dell’Ospedale (Corso Verona, 4), mentre ad Arco di Trento dalle 9:30 alle 12:30 e dalle ore 15:00 alle 17:30 presso l’Ospedale San Pancrazio (Via Damiano Chiesa, 2)
L’ictus cerebrale è una patologia grave e disabilitante che, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.
 
Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave.
In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione, ma il fenomeno è in crescita sia perché si registra un invecchiamento progressivo della popolazione, sia perché tra i giovani è in aumento l’abuso di alcool e droghe.
«Conoscere l’ictus cerebrale e saper riconoscere velocemente i sintomi con cui si manifesta – dichiara il Dottor Bruno Giometto, Direttore della U.O. di Neurologia e Riabilitazione Neurologica dell’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto – è di estrema importanza perché consente ai medici dell’Unità Ictus di intervenire in maniera tempestiva e, di conseguenza, aumentare notevolmente le possibilità di recupero. L’intervento precoce è l’elemento chiave per consentire il miglior recupero possibile e per cercare di ridurre i circa 1.000 nuovi casi di ictus che si verificano ogni anno nella nostra regione.»
 
«Iniziative di questo tipo sono fondamentali - dichiara il Dottor Alessandro Giustini, Direttore Scientifico dell’Ospedale riabilitativo San Pancrazio di Arco di Trento. La popolazione deve essere maggiormente consapevole che i fattori di rischio da soli e, ancora di più in combinazione tra loro, aumentano notevolmente il rischio di essere colpiti da ictus. 8 ictus su 10 possono essere evitati seguendo stili di vita adeguati, attraverso un’attività fisica moderata ed una sana alimentazione. Non va dimenticato, inoltre, che l’ictus è, come tutte le malattie cardiovascolari e i tumori, una malattia multifattoriale, cioè dovuta alla concomitante azione di più fattori: ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà ed alcune anomalie vascolari e cardiache, come la fibrillazione atriale.»
Questa aritmia cardiaca, in particolare, è la causa di circa il 20% degli ictus ischemici e l’ictus da essa causato tende ad essere più grave perché l’embolo che parte dal cuore chiude arterie di calibro maggiore, con un danno ischemico a porzioni più estese di cervello.
Chi è affetto da FA vede aumentare di 4 volte il rischio di ictus tromboembolico, che risulta in genere molto grave e invalidante; questa forma di ictus determina una mortalità del 30% entro i primi tre mesi dall’evento e lascia esiti invalidanti in almeno il 50% dei pazienti.
 
È di fondamentale importanza, quindi, «intercettare» più rapidamente possibile i pazienti con FA.
Una volta effettuata la diagnosi, il passaggio successivo consiste nello stabilire la necessità di una terapia anticoagulante per ridurre il rischio d’ictus e nella identificazione di cause predisponenti sottostanti che spesso necessitano di cure specifiche.
Le nuove terapie della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica), inoltre, possono evitare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente gli esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt'oggi molto limitata per una serie di motivi.
I principali sono rappresentati dalla scarsa consapevolezza dei sintomi da parte della popolazione, dal conseguente ritardo con cui chiama il 112 e quindi arriva negli ospedali idonei, dalla perdita di tempo intra-ospedaliera e, infine, dalla mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate.

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