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Economia carceraria a Fa’ la cosa giusta! – Di Sandra Matuella

L'importanza dell'attività lavorativa in carcere: «Quando i detenuti scoprono il lavoro, la recidiva crolla del 70 percento»

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Dalla «cella in piazza» alle cooperative che producono in carcere, la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili Fa’ la cosa giusta! di Trento ha dedicato uno spazio speciale all’economia carceraria, inclusa una tavola rotonda intitolata: «Fare impresa in carcere. Il lavoro dei detenuti conviene a tutti».
Coordinata dal giornalista Francesco Terreri (foto), questa tavola voleva costituire una opportunità di incontro tra il mondo imprenditoriale trentino e le realtà che fanno impresa in carcere, alcune delle quali presenti in fiera con i loro prodotti come la «Banda Biscotti», «Caffè Lazzarelle», «Dolci evasioni» e «Made in carcere».
 
«Il lavoro ha un impatto trasformativo sulla vita dei carcerati, aiuta a far nascere il desiderio di una vita regolare e serena, e con i corsi scolastici serali che ho frequentato, ho scoperto che si può vivere in maniera diversa, coltivando i rapporti affettivi e la legalità», – ha spiegato un giovane ex detenuto nella sua accorata testimonianza.
Dall’incontro è emersa un’idea di carcere ben precisa, che non deve essere inteso come una entità fisicamente lontana, ma territorio che dia possibilità di ricostruire un progetto di vita e che favorisca l’inclusione sociale, e che preveda sconti di pena ulteriori per chi partecipa a lavori di pubblica utilità all’interno della struttura.
 

 
In tal senso, una commissione lavora per definire una graduatoria di accesso ai lavori, relativa alla casa circondariale di Spini di Gardolo, dove ci sono 330 persone ristrette, di cui una trentina sono donne.
Il lavoro individuato come trattamento rieducativo, in Trentino ha però dei problemi che riguardano il numero di posti disponibili, sia che si tratti di lavori alle dipendenze di cooperative che di lavori professionalizzanti come cuochi e relativi alla manutenzione, che garantiscono continuità nel tempo e per questo sono particolarmente ambiti dalle persone ristrette.
 
Antonia Menghni la Garante dei diritti dei detenuti della Provincia di Trento, ha spiegato che i dati inerenti alla recidiva si abbattono quando una persona può accedere a una attività lavorativa, ed è per questo che il carcere di Spini sta studiando le modalità di lavoro offerte da un carcere spagnolo di Barcellona, in cui il 50% delle persone ristrette sono occupate a tempo pieno.
«Proveremo a replicare questa soluzione spagnola perché il lavoro è la chiave della sicurezza sociale, e offrire un lavoro alle persone detenute è un’occasione, una opzione di cambiamento che la comunità deve offrire, perché la persona non se la può creare da sé.»
 

 
Tra i progetti del carcere di Spini c’è il corso di avvicinamento all’imprenditoria che ha coinvolto 8 persone ristrette, mentre le politiche per il reinserimento sociale degli ex detenuti individuano le linee di indirizzo per il reinserimento lavorativo sia interno che esterno al carcere, e per individuare i profili delle competenze dei singoli detenuti, in modo da favorire la formazione professionale in accordo con le reali esigenze del mercato.
 
Tra le linee di reinserimento ci saranno, quindi, percorsi individualizzati in modo da far emergere le potenzialità e le risorse di ciascuno, ed anche un incontro con l’Agenzia del lavoro volto al riconoscimento del fatto che «le persone ex detenute siano delle persone svantaggiate e sarà pertanto, necessario incrementare le opportunità lavorative, promuovendo mediazioni con le aziende profit e non profit».

Sandra Matuella – s.matuella@ladigetto.it


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