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L’Aquila di San Venceslao conferita ad Andrea Castelli

Il testo col quale il sindaco Alessandro Andreatta accompagna il conferimento del massimo riconoscimento della città di Trento all'illustre concittadino

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Gentile Andrea Castelli,

desidero esprimerLe la gratitudine dell’Amministrazione comunale e della Città tutta per il talento di cui ci ha fatto dono in questi anni.
Mi riferisco alla Sua capacità di raccontare storie e di mettere in scena vizi, vezzi e virtù del nostro tempo e del nostro mondo.
Nelle Sue interpretazioni, Trento e il Trentino hanno trovato uno specchio straordinario e sono diventati metafora universale e narrazione in grado di divertire e far pensare il pubblico da Napoli fino a Lugano.
Il suo teatro è ed è stato per noi coscienza critica e divertimento, terapia e catarsi senza mai perdere leggerezza, ironia e intelligenza.
 
Siccome siamo convinti che la risata sia una necessità spesso sottovalutata, che la commedia sia una forma di critica sociale ancora prima che evasione, vogliamo dire subito che, grazie alle Sue performance comiche, ci siamo divertiti molto in questi anni.
Perché ci siamo rivisti sul palco, un po' Trentini e po' Trentoni, con le nostre ingenuità, miserie, grettezze, raccontate sempre con il sorriso, senza infierire e senza mai sbagliare bersaglio.
Ecco allora Napoleone che, nel 1796, entra in città di lunedì e trova tutto chiuso, ecco i trentini che si disperano quando scoprono di non essere al centro del mondo, ecco i nostri antenati che nella preistoria non sarebbero mai scesi dal Doss Trento se non avessero dovuto rincorrere un mammut.
Mi perdoni se non so rendere l'estro e lo spirito delle sue arguzie: ho voluto, ho dovuto citare qua e là per dare l'idea di alcuni dei suoi bersagli critici, che poi sono il provincialismo e il conservatorismo naturale della nostra terra, di cui Lei coglie gli aspetti meno consueti anche grazie allo straordinario uso del dialetto, strumento espressivo che, nei Suoi copioni, rivela una precisione quasi chirurgica.
Non è un dialetto facile il Suo, è una lingua colta, ricca, naturalmente teatrale, mai nostalgica o folkloristica in senso deteriore, perfettamente in grado di rivelare pieghe dell'esistenza e dell'animo umano che altrimenti resterebbero oscure e inespresse.
 
Nella sua opera non meno importante è il teatro civile. Quello del «Racconto del Cermis», di «Sanguinare inchiostro», di «Avevo un bel pallone rosso» a cui voglio aggiungere la recente lettura delle lettere di Alcide De Gasperi: in tutti questi suoi lavori, che la vedono ora autore, ora interprete, mi pare di ravvisare l'intenzione e la necessità di misurarsi con i grandi temi del nostro tempo, il delitto senza castigo ovvero la giustizia negata, le infamie della guerra, il terrorismo rivisto nel rapporto tra padre e figlia, il senso dello Stato.
Se volessimo cercare un filo rosso nel suo percorso artistico, forse lo potremmo trovare proprio nella ricerca di nuove sfide, nello sperimentare forme sempre diverse di spettacolo, la farsa e la tragedia, il classico e il moderno, la prova attoriale e la scrittura.
Questa ricerca è anche un modo di mettersi alla prova e, in definitiva, una dimostrazione di coraggio. Lo stesso che l'ha indotta a lasciare il Club Armonia in cui era attivo Suo padre Silvio per fondare l'innovativo gruppo degli “Spiazaroi”; lo stesso coraggio che l'ha spinta a lasciare il posto fisso in Rai per dedicarsi esclusivamente al teatro e trasformare la sua grande passione in una professione.
Non è da tutti investire su se stessi e in un settore difficile come il teatro, rischiare in prima persona per poter respirare la polvere del palcoscenico non sporadicamente, tra un impegno lavorativo e l'altro, ma quotidianamente e in modo totalizzante.
 
In tutti questi anni Lei è stato il punto di riferimento di ogni compagnia, di ogni attore, di ogni autore teatrale trentino.
La sua presenza ha contribuito a tener alto il livello artistico e a educare il gusto del pubblico. I suoi successi, i premi di cui è stato insignito – l'ultimo, quello come miglior attore, assegnato da una giuria di esperti – gli applausi nei teatri italiani (dal Goldoni di Venezia al Piccolo di Milano al Bellini di Napoli) ci hanno riempito d'orgoglio.
Perché hanno reso giustizia a un talento che non ha mai rinunciato all'indipendenza e alla distanza da ogni tipo di potere, un talento che non è mai stato collaterale a niente e a nessuno: qualità queste proprie dell'arte, che per definizione non può avere né padrini né padroni.
 
Il quadro non sarebbe completo se in questo breve excursus non comparisse la persona che l'ha sempre seguita, sostenuta e pungolata in tutti questi anni: ovvero Sua moglie Nicoletta Girardi, compagna di vita oltre che di tante imprese artistiche.
E infine non posso non menzionare il suo radicamento, il suo amore per Trento, che è sempre stata la casa da cui partire e a cui tornare, anche quando opportunità artistiche interessanti avrebbero potuto portarla lontano dai luoghi che hanno alimentato la Sua ispirazione.
 
Gentile Andrea Castelli,
è per queste ragioni che la Città intera vuole testimoniare la propria amicizia e la propria stima nei Suoi confronti. E’ per questo che, raccogliendo le sollecitazioni e l’affetto di numerosi Suoi amici ed estimatori, sono onorato di consegnarLe l’antico sigillo della Città: l’Aquila ardente di San Venceslao.

Alessandro Andreatta, sindaco di Trento

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