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Oriana Fallaci, grande donna, anticonformista e contraddittoria

Chi è il personaggio al quale anche Trento vuole dedicare una via – Di Luciana Grillo

Era ancora viva e già la si giudicava, la si criticava, se ne apprezzavano alcune posizioni e se ne contestavano altre… era un personaggio difficile, scomodo, ma autorevole.
Da ragazzina aveva seguito l’esempio dei suoi familiari e si era dichiarata rigorosamente antifascista. Durante la Resistenza si impegnò come staffetta partigiana con il nome di battaglia di Emilia, unendosi alle Brigate Giustizia e Libertà.
E aveva soltanto quattordici anni quando l’Esercito Italiano le attribuì uno speciale riconoscimento.
Diventata adulta, dopo aver abbandonato l’Università, si dedicò al giornalismo, avendo come maestro Curzio Malaparte.
 
Cominciò a scrivere per il «Mattino dell’Italia Centrale», che era un quotidiano di ispirazione cattolica. Quando le fu chiesto di approntare un articolo che screditasse Palmiro Togliatti, Oriana si rifiutò e chiuse la sua collaborazione.
Per trovare la sua strada, si trasferì a Milano e fu assunta dal settimanale «Epoca», il cui direttore era suo zio Bruno che, per evitare accuse di nepotismo, la relegò in redazione come correttrice di bozze.
Ma Oriana aveva stoffa e coraggio da vendere, e non temeva i giudizi altrui!
 
Si occupò di Alta Moda e cominciò a scrivere per un altro settimanale, «L’Europeo», dove rimase per più di venti anni, fino al 1977, allontanandosi però spesso da Milano per raggiungere Roma e poi New York, Hollywood, il Vietnam in guerra (fu la prima donna italiana ad andare al fronte come inviata speciale), il Messico al tempo delle Olimpiadi (dove rimase ferita durante una protesta degli studenti) l’India in lotta col Pakistan, il Sud America, l’Iran, eccetera, prima di ritirarsi negli Stati Uniti, in una villetta tranquilla a Manhattan, pur considerandosi sempre italiana, anzi toscana.
Amica di Pier Paolo Pasolini, cercò di indagare sulla sua morte, di cui aveva intuito il movente politico.
 
Legata sentimentalmente al leader dell’opposizione greca, Alexander Panagulis, raccontò le sue vicende nel romanzo «Un uomo» e fu profondamente segnata dalla sua morte, causata da uno strano incidente.
Da tante e diverse esperienze nacquero réportages memorabili e romanzi, da «Penelope alla guerra» a «Niente e così sia», a «Lettera a un bambino mai nato», e interviste straordinarie poi pubblicate in un unico testo dal titolo «Interviste con la Storia» del 1974.
Tutti i personaggi più noti avevano accettato di rispondere alle sue domande, soltanto l’Aytollah Khomeini interruppe l’incontro perché Oriana si era liberata del chador e lo aveva chiamato tiranno. L’intervista però riprese e fu completata il giorno dopo.
Romanzi e interviste sono stati pubblicati in tutto il mondo e venduti milioni di copie.
Fu vicina ai soldati italiani a Beirut, sostenne il Partito Radicale, raccontò il lancio dell’Apollo 11 e una sua foto arrivò sulla luna, affidata al comandante della spedizione.
 
La scoperta di essere stata colpita da un tumore ai polmoni la rese fragile, si sentì indifesa, non incolpò della malattia la sua abitudine di fumare, ma i gas tossici respirati in Kuwait durante la guerra del golfo.
L’attentato dell’11 settembre fece affiorare in Oriana il timore della decadenza della società occidentale, minacciata dal fondamentalismo islamico.
Temeva l’islamizzazione dell’occidente, ma non era comunque favorevole alla guerra dichiarata a Saddam Hussein e all’Iraq, tanto da scrivere a Bush e Blair esprimendo il timore che ci si potesse trovare di fronte ad un secondo Vietnam.
 
Certamente contraddittoria, capace di modificare il suo pensiero relativamente alle circostanze, sempre pronta a pagare di persona, Oriana Fallaci, atea dichiarata e ammiratrice consapevole di Benedetto XVI, amica personale di Monsignor Fisichella, contraria apertamente all’aborto e all’eutanasia, ha lasciato una impronta forte nel mondo del giornalismo italiano, a cui molto ha dato in termini di libertà e coraggio.
È mancata nel 2006 e già un anno dopo il Comune di Milano le ha intitolato un giardino; a Firenze porta il suo nome una piazza, così come a Grosseto, Pavia, Carrara e in tanti altri centri, mentre nel sassarese, a Ozieri, le è stato intitolato un teatro.
E a Trento?

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