Il libro della settimana – Di Guido de Mozzi
Titolo: Innocente. Una storia vera Autore: Grisham John Prezzo di copertina: € 18,60 332 pagine, rilegato Editore: Mondadori 2006
Il contenuto
L'8 dicembre 1982, nella cittadina di Ada, in Oklahoma, la giovane
Debbie Carter viene ritrovata da un'amica sul pavimento della
propria casa. È nuda, coperta di sangue, e qualcuno ha scritto
parole incomprensibili sul suo corpo. Ada è una tranquilla località
del Midwest, dove tutti si conoscono e si ritrovano in chiesa.
Nessuno avrebbe mai creduto possibile un omicidio tanto sanguinoso,
e la stessa polizia è impreparata all'evento. Per quasi cinque anni
il caso rimane irrisolto, fino a quando gli inquirenti non decidono
di incriminare Ron Williamson, già noto alle forze dell'ordine per
i suoi comportamenti bizzarri, al limite della follia. In
"Innocente" John Grisham ricostruisce con la precisione del legale
e l'empatia del grande romanziere la vicenda personale e
giudiziaria di Williamson. Promettente giocatore di baseball, Ron
lascia Ada nel 1971 per trasferirsi a Oakland, in California, come
prima scelta della squadra professionistica locale. Sei anni dopo,
i suoi sogni si infrangono per colpa di un infortunio al braccio.
Rifugiatosi nell'alcol e nelle droghe, tornerà da sconfitto in
Oklahoma, incapace di mantenere un lavoro o un qualsiasi rapporto
stabile e mostrando progressivi segni di squilibrio. Quando la
polizia si convince che è lui l'assassino di Debbie Carter,
Williamson non ha modo di difendersi. Non ha denaro per pagarsi un
avvocato decente, i suoi concittadini lo guardano con sospetto e la
malattia mentale lo rende inabile ad affrontare un processo.
Nonostante gridi la propria innocenza, Williamson verrà travolto da
una spirale giudiziaria che lo porterà nel braccio della morte, e a
un passo dall'esecuzione. Il caso di Ron Williamson ha ossessionato
John Grisham per anni, da quando il maestro del legal thriller ha
letto incidentalmente la sua vicenda su un giornale locale,
decidendo di raccontare per la prima volta un fatto realmente
accaduto. Il risultato è una storia umana avvincente e scioccante,
pervasa di una forte tensione morale, che arriva a mettere in
discussione l'intero sistema legale americano.
Il commento
Ho acquistato l'ultimo libro di Grisham solo perché dovevo farlo.
Non potevo farne a meno, anche se dubitavo che potesse piacermi,
una questione di passione per i libri. La sua vena letteraria
sembrava ormai esaurita. E forse lo è davvero, perché con questo
libro non si può dire se l'autore di legal thriller abbia
recuperato la sua fantastica spinta iniziale, dato che ha scritto
un libro legato alla realtà e non più alla sua fantasia.
Però "Innocente" è uno dei pochi libri scritti su un fatto
realmente accaduto che mi abbia coinvolto come un vero e proprio
romanzo. A parte Arrigo Petacco, naturalmente, che secondo me
rimane in vetta alla classifica mondiale dei narratori di
verità.
Fin dall'inizio si capisce chi verrà accusato e condannato per un
delitto che non ha commesso, ma fino alla fine ci si domanda come
andrà a finire. Dovrebbe bastare questo per dare idea di quanto io
sia rimasto piacevolmente coinvolto da questo libro.
Una cosa la dico da autore di romanzi. La realtà è sempre più
fantasiosa della fantasia, e se Grisham non avesse indicato nel
sottotitolo «una storia vera» avrebbe potuto sembrare una
«forzatura» per denunciare il sistema giudiziario americano.
Diciamo subito che la storia di Ron non ha nulla di clamoroso come
la tragedia si Sacco e Vanzetti, pure condannati innocenti, ma
vittime più di un particolare momento storico nazionale che
dall'idiozia ispirata di «professionisti» frustrati. Ma la sua
storia è certamente quella di decine, forse centinaia, di persone
che negli Stati Uniti ogni anni vengono condannati sulla scorta di
pareri emotivi di giurie formate da giudici popolari.
Noi da sempre in questo giornale abbiamo denunciato il sistema
americano nel quale la giustizia è amministrata da giudici
«dilettanti» anziché dai professionisti togati. Chi di noi vorrebbe
essere giudicato dal vicino di casa? Come si può pensare che possa
essere serena una persona che ha conosciuto la vicenda per cui è
stato chiamato a decidere dai mass media e non dal materiale
portato in aula dal procuratore?
Beh, questo romanzo non denuncia solo questo aspetto, per cui le
giurie popolari .- una volta vanto degli Stati Uniti come esempio
palese di giustizia amministrata dal popolo - hanno dimostrato i
loro limiti. «Innocente» dimostra che anche i professionisti
americani lavorano mediamente male. Polizia e Procura, in questo
romanzo, come in moltissimi casi, hanno affrontato il caso
dell'assassinio di Debbie Carter sotto la spinta di due terribili
nemici della verità: la frustrazione di non trovare un colpevole e
la scelta di partire dalla propria convinzione di colpevolezza per
poi costruire le prove atte a incastrare il sospettato. Infatti,
l'autore non mette in dubbio la buona fede degli inquirenti, che
secondo lui «erano certi che il colpevole fosse lui». Però li
accusa di qualsiasi cosa il lettore voglia pensare di loro, perché
pagina per pagina si scopre che le accuse erano state inventate non
per incastrare un innocente ma un colpevole.
Il libro, dicevo, mi ha trascinato emotivamente. Forse lo ha fatto
perché anche io ho scritto un libro riguardante un processo che ha
coinvolto molte persone, la maggior parte delle quali innocenti, ma
che hanno dovuto ugualmente sopportare un processo. Anche nel mio
caso Polizia e Procura sono partite da un preconcetto, da una
verità intuita, ed hanno lavorato per incastrare i loro presunti
colpevoli , anziché indagare per trovare la verità. Naturalmente
nel mio caso non ci sono state prove «truccate» come nel caso di
Grisham, ma certamente gli interrogatori e i verbali stesi e fatti
firmare erano condotti in un'unica direzione. Nel mio libro nessuno
rischiava la pena di morte, ma gli indagati sono stati presentati
all'opinione pubblica come dei veri colpevoli fin dall'inizio e i
giornali spalleggiavano la loro fonte. Il tutto perché nella città
dove si erano svolto i fatti di cui ho scritto il libro era
frustrante non trovare un colpevole di Tangentopoli. Infatti non ho
mai dimenticato una frase pronunciata dal procuratore XY ad un
giornalista che gli chiedeva come era potuto accadere che venisse
messo a carico dell'accusa «un sogno»: «Non avete idea» - aveva
detto - «quanto sia frustrante non trovare un colpevole…»
Nel mio libro - contrariamente ai fatti narrati da Grisham -
presunti colpevoli sono stati tutti assolti, con ogni probabilità
perché i giudici giudicanti erano dei seri professionisti. E sono
stati assolti che i probabili colpevoli, con ogni probabilità
perché i giudici inquirenti erano partiti con una soluzione
presunta. Ma siamo del parere che un paese con un'alta percentuale
di delitti irrisolti sia un paese altamente civile.
Tutto è bene quello che finisce bene? Balle! Il come finisce il
romanzo di Grisham non voglio certo raccontarla qui, sarebbe un
delitto. Ma nella storia raccontata da me, la maggior parte degli
indagati ha portato con sé il marchio d'infamia e i danni materiali
di sette anni di vicende che anche un magistrato alle prime armi
avrebbe ritenuto a favore della difesa.
Premesso questo, e mi scuso se ho parlato di me, il libro si fa
legge tutto d'un fiato. La realtà, come dicevo, è molto ma molto
più creativa della fantasia. Do un consiglio a chi lo legge. Non lo
si prenda come un lavoro giornalistico ma come un romanzo vero e
proprio. Scoprirà che anche i libri di storia sono dei romanzi
incredibili e appassionanti come e forse più dei romanzi.
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