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Filippo Boni: «L' ultimo sopravvissuto di Cefalonia»

Dai campi nazisti ai gulag sovietici, l'incredibile storia di un eroe qualunque:il trentino Bruno Bertoldi, di Castelnuovo Valsugana

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Titolo: L' ultimo sopravvissuto di Cefalonia
Autore: Filippo Boni
 
Editore: Longanesi 2019
Collana: Il Cammeo
 
Pagine: 315, Rilegato
Prezzo di copertina: € 19
 
 Descrizione 
«Ricordi quelle acque cristalline che ancora celano sangue e disperazione tutta italiana?
Ricordi le case bianche dei pastori, tutte a un piano, gli anfratti in cui vennero gettati i corpi dei soldati italiani, fucilati dai nazisti dopo la battaglia seguita all'armistizio dell'8 settembre, e poi la macchia mediterranea, il profumo del ginepro, i silenzi dalla montagna più alta?»
 
L'eccidio di Cefalonia del settembre 1943 sembra oggi lontanissimo, ma è ancora prepotentemente vivo negli occhi di Bruno Bertoldi. E lui, cento anni compiuti il 23 ottobre 2018, è rimasto l'ultimo a poterlo raccontare.
In quei giorni, migliaia di soldati italiani della Divisione Acqui vennero trucidati dai nazisti. Bertoldi riuscì miracolosamente a fuggire, ma fu subito catturato dai tedeschi e portato ad Atene. Da qui venne caricato su un treno diretto allo stalag di Leopoli, in Ucraina.
La Wehrmacht cercava meccanici e Bertoldi fu destinato a un deposito di panzer, auto e moto a Minsk, in Bielorussia.
Dopo una fuga rocambolesca, lui e altri tre italiani furono presto catturati dai partigiani polacchi che dopo un periodo di lavori forzati li consegnarono ai russi.

Ebbe così inizio una terribile marcia per centinaia di chilometri, anche a trenta gradi sotto zero, finché, una volta arrivati a Mosca, vennero trasferiti nell'infernale gulag di Tambov, dove in gelide caverne scavate sottoterra Bertoldi vide morire migliaia di soldati italiani.
Nella primavera del '45, fu spedito a seminare e a raccogliere cotone, in condizioni estreme, nel gulag di Taškent, in Uzbekistan.
Nell'ottobre 1945, venne caricato su un carro be­stia­me e finalmente mandato a casa, a Castelnuovo Valsugana, dove arrivò, ormai ridotto al lumicino e con la malaria, soltanto la notte di Natale.

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