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Modi de dir 'n trentìm/ 4 – Di Cornelio Galas

Ecco la terza puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina

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EL TEMP EL SGOLA – Il tempo passa. Sia nell’acqua (panta rei), sia sulla terra (carpe diem), sia nell’aria.
 
L’EMPROMETER L’È FRADEL DEL MAL ATENDER – Chi promette sa già che non manterrà subito la promessa.
 
OGNI PAÉS GH’À LA SO USANZA, OGNI BONIGOL GH’A LA SO PANZA – Bonìgol (o botòn de la gudàza, o botón de la panza) è l’ombelico. E non si può staccare dalla pancia.
 
SE TE TE SPOSI I TE DIS DRIO MAL, SE TE MORI I TE DIS DRIO BEN – Matrimoni e funerali, false felicitazioni e ipocriti ricordi.
 
EL MÉS CHE SCOMENZIA DE DOMÉNEGA L’E’ PÈZO DE NA TRISTA FÉMENA – Occhio al primo giorno di ogni mese prima di credere all’oroscopo.
 
SE TE VEDI FUM, O CHE L’E’ FOCH O CHE L’E’ UN CHE HA CAGÀ DA POCH – Massima attenzione quando si avvertono questi segnali nell’aria: non sempre è puzza di bruciato.
 
EN DOVE NO GH’E’ COLPA NO GH’È PECÀ – Attenuante generica nell’omicidio colposo?
 
SE NA FAMIGLIA LA FA SU ‘N MUR, DO FAMIGLIE LE GODE DE SICUR – La concordia tra vicini sta nella materiale delimitazione delle rispettive proprietà?
 
L’AQUA SANTA LA FA BEN TANT POCA CHE TANTA – Ininfluente il dosaggio e quindi l’assidua o meno frequentazione delle terme, pardon, della chiesa.
 
L’AMOR DE DIO E LA SE’ DEL FERAR L’È DO ROBE SENZA FIN – L’importante è che il fabbro si disseti con acqua, esclusivamente con acqua.
 
TUTI I SALMI I FINIS ‘N GLORIA – Pretesto per il brindisi. In ogni occasione. Soprattutto alla fine di una lunga conferenza.
 
EL DIAOL EL COGNOS L’ALTRO – Tra Diavoli ci s’intende.
 
AL ZIMITÈRI SE FINIS TUTE LE QUESTIÓN – Semmai le liti, dopo, riguardano gli eredi.
 
FOGAMÈRDE – Si tratta dello scarabeo stercorario. Insetto che evidentemente ha nello sterco il suo habitat naturale. Ma «fogàr» (o fodegàr o ancora sfodegàr) sta per frugare. Quindi il significato di ficcanaso. O peggio di chi ama invischiarsi nello sporco. Non in senso lato.
 
MAGNANÙGOLE – Chi vive tra le nuvole, perdigiorno. Insomma per aria, elemento del quale addirittura si alimenta.
 
NAR A PASCOLAR LE GALINE DE L’ARZIPRÈT – Non vuol dire dare una mano all’arciprete (o al parroco, o comunque al sacerdote del paese) nel pollaio, ma di fatto morire.
 
TE BATO VIA I COIONI E GHE I DAGO AL GAT CHE ’L FAGA MATÉRIE – Minaccia grave. Con prospettive non solo di cruente evirazioni, ma anche di spettacoli orrendi. Col gatto che gioca con… poveri resti della virilità perduta.
 
TI TASI CHE TE GH’AI ANCORA LA PEZOTA BAGNADA – (Vedi anche pezotèr, pezotèra, pisòt, pisòta). Invito a un ragazzo o a una ragazza, presuntuosi, saputelli, a ricordare la loro inesperienza. Anche nei bisogni fisiologici, primari, infantili.
 
DESFIZAR LE BUDÈLE – Mangiare in abbondanza. In modo da togliere l’intestino da una sorta di raggrinzimento. Da notare che «desfizàr» vuol dire sfilare l’ago. Quindi in senso figurato si tratta di rompere le cuciture e … liberare il passaggio del cibo. Vedi anche «brontolàr de budèle», gorgogliare degli intestini, a causa della fame.
 
RASPAR SU TUT – Raspàr sta per limare, usare la raspa. In questo caso significa proprio mangiare tutto quanto c’è nel piatto, senza lasciarvi nemmeno una briciola. Limando tutto… ciò che è commestibile.
 
NA SGEVA DE FORMAI – Una scheggia di formaggio. Assaggio che prelude sempre a «Oscia, dàme n’altra sgéva de sto formài bòm».
 
NA SBERLA DE POLENTA – Nulla a che fare con le torte in faccia. Sbèrla sta qui per «grande porzione». Anche sbèrla de carne, sbèrla de formài (diverso, molto più abbondante dalla sgèva).
 
PREPARAR EL CAFÈ BON – Il caffè buono è semplicemente quello che non è caffè di orzo (o de zicòria) o quello che adesso si chiama decaffeinato. Insomma il caffè vero, non suoi derivati o sostituti.
 
FAR EL FIÒZ – Letteralmente: fare il figlioccio. In realtà in questo caso il Padrino è quello che sottrae la porzione di un altro commensale. O perché è lento a servirsi o perché è arrivato tardi a tavola.
 
L’È ’N POR TETA – Tonto, imbambolato, anche «tetìna».
 
POCI MANINA – Bacia la manina. Ringrazia il cielo che è andata bene. Frase spesso accompagnata dal gesto di baciare la mano prima sul palmo e poi sul dorso. Vedi anche: «basàrse le man».
 
BELE CHE FINÌ ’L FILÒ – Chiusura dei discorsi, della festa, della pacchia. Filò erano le veglie invernali dei contadini nella stalla. In queste riunioni ci si dedicava al desvolzò, ovvero a dipanare le matasse dei filati di lana, canapa o cotone, si sgranavano le mànze de zaldo, si raccontavano storie ai bambini, si ascoltavano i racconti degli anziani. Far filò: chiacchierare, raccontarsi fatti e novità.
 
LASA CHE I CANTA ’N DOM, CHE I È PAGADI – Invito a prestare attenzione alla conversazione. E a lasciar perdere canti, «sirene» provenienti da luoghi in quel momento estranei al dialogo.

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