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«Poesie cave» alla biblioteca Tartartotti – Di Daniele Bebber

Il volume di poesie di Massimo Parolini sarà presentato a Rovereto il 4 marzo

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La Biblioteca Civica Girolamo Tartarotti di corso Bettini 43 a Rovereto ospita, venerdì 4 marzo alle 17.30, la presentazione del libro «La via cava» di Massimo Parolini.
Il volume, edito recentemente dalla casa editrice LietoColle, raccoglie una settantina di poesie che disegnano «il cammino di una storia», attraverso l’innamoramento (Il pavone nell’alba), il matrimonio (In un tempo più lento), la nascita dei figli (Pieghe del quotidiano), l’amicizia, i lutti e l’ombra del nichilismo (Teoria delle ombre), la tensione al divino (Il dio che viene), l’inquietudine ricorrente e il paesaggio rigenerante (Ansiaverde).
 
Massimo Parolini è nato a Castelfranco Veneto (Tv) e vive a Trento da vent’anni dove insegna materie letterarie al Liceo artistico «Vittoria».
Nel periodo universitario veneziano ha scritto e rappresentato dei testi teatrali e pubblicato un libro di poesie sulla guerra nella ex-Jugoslavia (Non più martire in assenza d'ali), vincendo un Premio Speciale al Premio Internazionale di Poesia «San Marco-Città di Venezia».
Da alcuni anni è curatore di mostre di artisti trentini del Novecento.
Non sarà solo, alla presentazione interverranno il saggista e critico letterario Giuseppe Colangelo ed il critico d’arte Pietro Marsilli. Quest’ultimo, leggerà esteticamente alcune opere d’arte prese ad ispirazione dall’autore per scrivere i propri versi.
 
Nella prefazione del suo libro, Massimo Parolini scrive «Cavo, còncavo, incavo, è ciò che ha la superficie curva e rientrante.
«Cavo è il grembo che ci ha custodito dal concepimento alla nascita. Cava la culla che lo ha sostituito nei primi mesi di vita.
«Cava è la mano che stringo in segno di relazione, cava la mano che accarezza, che accoglie l’acqua che disseta e ci sostiene…
«Cavo è il riparo che ospita l’uomo, dalla grotta- caverna alla casa certificata, cavo il riparo degli dei, l’antro della Sibilla, il luogo delle profezie, gli ipogei, le necropoli…
«Cavo è l’organismo che ospita i nostri organi vitali… Cavità anatomiche, cavità geologiche.
«Cava la buca che ci accoglie nella terra, la bara che ci contiene, l’urna cineraria, il sarcofago… Ritirarsi nello spazio cavo non è pura fuga dal mondo: è desiderio di incontrare la propria ombra, scendere alle Madri, incontro all’Alterità.»
Abbiamo posto all'autore qualche domanda.
 
Guido Polo, Processione.***
 
Da dove è nata l'ispirazione per scrivere questo libro?
«Le poesie raccolte coprono un ventennio di esperienza di vita, dal mio periodo tardo universitario veneziano all'arrivo a Trento dove mi sono spostato dopo la laurea sposando una trentina diplomata all'Accademia di Venezia (dove ci siamo conosciuti).
«Quindi la nascita dei figli, la precarietà del lavoro, il contatto con un paesaggio spettacolare, il passaggio iniziatico alla vita adulta. Insomma: il peso di tutto ciò che accade, che ci rende uomini responsabili di fronte a sé stessi, agli altri, al mondo.
«A Venezia ero molto attivo nella produzione di testi teatrali e avevo già pubblicato un volume di poesie sulla guerra nella ex-Jugoslavia, vissuta in presa diretta, visto che era dall'altra parte dell'Adriatico e quotidianamente i media ci davano dei reportage della tragedia.
«L'ho inviai anche a papa Wojtyla e il suo segretario personale, Stanisław Dziwisz (poi nominato arcivescovo di Cracovia mi scrisse ringraziandomi perché il tema era caro al papa polacco (tra l'altro poeta egli stesso), i cui appelli alla pace e al cessate il fuoco in quella guerra erano costanti.
«Nella lettera Dziwisz mi informava che il papa teneva il libretto nel suo comodino. Per me fu una grande soddisfazione. Per Wojtyla, ad un anno dalla morte, ho poi composto (assieme al compositore trentino Federico Scarfì) un inno, cantato prima dal coro di S. Martino di Trento, poi dal coro delle Laste (in presenza dell'arcivescovo Luigi Bressan) e infine dal coro Castelbarco diretto da Luigi Azzolini.»
 
Alcune poesie sono ispirate a delle opere d'arte: perché ha scelto opere di specifici artisti locali (Pietro Verdini, Mauro De Carli, Guido Polo, Mastro 7) o di altri di fama mondiale (come Leonardo, Caravaggio o Lucio Fontana)?
«L’occasione per scrivere poesie ispirate a quadri e sculture si è presentata nell’'incontro con opere che mi hanno particolarmente colpito, al momento dell'organizzazione di mostre di artisti trentini da me curate in questi anni (presso lo Studio Rensi o l'Aula S. Giovanni del Duomo di Trento): quindi a contatto con l'esperienza vissuta.
«Nel caso di opere più famose, l'ispirazione è nata soprattutto dalla loro visione, che ha turbato la mia coscienza, costringendomi a dialogare con tali lavori attraverso il verso.
«È una poesia che rientra nell’ecfrasi, ossia la descrizione verbale di un'opera d'arte visiva, che ha illustri esempi: attuali come varie poesie del poeta e drammaturgo milanese Giovanni Testori o del passato, come il John Keats dell’Ode su un’urna greca o la virgiliana descrizione dello Scudo di Enea nell’Eneide.»
 
Sta già lavorando ad altri progetti letterari?
«Devo pubblicare un lungo poema composto nel periodo universitario, di taglio più sperimentale, con una struttura formale complessa e quindi di più difficile divulgazione.
«Poi nel cassetto ho un libro di racconti, composti negli ultimi anni. Vedremo...»
 
Daniele Bebber

***A Guido Polo, pittore. Processione

 

spettrali larve processionarie
condannate a vita
scavate dal vento del nord
dove andate così senza pelle
con i volti dipinti sul vuoto?


  riportiamo il Signore al Calvario
perché ora è uno di noi:
ramosecco appassito chiodato
prosciugato da ogni dolore
ma il Signore discende dal legno
fa tre giorni di morte poi sorge!
 
  in un altro vangelo che amiamo
il Signore è ancora sul palo
resterà sopra il monte del cranio
finché il male soccomba all'amore
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