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Come affrontare le incomprensioni del rapporto di coppia

«L’amore non basta». Dialoghi con la psicologa Paola Taufer

Le probabilità che un matrimonio o un'unione di coppia finiscano con una separazione oscillano tra il 40 e il 55% e queste percentuali sono in costante crescita.
Viene da chiedersi se oggi si possa parlare ancora di «ti amerò per tutta la vita» e se questo sentimento possa realmente durare per sempre.
 
Quando due persone decidono di sposarsi o vivere insieme spesso credono che il loro rapporto sia diverso dagli altri, alimentato da un profondo amore e grande entusiasmo.
Dopo qualche tempo le coppie si trovano però impreparate ad affrontare i problemi e i conflitti che a poco a poco si accumulano in ogni unione.
Entrambi i partner iniziano così ad avvertire un crescente senso di irrequietezza, frustrazione e anche dolore, spesso senza sapere esattamente dove risieda il problema.
 
Amare ed essere amati è senza dubbio un'esperienza fra le più ricche che si possano avere, ma di rado l'amore ha in sé il vigore necessario per resistere ad azioni che possono sgretolare il rapporto: delusioni demoralizzanti, interpretazioni sbagliate di comportamenti, incomunicabilità.
Due persone che vivono in coppia, si creano certe aspettative reciproche: sensibilità, generosità, lealtà, considerazione, responsabilità.
Quando avviene una discussione che si trasforma in conflitto, essa è l'effetto di una comunicazione carente e distorta: i partner sono portati ad incolparsi a vicenda invece di considerarla come un problema che può essere risolto.
 
Così con l'insorgere di difficoltà, avviene una proliferazione di fraintendimenti e ostilità che cancella tutto ciò che di positivo l'uno dà all'altro, fino a mettere in discussione il rapporto stesso.
Se nel fidanzamento ciascun partner sente il bisogno di piacere all'altro ed è gratificato quando lo rende felice, nel matrimonio entrambi iniziano a sostenere desideri e interessi propri e i disaccordi divengono inevitabili.
Tanto più che ciascuno in genere vede nei desideri dell'altro la crescita del suo egocentrismo e giudica il compagno (non giudica però se stesso) una persona egoista, cocciuta o gretta.
 
Vi è poi la tendenza generale a ritenere le proprie opinioni una realtà assoluta, per cui ognuno dei due considera l'altro punto di vista come non realistico.
Se la donna ha una prospettiva che diverge da quella dell'uomo, lui la giudica per esempio capricciosa o testarda, lei invece lo considera ottuso o infantile.
 
Il problema più insidioso sono i pregiudizi di comodo, una tendenza ad interpretare gli eventi nella luce più favorevole o nel modo più consono al proprio interesse.
Questo allarga la frattura di incomprensibilità e rappresenta una seria minaccia, poiché anche il minimo disaccordo può scatenare una lite violenta in cui i partner si denigrano a vicenda: «Mi contraddici solo per metterti contro di me» oppure «Ma che ne sai tu? Non capisci niente».
 
Un altro aspetto che emerge spesso anche nell'attività clinica è la lamentela «il mio partner è incapace di cambiare»: questa è un'asserzione sempre sbagliata, perché le persone che sembrano completamente impermeabili ai suggerimenti utili possono invece farne tesoro e cambiare al meglio.
Ma se la considerazione è «In me non c'è niente che non va. Se il mio partner migliorasse, tutto si sistemerebbe», significa che il rapporto è in crisi e serve mettere a punto nuove strategie per recuperare e sistemare la relazione.
 
Che cosa va cambiato?
Se un'unione non funziona, certamente qualcosa va cambiato.
Ma che cosa? Il modo di pensare? Il comportamento?
Senz'altro entrambi, anche se vanno affrontati con modalità e tempi diversi.
 
Uno dei maggiori ostacoli al cambiamento è dovuto all'inclinazione di entrambi i partner ad attribuire ogni cosa spiacevole ai tratti negativi della personalità dell'altro (es. l'egoismo) e a screditarne le azioni positive.
È un errore frequente quello di generalizzare un'azione negativa, quando invece va sempre ridimensionato il problema: se uno dei due ha commesso un errore, non gli va rimandato «Tu ti sbagli sempre», invece «in questa circostanza ritengo che tu abbia sbagliato», lasciando uno spazio per ascoltare, accogliere l'altro e discuterne insieme.
 
Fondamentale è la capacità di comunicare in maniera adeguata, rammentandoci che un aspetto importante della comunicazione è l'ascolto.
Quando si parla serve essere brevi e precisi, evitando osservazioni generiche.
Meglio dire «Mi piacerebbe che tu riappendessi l'asciugamano dopo averlo usato» piuttosto che «vorrei che tu fossi più ordinato».
Inoltre, oltre ad evitare parole assolute come sempre e mai, cercare di dire con chiarezza ciò che si desidera piuttosto che rivolgere una critica al partner. Per esempio dire «Mi piacerebbe molto che tu mi aiutassi a lavare i piatti» piuttosto che «tu non mi aiuti mai nei lavori di casa».
 
Da evitare infine di fare gli indovini: cercare di indovinare le intenzioni dell'altro spesso infastidisce l'altra persona, quindi invece di accusare con una frase del tipo «lo stai facendo apposta, non mi aiuti perché ce l'hai con me», meglio dire «ho l'impressione che tu sia irritato con me per qualcosa», cercando di chiarire i motivi del proprio comportamento.
 
L'amore comporta anche l'espressione del rammarico per le offese, involontarie o deliberate, al partner: è essenziale comunicare questo sentimento, evitando di tenere il broncio o di non parlarsi per giorni.
La consapevolezza delle reazioni emotive insieme alla ricerca del significato delle incomprensioni può davvero riconfigurare il rapporto, se entrambi i partner passano attraverso uno sforzo comunicativo che faccia dell'ascolto, della non interruzione mentre parla l'altro e del tatto le caratteristiche peculiari per capirsi veramente.
 
Dott.ssa Paola Taufer
p.taufer@ladigetto.it

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