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«Le formiche, allo specchio» – Di Virna Pierobon

Intervista a Fabio Vettori: modi e mode di essere creativo

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In questo tempo di recessione, indubbiamente l’unica risorsa a non esserlo, è certamente la creatività.
Il piacere ammirato di osservare Fabio Vettori disegnare e rimanerne ammaliata dalla silenziosa magia con la quale dalla punta della matita, nasce ogni sua inconfondibile creazione, rende risorsa e isola felice, questo suo mondo fantastico cui guardare con commisurata invidia.
Una, mille formiche che vivono ogni situazione del quotidiano.
E’ un formicaio vivente quello creato da Fabio Vettori, che è specchio del nostro mondo. Fosse questo eccesso d’imenotteri, il vero pericolo che corriamo.
 
Chi è al secolo Fabio Vettori?
Un poliedrico illustratore trentino dall’inconfondibile massa di capelli ricci che esprimono tutta la creatività e vitalità della sua personalità.
Un diploma di geometra messo ben presto nel cassetto, la decisione di cambiare itinerario, uno scorcio molto vissuto da maestro di sci, ma avendo avuto sin da piccolo il fuoco incontenibile per l'illustrazione, passata non certo inosservata tra i banchi di scuola, nel 1972, il grande salto per disegnare le prime formiche.
Uno sguardo attento sul mondo, un interesse per il dettaglio, che lo l’ha portato a cercare un soggetto che potesse moltiplicarsi all'interno della scenografia via via creata: così le formiche hanno riempito il suo mondo di creativo e di riflesso il nostro.
 
Fabio Vettori segue la moda?
«Assolutamente no!» 
 
Neanche un po’?
«Se proprio devo dire l’unico periodo veramente estetico è stato quello durante il quale facevo il maestro di sci.
«A quell’epoca, primissimi anni ’80 ero veramente attento alla scelta di ogni dettaglio legato alla mia attività di sportivo e maestro di sci. Tanto che sono stato l’interlocutore con alcune aziende per la realizzazione delle divise dei maestri della Scuola Sci di Molveno. Molto colore, molto impatto, maglioni e divise che guardate ora fanno un certo effetto. Ricordo distintamente il maglione della ditta bolzanina Silvy Tricot, con una marcata striscia rossa sul petto.»
 
Altri eccessi da sciatore?
«Indimenticabile il cappello di lana che emulava quello usato dal mio idolo sciistico del tempo ovvero Ingemar Stenmark, che costringevo mia nonna a realizzarmi con gli stessi colori e la lana quanto più possibile simile alla sua».
 
Quindi sei stato uno di tendenza?
«All’epoca il mondo dello sci era molto alla moda e mi piaceva esserci. Credo fosse anche il mio modo per esprimere tutte le esuberanze della mia creatività, quindi attenzione per i colori e ricerca dell’originalità».
 
Dove hai raccolto nel tuo percorso formativo, le maggiori suggestioni per diventare quel creativo dal tratto inconfondibile che ora sei?
«Confesso, ho cavalcato l’onda della California negli anni ’80. Lì ho raccolto veramente tutte le avanguardie, suggestioni e novità che poi ho rivissuto anche nel mio lavoro.
«Ho vissuto quel contesto, osservato il loro modo di vestire, mi ha colpito quel mondo colorato così diverso dal nostro che guardava avanti in un’ottica veramente rivoluzionaria per me a quel tempo. L'onda lunga di quel mondo è arrivata qui piano piano, forse nell’arco di vent’anni».
 
Fabio Vettori raccoglitore di modi e mode nelle inconfondibili città e spiagge californiane sorprende davvero.
«Al tempo gli italiani erano comunque la moda, come oggi ancora, ma certe scarpe, jeans, felpe e tendenze nello stile di vita venivano da lì e a me piace guardare avanti». 
 
Sei un osservatore curioso?
«Mi piace cogliere i dettagli, sempre legato all’abbigliamento ricordo tra il 1977 e ’78, una maglietta con Topolino che indossava un ragazzo svedese cui avevo fatto scuola di sci. Quella da noi non esisteva e, infatti, lui l’aveva comprata negli Stati Uniti. Mi è rimasta impressa.
«Al tempo il nostro essere a contatto come maestri di sci, con giovani di altri paesi europei specie quelli di area anglosassone e nordica sia come musica che come abbigliamento ci apriva dei mondi davvero sconosciuti e di questo va dato merito al turismo, che è una grande risorsa del Trentino».
 
A questo punto è inevitabile parlare delle tue creature: Le formiche di Fabio Vettori. Come vestono?
«Alla moda! Ogni dettaglio le caratterizza e sono molto leziose. Sciarpa, foulard, berretti, borsetta mai nulla a caso, femminili quanto basta e con il fiocco nei capelli quando possibile».
 
Mi ricordano sempre un po’ la mitica Audrey. Sarà il bianco e nero, la loro essenzialità.
«Quelle che stanno a Roma, e che prossimamente saranno ospiti di una mostra a loro dedicata che si terrà in una galleria d’arte a Trastevere, sono protagoniste della Dolce Vita lì come a Rimini».
 
Quindi la moda la osservi?
«La moda è in continuo movimento intorno a noi, giornali, persone, pubblicità, impossibile non coglierla e io quindi la riporto nei miei disegni.
«Studio però anche costumi ed epoche passate nel dettaglio per dare alle mie formiche un’identità quanto più reale con il luogo o la situazione che vivono. Penso a quelle egiziane, piuttosto che a quelle più sofisticate che si muovono all’ombra della torre Eiffel.
«Rifletto dettagli che studio, che osservo e la moda è questo. Ogni personaggio che goda di una certa notorietà ha un suo stile e come tale si pone. E le formiche si prestano ad essere interpretate a seconda del luogo e della situazione».
 
Ci sono formiche più modaiole?
«Quelle cittadine senz’altro, poi ora quelle che sono state riversate nei cartoni animati che la RAI ha prodotto con protagoniste le mie formiche, essendo più grandi come dimensioni, per esigenze grafiche necessarie all’animazione, il designer le ha arricchite nel guardaroba, con scarpe molto appariscenti, occhiali, qualche borsetta davvero graziosa».
 
Qual è nella tua produzione personalizzata il capo d’abbigliamento che ha fatto storia?
«Certamente le T-shirt hanno lasciato un segno nella nostra linea di prodotti. Sono vent’anni che le proponiamo e dalle prime in bianco e nero, adesso anche grazie, al contributo e all’inventiva di mio figlio Alessandro, che si è aggiunto al mio team, proponiamo il colore, il ricamo. La maglietta è diventata un capo animato, un biglietto da visita, le formiche si sono colorate, arricchite, impreziosite. Vivono addosso e al passo di chi le indossa».
 
Cosa significa per te creare una formica?
«Raccontare una storia, illustrare il mondo, il nostro tempo attraverso il disegno delle formiche che ne sono le interpreti». 
 
Come la immagini una formica attenta alla moda?
«Davanti allo specchio, con il foulard, i capelli da sistemare, per dare sempre e comunque il meglio di sé». Formiche vanitose, forse un po’ cicale, ma perfette interpreti di questo nostro tempo effimero.
 
Fabio Vettori regala ai lettori dell’Adigetto.it una formica allo specchio di questo nostro tempo.
Grazie Fabio!
 
Virna Pierobon
v.pierobon@ladigetto.it 

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