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Controrivoluzione in Egitto, verso le elezioni del 24 maggio

I candidati alla presidenza con maggiori possibilità sono di profilo islamista o ex rappresentanti del regime di Mubarak

Questi ultimi giorni sono stati teatro di continui colpi di scena nella corsa alla presidenza dell’Egitto. Domenica era l’ultimo giorno per presentare i documenti necessari a candidarsi alle elezioni presidenziali, che avranno luogo il 23 e 24 di maggio.
Fino a giovedì si sapeva che ad Ayman Nour, presidente del partito Al Ghad (Il Domani) e figura di spicco del liberalismo egiziano, era stata revocata la possibilità di candidarsi per essere uscito di prigione solo tre anni prima di queste elezioni: la legge stabilisce che ci si possa candidare solo cinque anni dopo la propria scarcerazione.
Tuttavia, dopo l’annuncio dell’amnistia concessa ad Ayman Nour dal maresciallo Tantawi, attualmente la massima autorità in Egitto, il leader del partito Al Ghad ha presentato i propri documenti alla commissione elettorale venerdì.
 
Proprio venerdì pomeriggio, Omar Suleiman, ex direttore dell’intelligence del deposto presidente Mubarak, annunciava la propria candidatura alla presidenza.
Non solo è stato un autentico colpo di scena, perché nei mesi scorsi aveva ripetutamente dichiarato che non l’avrebbe fatto, ma i social media si sono infiammati d’indignazione per quella che è vista come una mossa dei settori controrivoluzionari egiziani e del regime che ha governato il paese per gli ultimi 30 anni.
La sua candidatura spaventa molti rivoluzionari che sanno bene dell’esistenza di un ampio settore della società egiziana che vede Suleiman come un uomo forte che potrebbe restituire la stabilità al paese e frenare le correnti islamiste fortemente presenti nell’Egitto post-Mubarak.
 
Il candidato salafita Hazem Salah Abu Ismail, dal canto suo, potrebbe essere escluso dalla corsa elettorale a causa della presunta cittadinanza americana di sua madre.
Secondo la legge egiziana, nessun cittadino può candidarsi alla presidenza se ha o ha avuto un’altra cittadinanza oltre all’egiziana, né se l’hanno avuta i suoi genitori o il suo coniuge.
Tuttavia le autorità devono ancora pronunciarsi in modo definitivo sulla questione, sapendo bene che i sostenitori di Abu Ismail, fanatici quanto lui, non resteranno indifferenti alla sua possibile squalifica e, sicuramente, provocheranno disordini.
 
Ci sono altri due candidati di stampo islamista. Il primo è il dottor Abu El Fotouh, segretario generale del Sindacato Medico Arabo, conosciuto come un importante leader islamista e una figura riformista all’interno del movimento dei Fratelli Musulmani.
Le sue idee lo rendono un candidato apprezzato da diversi settori della popolazione egiziana, per i quali potrebbe essere un catalizzatore di interessi comuni.
 
Abu El Fotouh annunció la sua candidatura un anno fa, quando i Fratelli Musulmani avevano deciso di non presentare nessun candidato dell’organizzazione alla massima carica dello Stato.
Per questo fu espulso dal movimento e molti membri della corrente riformista dei Fratelli Musulmani e molti giovani lasciarono il movimento per seguirlo in segno di protesta per una decisione che, secondo loro, era stata presa in maniera non democratica.
 
Ebbene, la settimana scorsa i Fratelli Musulmani hanno deciso di presentare il loro numero due, Khairat Al Shater, un ricco ingegnere scarcerato poche settimane dopo la rivoluzione, alla presidenza.
A differenza di Abu El Fotouh, Khairat Al Shater rappresenta la corrente più conservatrice del movimento dei Fratelli Musulmani e, anche per questa ragione, fra i due non corre buon sangue.
 
Al Shater potrebbe perdere l’autorizzazione a candidarsi per la stessa ragione per cui l’aveva persa il liberale Ayman Nour, a meno che il maresciallo Tantawi non conceda anche a lui l’amnistia.
Ma i Fratelli hanno già deciso, per questo, di nominare il vice-presidente del loro partito Libertà e Giustizia, Mohammed Morsy come candidato di riserva nel caso in cui Al Shater fosse escluso.
 
Dopo i tanti colpi di scena avvenuti negli ultimi giorni possiamo concludere che i candidati con maggiori possibilità di essere eletti alla presidenza sono di profilo islamista, seppur profondamente diversi tra loro, o ex rappresentanti del regime di Mubarak.
Solo Abu El Fotouh appare come una figura che potrebbe funzionare da catalizzatore degli interessi di una società egiziana molto divisa.
 
Da queste elezioni presidenziali potrebbe uscire vincitrice la controrivoluzione, con la vittoria di Suleiman, oppure la corrente islamista rappresentata da un membro dei Fratelli Musulmani, da un islamista moderato e riformista o da un salafita.
Una cosa è certa, si avvicina una prova decisiva nel paese del Nilo e la tensione si sta alzando.
 
Valentina Saini
v.saini@ladigetto.it

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