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I Fratelli Musulmani si aggiudicano la presidenza dell'Egitto

Ma i poteri del neopresidente islamista Mohammed Morsi sono per ora limitati: i militari mantengono gran parte del controllo

A quasi un anno e mezzo dalla fatidica sera dell'11 febbraio del 2011, in cui l'allora presidente egiziano Hosni Mubarak si dimise, l'Egitto ha un nuovo presidente. Si tratta del candidato dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi, il primo presidente civile nella storia della repubblica egiziana, finora sempre governata da militari.
È passata una settimana dalla fine del secondo turno di queste elezioni presidenziali che, fino all'ultimo, sono state ricche di battaglie e colpi di scena. Ahmed Shafiq, ex fedelissimo di Mubarak, è arrivato insieme a Morsi al ballottaggio ed entrambi si sono dichiarati vincitori in questi sette giorni trascorsi prima che la Commissione Elettorale annunciasse i risultati.
 
Fino all'ultimissimo istante anche Twitter ribolliva di pronostici di tutti i tipi, chi puntava su Shafiq, chi su Morsi e chi, ironicamente, sul Consiglio Supremo delle Forze Armate.
In realtà, però, Morsi è sempre stato in testa in tutti i risultati provvisori forniti in questi giorni e la sua vittoria mostra una continuità con le elezioni parlamentari che sono risultate in un parlamento dominato dal Partito Giustizia e Libertà fondato dai Fratelli Musulmani.
Un fatto che i militari egiziani hanno capito e persino anticipato, per questo a pochi giorni dal ballottaggio si sono appoggiati sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha permesso loro di dissolvere il parlamento democraticamente eletto, assorbendone quindi il potere legislativo fino a nuove elezioni parlamentari.
Per questo il 18 giugno, a poche ore dalla chiusura definitiva delle urne per le presidenziali, il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha anche annunciato degli emendamenti alla costituzione, una mossa che ha scatenato ampie proteste e che è stata definita da molti come un colpo di stato.
 
Cosa comportano, in breve, queste due mosse dei militari? La prima rappresenta certamente un tentativo di delimitare la forza degli islamisti, visto che Morsi aveva già alte probabilità di vincere.
La seconda, anche più determinante, comporta una delimitazione significativa dei poteri del nuovo presidente.
Tantawi, l'attuale capo del Consiglio Supremo delle Forze Armate, avrà il potere di obiettare ad ogni articolo della nuova costituzione che dovrà ora essere redatta da una commissione costituzionale peraltro nominata sempre dai militari che avranno anche il potere di dissolverla se lo riterranno opportuno.
Tantawi resterà inoltre il capo del Consiglio Supremo, mentre se questi emendamenti non fossero stati annunciati il nuovo presidente avrebbe dovuto ricoprire questo ruolo.
Naturalmente i militari rimangono assolutamente autonomi nel decidere tutto ciò che abbia a che vedere con le forze armate, inclusi i budget.
 
Il risultato del ballottaggio avrebbe dovuto essere annunciato giovedì ma, data la situazione, è stato rinviato a domenica.
Non solo perché la Commissione Elettorale ha valutato varie irregolarità segnalate e monitorato nuovi conteggi in alcuni distretti, ma soprattutto perché dietro le quinte ci sono state intensi negoziati.
Lo segnalava il quotidiano Al Ahram venerdì e lo sospettavano già in molti. I militari, consapevoli della vittoria dei Fratelli, stavano negoziando con loro.
La vittoria di Morsi, quindi, non è da considerare solo come il risultato del voto degli egiziani ma soprattutto come quello dell'ormai collaudata capacità dei Fratelli Musulmani di negoziare con i militari: se non avessero accettato le condizioni imposte dal Consiglio Supremo probabilmente il risultato delle elezioni sarebbe stato diverso.
 
Una presidenza dai poteri ridotti eppure a lungo attesa dai Fratelli Musulmani, un movimento fondato nel 1928 e che, in tutta la sua esistenza, ha pagato un alto prezzo per la sua opposizione ai diversi regimi egiziani.
Lo stesso Morsi, ora presidente, è stato arrestato in varie occasioni dalla polizia del regime di Mubarak, così come innumerevoli islamisti nel corso di questi ottantaquattro anni di esistenza dell'organizzazione.
Non ha vinto l'ex regime, non ha vinto Shafiq. Per questo esultano tanti egiziani, anche molti giovani rivoluzionari, garantendo comunque a Morsi che gli terranno gli occhi addosso.
Nonostante i poteri limitati, nonostante le condizioni accettate all'ultimo minuto, nonostante la paura che molti hanno dei Fratelli Musulmani in Egitto, il primo presidente dopo Mubarak è uno che da lui è stato messo in galera. E questo è sicuramente un buon segno per la transizione egiziana. 
 
Valentina Saini
vsaini@ladigetto.it

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