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Mese di Febbraio 2013: «Noi c’eravamo. E ci saremo ancora»

Un album di ricordi delle missioni che abbiamo compiuto in 7 anni in giro per il mondo

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Come i nostri lettori sanno, l’Adigetto.it ha compiuto sette anni. L’età, che per un quotidiano cartaceo corrisponderebbe all’infanzia, per una testata online si tratta di maturità consolidata.
In Trentino c’è spazio per tutti. In passato si temeva che la TV spegnesse i giornali, non è accaduto e non accadrà neanche che le testate in internet possano in qualche modo scalfire la posizione della carta stampata. In tutti i casi è stato allargato il bacino di utenza, il che ci consente di pensare che qualche altro passo avanti è stato fatto nel mondo dell’informazione.
Il nostro giornale (anche questo i nostri lettori lo sanno) non si limita a dare notizie. E questo ci differenzia notevolmente dal resto dell’offerta dell’informazione.
Lo avevamo deciso subito, definendo l’Adigetto.it un «quotidiano di opinione virtuale», invertendo simbolicamente la definizione corrente di testate online, che sono appunto «virtuali» tout court.



Nella nostra strada verso la popolarità, avevamo cominciato a pubblicare notizie dando spazio ad argomenti leggeri per nutrire interesse presso target diversi.
Cominciammo con il golf, perché i giornali non davano spazio a questo sport diffuso in Trentino solo da una ventina d’anni». E difatti, possiamo dire che i nostri primi lettori sono stati i golfisti. E se la stampa riporta oggi i risultati delle gare domenicali, è stato grazie al nostro imput.
Oggi organizziamo un circuito di golf invernale, pubblichiamo i resoconti dell’European Tour, ci invitano a conoscere i nuovi campi da golf da inserire nella nostra rubrica che descrive i percorsi.
Nella foto sopra, il Trofeo L'Adigetto.it.

Poi abbiamo dato spazio a Sonia Leonardi e al suo mondo ovattato di Miss Italia, concorso nazionale di cui è rappresentante per la regione Trentino Alto Adige. Certamente è un argomento frivolo, ma perché togliere alle ragazze questa opportunità che è una delle poche per cui non sentono la concorrenza dell’uomo?
Abbiamo iniziato a dare spazio fotografico alle ragazze di Sonia Leonardi e abbiamo portato fortuna alla maggior parte di loro. Una decina di ragazze è andata alle finali nazionali dopo che le abbiamo fotografate e pubblicate.
Nella foto che segue, la premiazione di Miss L'Adigetto.it.

Poi è stata la volta della letteratura. Dei libri, per la precisione, altri soggetti troppo spesso dimenticati dai mezzi di informazione, che anzi si lamentano come ci siano troppi scrittori e troppo pochi lettori.
Che diamine! Cominciamo col parlare dei libri e, se possibile, spiegare i contenuti per invogliare a leggerli senza deludere nessuno. Alla fin dei conti ci rivolgiamo a gente che legge.
Noi diamo sempre precedenza ai libri scritti da autori trentini e spesso pubblichiamo anche una recensione.
In sette anni abbiamo presentato qualcosa come 350 libri.



Il principio che abbiamo imparato è che la portante del giornale deve essere sempre seria e impegnata: solo allora le parti leggere sono apprezzate dai lettori. Se la politica o l’economia hanno meno lettori dei servizi dedicati alle nostre Miss, possiamo affermare che senza non avrebbero lettori neanche i servizi frivoli.
L’appuntamento che i navigatori dell’Adigetto.it attendono con paziente fedeltà è la conferenza stampa del venerdì, quella della Provincia autonoma di Trento. Hanno imparato a seguire così la storia contemporanea del Trentino a puntate. Piaccia o meno ciò che si decide in Piazza Dante, prima devono sapere ciò che avviene.
I nostri commenti sulla situazione politica sono sempre seguiti con attenzione e prestiamo sempre attenzione per non deludere chi ci legge. Niente voli pindarici, ma scenari pragmatici. Chi ci ha dato del visionario (è accaduto alcune volte) si è poi dovuto ricredere.
Altro argomento certamente impegnativo è l’economia. Ma siamo riusciti anche qui a nutrire un inaspettato interesse, certamente anche per via della crisi, che sta condizionando pesantemente la vita dei cittadini ormai da quasi cinque anni.
Ci ha aiutati molto il Festival dell’Economia, che ha indubbiamente responsabilizzato i Trentini. Ma tre aneddoti li vogliamo raccontare.
Il primo si riferisce a un articolo pubblicato nella primavera del 2008, quando scrivemmo che eravamo alle porte di una crisi, finanziaria prima ed economica poi, di immani dimensioni. Chi volesse leggerlo, lo trova tramite questo link.
Il secondo riguarda il Festival dell’Economia dell’anno successivo, quando facemmo presente al Presidente Dellai che il titolo di quella edizione parlava di «sviluppo» proprio in un momento in cui l’economia stava chiudendosi in se stessa. In breve venne deciso il cambio del tema.
Il terzo riguarda quello stesso Festival dell’Economia, quando la crisi era ormai nel pieno della sua virulenza. Chiedemmo a tutti gli economisti intervenuti al festival (compresi i premi Nobel) se avevano previsto la crisi. Tutti ammisero di non averla prevista. Un eminente Nobel ci confessò in privato che «l’economista che prevede una crisi non lavora più…». L’articolo è presente in rete (vedi).
Solo Marchionne ebbe modo di dire in tempi non sospetti che «Arriverà una crisi, e sarà terribile». Pubblicammo anche questo (vedi), sottolineando come gli operatori economici siano molto più attenti degli studiosi…



Nel 2011 decidemmo che era giunto il momento di fare un passo di qualità.
Stava per partire per l’Afghanistan la Brigata Julia, alla quale appartengono reggimenti i stanza a Trento, a Bolzano e a Belluno. Un momento cruciale per i nostri ragazzi appartenenti al Secondo reggimento del genio alpini di Trento, perché quel paese asiatico era una trappola, mortale. Non era certamente il Vietnam, la guerra della Beat generation, ma era comunque un posto dove ogni mese, statistiche alla mano, uno dei nostri militari perdeva la vita.
Per la prima volta, grazie al nostro intervento, il Presidente Dellai salutò ufficialmente il comandante del reggimento prima che partisse. Il fatto che Dellai fosse stato un obiettore di coscienza rafforzò il suo rapporto con i 500 alpini, «la più grande azienda cittadina».
Noi abbiamo fatto un passo in più. Abbiamo chiesto al Ministero della Difesa di essere accettati come inviati di guerra. Non fu facile trovare la strada, ma ad un certo punto un generale dell’Ufficio di gabinetto del Ministro della Difesa telefonò al nostro direttore (che non è un ragazzino, avendo fatto il servizio militare quarant’anni prima) per spiegargli che non sarebbe stata una passeggiata.
«Laggiù si rischia la vita, direttore.» – Gli disse.
«Generale, – rispose. – Se possono rischiare la vita i nostri ragazzi, possiamo rischiarla anche noi.»
Il giorno dopo ricevette il benestare.
Nella foto che segue, un trasferimento di Guido de Mozzi con un C130.



Non fu una passeggiata. Appena arrivati a Herat si capisce subito che non si tratta di un’esercitazione. Averti sempre la presenza del nemico. Sai che se può ti uccide, e in maniera subdola.
Sempre l’elmetto, il giubbotto antiproiettile, gli occhiali antischegge. Sempre nei blindati, con cinque cinture di sicurezza.
«Ci scrive chi contattare se dovesse accadere qualcosa? Qual è il suo gruppo sanguigno?»
«Direttore, tenga la bocca aperta: se salta il messo, salva i timpani.»
«Tenga allacciato l’elmetto: semmai si tratta di un’implosione e non di un’esplosione.»
Abbiamo girato un po’ tutta la provincia di Herat, di pertinenza militare italiana, grande come l’alta Italia. Siamo stati nei posti dove, purtroppo, hanno perso la vita dei militari italiani. Ci è andata bene.
I nostri militari si sono rivelati di una preparazione ineccepibile, attrezzati del meglio che offre il Paese, dotati di una carica umanitaria che solo gli Italiano sanno avere.



Abbiamo visitato le costruzioni civili e umanitarie fatte dall’Europa, dall’Italia e in particolare quelle finanziate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate grazie all’intervento operativo dei nostri ragazzi del genio.
Certamente abbiamo conosciuto l'Esercito Italiano totalmente diverso rispetto a quando il servizio militare era obbligatorio.
L’esperienza ha cambiato completamente la nostra visione per il servizio pubblico con le stellette.
Al ritorno abbiamo pubblicato un centinaio di articoli e un migliaio di fotografie. Abbiamo avuto a tutt’oggi 200mila lettori.
Al ministero della Difesa siamo diventati mitici e da allora veniamo sempre messi al corrente di quanto accade nei vari teatri operativi.
Chi volesse approfondire la nostra esperienza può farlo aprendo la pagina intitolata Afghanistan. È sempre aggiornata.
Infine, non possiamo dire quando, ma partiremo nei prossimi mesi per una nuova missione in quel Paese. Infatti, la Julia torna a Herat.
Per fortuna si tratta dell’ultima volta, perché entro un anno i nostri contingenti saranno definitivamente smarcati dall’Afghanistan. Passeremo le consegne alle forze armate e di sicurezza afghane.
Come tradizione, ciò che lasciamo sono ospedali, acquedotti e banchi di scuola.
Nella foto che segue, la scuola ricostruita dai Trentini nel Gulistan.



Per capitalizzare la nostra esperienza, abbiamo partecipato a esercitazioni presso gli alpini del Quinto, i Lagunari del San Marco, i paracadutisti della Folgore.
Abbiamo fatto esperienza sugli elicotteri del reggimento Altair di Bolzano comandato dal colonnello Arrigo Arrighi e, già che c’eravamo, abbiamo fatto un volo libero in doppio con un istruttore di parapendio, Jonny Pacher.
Insomma, abbiamo scoperto che non solo è appagante dal punto di vista giornalistico costruire un raccordo tra le esperienze estreme e i lettori, ma è anche un modo per spiegare quanto lavoro, quanta abnegazione e quanta passione ci sia dietro a tante attività che la gente sa che esistono ma che non ne conosce il funzionamento.



Inevitabilmente, come c’era da aspettarsi, si è presentata l’occasione di andare in Libano e noi ci siamo andati.
Le Forze armate italiane sono operative nel Libano meridionale dal 2006 e hanno dovuto svolgere delle operazioni sul filo che divide la diplomazia dall’attività militare.
Quando Hezbollah cominciò a lanciare razzi su Israele dovette intervenire l’ONU per ripristinare la pace e noi ci siamo trovati in mezzo. Da entrambe le parti abbiamo ottenuto la sospensione delle attività militari, a patto che si realizzasse una politica ben precisa: disarmare Hezbollah e costruire un confine condiviso sia dai Libanesi che da Israeliani.
Siamo riusciti a disarmare Hezbollah e a farne un partito politico e abbiamo già concordato un quarto della linea di confine concordata tra le parti.
La nostra difficoltà e i nostri rischi derivano dal fatto che la popolazione libanese deve restare convinta che conviene non usare le armi e che per costruire materialmente il confine tra i due Paesi si devono sminare più di un centinaio di km di campo minato antiuomo costruito da Israele a protezione da possibili attacchi.
Noi dobbiamo sminare i campi minati. A rischiare la vita, i nostri ragazzi più giovani, sui vent’anni.



Insomma, il nostro target è cresciuto orizzontalmente e siamo riusciti dare spazio alle Miss di Sonia Leonardi e ai volontari del Soccorso alpino, ai cultori di storia e ai soldati che vivono a contatto con la morte, agli economisti e agli scrittori, ai volontari e ai fotografi.
Ma dato che la nostra attività non conosce sosta, siamo andati anche a visitare le missioni sostenute dai Trentini in Kenia, che sono una piccola parte ma ugualmente significative.
Una legge della Provincia autonoma di Trento stabilisce che lo 0,12% del bilancio provinciale venga devoluto a beneficienza in paesi extracomunitari. E poiché la Giunta concede contributi solo alle associazioni che sono disposte a metterne altrettanti, il Trentino dà in beneficienza qualcosa come 25 milioni di euro.
Una cifra davvero considerevole, che ci pone ai vertici delle società che aiutano le comunità bisognose di aiuto.
Tali aiuti vengono dati per iniziative che vanno dall’Europa extracomunitaria al Sudamerica, dall’Africa nera all’Africa mediterranea, dal medio all’Estremo Oriente.
Noi siamo andati in Kenia per toccare con mano la sofferenza vera, autentica, e quello che le nostre associazioni fanno per alleviarla.
Siamo stati all’ospedale di Tabaka, che è diretto da un chirurgo Trentino, Padre Francesco Avi.
Abbiamo passato due giorni nella comunità di St Martin, dove il recupero esiste. Dove c’è speranza per tutti. E non solo speranza.
Siamo stati nelle comunità dove la nostra missione è quella di portare la pacificazione.
Siamo stati nelle comunità agricole, dove la nostra missione consiste nell’insegnare a coltivare e a vendere i loro prodotti.
Siamo stati negli orfanotrofi, dove i nostri Nonesi, leggendariamente avari, mantengono centinaia di ragazzi senza famiglia.
Siamo stati nelle bidonville di Nairobi, dove l’unico posto vivibile è la nostra scuola per bambini.
Siamo tornati dal Kenia con tutt’altra visione della vita…

Tutto questo non lo abbiamo detto per vantarci, non è nel nostro costume.
Noi con questo servizio abbiamo voluto solo per far conoscere ai nostri lettori di oggi che cosa abbiamo fatto in passato.
Non è niente di particolare, sia ben chiaro. Ma possiamo dire che c’eravamo. E che ci saremo ancora.

 
 
 
 
 
 
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