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Il «J'acuse!» della Commissione pari opportunità

«Occupazione femminale, manca la sincronizzazione tra i servizi offerti e i cambiamenti in atto nel mercato del lavoro»

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Un’indagine sulla situazione occupazionale femminile e sulla conciliazione dei tempi di famiglia e lavoro.
Questo l’obiettivo della mozione 135, affidata alla seconda Commissione permanente di Caterina Dominici e sulla quale si sono svolte nella mattina di oggi parte delle audizioni, che proseguiranno anche nel pomeriggio.
Pur con il rilievo statistico dell’indiscussa egemonia dei maschi nelle posizioni apicali, indipendentemente dalla considerazione dell’occupazione nel pubblico o nel privato, quello che è emerso è un quadro lusinghiero per quanto riguarda le politiche messe in campo dalla Provincia per favorire la conciliazione famiglia-lavoro.
Per contro, la Commissione pari opportunità ha evidenziato l’incapacità di collegare l’offerta dei servizi per la prima infanzia e dell’assistenza domiciliare con le esigenze vere delle donne ed i repentini mutamenti del mercato del lavoro.
Mancherebbe cioè una regia che adegui le tariffe e le iniziative, offrendo reali, pari opportunità alle donne sul territorio trentino.
 
La Provincia: una crescente attenzione alle politiche di conciliazione famiglia-lavoro.
Donne segretarie, poche dirigenti. L’amministrazione è «più avanti» della società.
Il Dipartimento organizzazione, personale e affari generali della provincia (dott. Silvio Fedrigotti e dott.ssa Paola Borz) ha avviato le audizioni illustrando in modo sintetico, ma completo, la situazione della Provincia, comparto autonomie locali, con riferimento all’occupazione femminile.
51% uomini e 49% donne gli occupati presso le strutture della Pat.
Il personale femminile è rappresentato soprattutto nelle categorie B e C (segreteria e diplomati), sparisce in alcune aree prettamente maschili (vigili del fuoco, forestali, ricercatori) e tra i dirigenti e direttori.
Quanto all’età, la popolazione provinciale sta invecchiando (sicuramente a seguito dei blocchi delle pensioni e delle assunzioni) aumentando di un anno ogni anno.
L’età media è 49 anni. Il 24% dei dipendenti (1 su 4) lavora con contratto part time e questo personale é quasi tutto femminile (97%).
400 persone su 4200 godono dei benefici della legge 104 che prevede permessi di congedo per assistenza a figli e familiari: osservando il grafico delle assenze per la conciliazione, si può notare che il maggior onere di cura è in carico alle donne.
Questo per quanto riguarda i numeri.
Con riferimento invece alle iniziative intraprese, gli uffici provinciali hanno rappresentato una crescente attenzione all’esigenza di promuovere una conciliazione concreta tra lavoro e famiglia.
Sebbene il part time non sia un diritto, la Provincia cerca di soddisfare le richieste, soprattutto quelle rispondenti ad esigenze di conciliazione e cura familiare.
Già dal 2002 è previsto un orario flessibile per tutti i dipendenti provinciali con la sola fascia obbligatoria 9-12.45, 14.30-15.45 dal lunedì al giovedì e 9-12.45 il venerdì.
Con il contratto collettivo provinciale è stata introdotta la possibilità di fruire entro il decimo anno di vita del bambino di un’aspettativa di dodici mesi per accudirlo.
Nel 2009 la Provincia ha aderito al Family audit, che rappresenta uno strumento manageriale di promozione del cambiamento culturale e organizzativo orientato al benessere dei dipendenti ed alle politiche di conciliazione di famiglia e lavoro.
Molti gli obiettivi raggiunti in questo contesto dalla Provincia tra i quali si possono citare la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part time anche in corso d’anno, la redazione di un vademecum per il personale provinciale nella duplice veste di cittadino e dipendente, la nomina di un referente per la conciliazione (figura prevista dal Piano di attuazione del sopracitato Family audit) ed infine la creazione entro il giugno 2013 di 200 postazioni di telelavoro, «una scommessa messa in campo al fine di avvicinare maggiormente i dipendenti alle proprie comunità e per favorire l‘equilibrio tra le responsabilità professionali e familiari».
In conclusione la sensazione, osservata dallo stesso Fedrigotti, è che l’amministrazione proceda con maggior velocità rispetto alla società, nell’evoluzione degli spazi e dei tempi riservati o destinati alle donne, rispetto agli uomini.
Per intenderci, la donna deve essere a casa alle 16.00, l’uomo arriva a casa anche dopo le 20.00 e queste sono dinamiche familiari e dei rapporti uomo-donna che richiedono tempi di maturazione ed evoluzione sociale, più che amministrativa.
 
Agenzia del lavoro: prevalenza di uomini nelle posizioni apicali così come tra gli operai.
La dott.ssa Antonella Chiusole, dirigente generale dell’Agenzia del Lavoro, ha fornito un quadro sulla situazione occupazionale femminile in Trentino.
La percentuale di donne che si avvicina al mercato del lavoro in Provincia di Trento é molto inferiore rispetto a quella dei maschi, sebbene negli ultimi anni ci sia stato un tendenziale aumento dell’occupazione femminile, con un andamento che si ritiene possa proseguire negli anni a venire.
Il 62,4% il tasso di attività femminile rispetto al 77% dell’omologo maschile nel 2012, 58,1% il tasso di occupazione femminile rispetto al 72,8% dei maschi.
Quanto alla disoccupazione il tasso è stato il 6,8% per le donne contro il 5,6% dei maschi.
Dall’ultima indagine, indipendentemente tra le tipologie di aziende (pubblico e privato), si conferma che le posizioni apicali sono rappresentate prevalentemente da uomini, così come si rileva tra gli operai.
Tra i dirigenti il 31,5% sono donne, il 68,5% uomini.
I quadri: 37% contro 63%. Impiegati: 60,2% contro 39,8%. Operai: 41,5% contro 58,5%.
Lo scarto di genere è legato soprattutto al tema della conciliazione familiare, ovvero da un lato c’è una discriminazione in entrata da parte dei datori di lavoro, dall’altro c’è una forma di autoesclusione da parte delle donne in considerazione proprio di questa rigidità e delle proprie esigenze di conciliazione.
Il 37,3% dei rapporti di lavoro per le donne è part time.
E che cosa si fa nella situazione così descritta? Chiusole ha illustrato sinteticamente il piano di politica del lavoro vigente che, ha detto, ha previsto diversi interventi mirati a sostenere l’occupazione femminile in un’ottica conciliativa: si interviene sui regimi di orario, con contributi ai datori di lavoro per consulenze sulla conciliazione familiare, contributi all’assunzione, contributi per l’avvio di attività d’impresa; si agisce attivando progetti per favorire l’occupazione delle disoccupate madri, con interventi per favorire il coinvolgimento dei padri nell’attività di cura ecc.
 
Agenzia provinciale per la famiglia: una batteria di servizi dove ognuno trova la propria risposta.
Luciano Malfer, guida dell’authority per la Famiglia, la natalità e le politiche giovanili istituita nel 2011, è intervenuto a fornire il quadro dei numerosi servizi offerti nell’ottica della conciliazione delle politiche familiari e del lavoro, notando come i servizi si sono negli ultimi anni potenziati e le offerte molto allargate.
Alcuni numeri riferiti all’offerta di servizi per età compresa da 0 a 3 anni: 3242 i servizi socio educativi, 660 le Tagesmuetter, 800 i voucher di servizio, 80 i nidi aziendali e 200 i servizi imprenditoriali.
Un’iniziativa messa in campo dall’Agenzia ed ormai a regime, è quella dell’Estate Family che vede 100 enti accreditati sul territorio ad offrire oltre 1000 attività in Trentino per favorire il supporto alle famiglie e il sostegno all’educazione anche durante l’estate.
Altro ambito importante descritto, quello delle pari opportunità: finanziati in questo ambito 206 progetti di cui 30 specifici sulla conciliazione famiglia-lavoro e 44 sull’occupazione femminile, per un totale di oltre il 36% dei progetti totali finanziati.
Attivato poi il registro delle co-manager, con l partecipazione degli Artigiani, della Coldiretti, Confesercenti e la Provincia a fare da regia: ad oggi 3 richieste di contributo ed attivazione di un progetto.
Altro interessante strumento illustrato, quello del Family audit, strumento manageriale di matrice tedesca, che certifica l’azienda sulla base delle proprie politiche conciliative famiglia-lavoro.
Oggi sono 119 le organizzazioni coinvolte nel processo di certificazione, delle quali 50 a livello nazionale.
Dall’avvio nel 2008 si è assistito ad un aumento del 105% delle richieste di adesione.
Quanto alla forma giuridica delle organizzazioni, 71 sono aziende private, 48 pubbliche.
A livello locale il rapporto è 42 private e 27 pubbliche.
29 e 21 quello a livello nazionale. La frontiera di questo processo è quella del sistema premiante: le aziende che investono maggiormente in politiche conciliative ottengono migliori performance.
 
Pari opportunità: i servizi per la prima infanzia non sono adeguati ai mutamenti del mercato del lavoro.
La presidente della Commissione Pari Opportunità, Simonetta Fedrizzi ha ringraziato per aver posto l’argomento, in particolare per indagare sul tema della valorizzazione del lavoro femminile con il richiamo al principio della genitorialità condivisa e nell’ottica di una ripartizione del carico di cura nell’ambito familiare.
Un sistema di servizi socio educativi di qualità è fondamentale per raggiungere una parità e un’eguaglianza delle opportunità, così come la flessibilità del lavoro.
Preoccupazione è stata espressa con riferimento alla diversificazione delle tariffe di accesso ai servizi da un comune all’altro, così come per i tagli ai servizi sociali di assistenza domiciliare, che impatteranno negativamente in particolare sulle donne, che notoriamente si fanno maggior carico della cura dei famigliari.
Anna Olga Conigliaro Michelini, componente della Commissione pari opportunità, ha integrato con alcuni dati riferiti alle donne che a causa della congiuntura economica di crisi e per i profondi mutamenti nel mercato del lavoro, hanno accesso a lavori molto diversi da quelli che esistevano quando sono stati pensati i servizi alla prima infanzia.
Si pensi alla stagionalità, agli orari degli esercizi commerciali ecc.
Ci sarebbe cioè una filosofia profondamente diversa tra la legge 4/2002 e la legge 1/2011 e quindi succede che si finanziano iniziative che non soddisfano i tempi e le esigenze delle donne e della famiglia.
Occorre mettere a sistema le risorse che ci sono, uniformando i servizi e dando reali, pari opportunità di accesso e offrendo uguaglianza di condizioni alle donne sull’intero territorio trentino.
 
Consigliera di parità: aumento delle vertenze legato alla grave crisi congiunturale in corso.
Eleonora Stenico, consigliera di parità ha offerto un quadro sui dati relativi alle attività dello sportello riferite all’anno 2012.
113 le vertenze totali, di cui 93 presentate da donne (83,30) e 13 da uomini (11,50), in stragrande maggioranza lavoratori dipendenti.
Le discriminazioni collettive sono state 7. Su 93 donne, 76 sono donne con figli, il datore di lavoro vede in netta prevalenza (63 su 113) i privati.
Quanto alla tipologia dei casi trattati, le problematiche più ricorrenti hanno riguardato il part time, la flessibilità dell’orario lavorativo, il mobbing, da parte di colleghi o datori di lavoro, la cessazione del lavoro.
Il trend generale è in aggravamento: da 76 vertenze nel 2006 si è passati a 113 nel 2012 con un aumento di quasi 40 casi di discriminazione.
La causa di questo incremento potrebbe essere almeno parzialmente riconducibile alla difficile congiuntura economica in atto.
 
I consiglieri presenti sono intervenuti diverse volte a chiedere delucidazioni in merito alle questioni poste dai funzionari.
Hanno preso parte ai lavori: Dominici, Civettini, Delladio, Paternoster, Cogo, Ferrari, Rudari, Casna.
 

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