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«Datagate»: la Rete ufficialmente è controllata – Di M. Soliani

La sfida del XXI secolo è il creare degli appositi diritti e doveri senza cadere nella «Dittatura della rete»

I nostri dati sulla rete non sono inviolabili. È giunta nei giorni scorsi la conferma di quanto già la gente aveva iniziato a pensare da tempo e ha dimostrato la necessità di iniziare a parlare della tutela alla privacy nell’era digitale.
Nel Datagate, lo scandalo che sta scuotendo l’amministrazione Obama, potrebbero rientrare anche Google (con YouTube), Microsoft (con Skype), Apple, Yahoo!, Aol, PalTalk e Facebook .
Ci sono milioni di dati che quotidianamente circolano all’interno di questi siti e senza accorgersene, o piuttosto senza averne una spontanea ammissione da parte delle autorità governative, i cittadini americani sono stati spiati e controllati.
 
Non solo loro le vittime ma anche noi visto che nell’era del digitale i confini terrestri sono ormai impercettibili e quasi sempre usiamo siti che hanno la loro sede negli USA.
Chi sono le vittime di questo scandalo? Le cifre parlano, per citare alcuni siti, di 400 milioni di utenti di Google Mail ( stessa cifra per Outlook che è il servizio di posta elettronica di Microsoft) e poco più di 500 milioni, sebbene gli utenti registrati corrispondano a un miliardo, per Facebook che rappresenta una vera e propria carta d’identità virtuale.
La compagnia, infatti, prevede che a ogni profilo corrisponda una persona fisica e i sistemi di sicurezza previsti sono realizzati appositamente per fornire i dati di accesso solamente a colui che ne è l’effettivo proprietario, ovvero colui che ha creato il profilo.
 
Ciò che colpisce non è comunque l’invasione della privacy nei qui sopra citati esempi.
Del resto vige sempre la regola latina del «Verba volant, scripta manent» (le parole volano, gli scritti restano) e vi è sempre un rischio che messaggi tra persone finiscano in mano di altri; il problema sorge invece quando a essere spiati sono i servizi «cloud», ovvero, per dirla volgarmente, dischi fissi virtuali a cui la gente accede per depositare file personali.
È la parola «personali» che indubbiamente ci pone di fronte alla drammaticità di questo fenomeno: è il venir meno del principio dell’inviolabilità della proprietà privata.
«Per Facebook proteggere la privacy e i dati dei propri utenti è una priorità assoluta. Facebook non fornisce ad alcuna associazione governativa l'accesso diretto ai propri server» – è stata l’affermazione di Joe Sullivan in merito alla questione. Forse è così, non si vuole ricadere su visioni complottiste, ma resta il problema di come regolare il nuovo mondo digitale.
 
Questo sta vivendo un’espansione incredibile, basti pensare che solamente cinque anni fa strumenti quali facebook erano sconosciuti ai più, ma al contempo è necessario anche la presenza di un miglioramento dal punto di vista normativo a riguardo.
Negli ultimi tempi sono state molte le persone vittime della rete e ciò, senza tralasciare il fondamentale diritto alla libertà e alla privacy, deve essere in qualche modo tutelato.
È la nuova battaglia dei diritti del XXI secolo: regolare e costituzionalizzare il mondo digitale senza incorrere nel rischio di cadere nella dittatura della rete.
 
Michele Soliani
m.soliani@ladigetto.it

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