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«Lo spazio abitato»: la mostra di Bruno Lucchi al Muse

L’esposizione sarà inaugurata sabato 19 luglio 2014 presso il prestigioso Museo delle Scienze di Trento

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Nella foto, la grande opera dell’artista Bruno Lucchi, che si inserisce con il Palazzo delle Albere e il Muse. Sono le due costruzioni che rappresentano i tempi di maggiore prosperità per il Trentino: il Concilio di Trento e la nostra preziosa Autonomia.
 
Le meravigliose sculture di Bruno Lucchi, ventotto installazioni e complessive sessantaquattro opere, sono esposte nel prestigioso quartiere delle Albere progettato da Renzo Piano e presso lo spettacolare Museo delle Scienze di Trento, il Muse, che dalla sua apertura, avvenuta esattamente un anno fa, continua ad attirare un incredibile numero di visitatori.
Si tratta di una mostra temporanea che durerà fino alla fine di ottobre, promossa dall’assessorato alla Cultura della provincia di Trento e dal Muse, Museo delle Scienze.
I partner sono il Comune di Trento, APT Trento, Castello SGR (realizzatrice del nuovo quartiere).
La mostra, la cui curatrice è la critica Carmela Perrucchetti, è stata organizzata dal Gruppo Dettofatto di Paola Vicini Conci, mentre il Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale della Provincia (SOVA) ha fornito il prezioso supporto tecnico (trasporti e allestimento). 
 
Le opere rappresentano idealmente più di vent’anni di scultura dell’artista trentino, nato a Levico nel 1951 (ha studiato all’Istituto d’Arte di Trento e ha poi completato gli studi al Magistero delle Belle Arti di Urbino).
Le sue prime sculture infatti risalgono al lontano 1991: i Menhir, i Megaliti, gli Sferoidi a cui si aggiunsero gli Androgini, figure femminili, coppie, e poi donne dalle forme morbide, le Perle, e altre sculture come «Demetra», «Terra madre», gli «Steli della memoria» affiancati a installazioni di particolare suggestione come «Dondolo», «Finestra», «Naiadi, le ninfe dei laghi».
La terra è da sempre la materia da cui nascono le sue figure che, mediante il rito del fuoco, lui trasforma in terracotta nel suo atelier, trasformandola poi in bronzi e porcellane; ultimamente la sua innata curiosità lo ha spinto a interessarsi ad altri materiali, come l’acciaio Corten, utilizzato da solo o abbinato al semirefrattario per la realizzazione di gigantesche installazioni, e il mosaico, un’antichissima tradizione che lui ha rinnovato in versione contemporanea.
 

 
Bruno Lucchi è un artista che è molto conosciuto ed apprezzato anche all’estero e dall’inizio della sua carriera vanta al suo attivo più di 200 esposizioni personali e oltre 600 collettive, tutte realizzate nelle più importanti sedi pubbliche e private e in prestigiose gallerie d’arte italiane ed estere (ha esposto in Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo, Olanda, Stati Uniti, Cina e Canada).
Ne ricordiamo una fra tutte (sono moltissime e tutte importanti), quella organizzata a Gap, in Francia, durante la scorsa estate, in occasione della quale Lucchi ha esposto le sue opere nella sala espositiva della città, la Grange, una mostra intitolata «Picasso in time e Bruno Lucchi»; la Fondazione Sicard-Iperti ha promosso l’evento nel quarantesimo anniversario della scomparsa del pittore spagnolo, una mostra, quella di Gap, davvero molto prestigiosa per l’interessante connubio espositivo: fotografie e opere originali di Pablo Picasso presso la Grange e una decina di installazioni di Lucchi esposte nel cuore della città francese e nella Chapelle des Penitenst ( nell’ottobre 2013). 
 


In Italia è conosciuto anche per le numerose opere pubbliche, fra cui, per citarne alcune: la «Mater Salutis» (2001) grande scultura in bronzo (h 320 cm) per l’ospedale di Legnago Verona.
La gigantesca installazione in semirefrattario (h 550 cm) dal titolo «Tra memoria e visione» (2004), un magnifico esemplare della ricerca dell’artista sulle forme monumentali e per l’immaginario della cultura mediterranea, la grande scultura in bronzo del «Dio Poseidone» entrambe poste su un’importante nave di una flotta italiana.
Per la più grande nave da crociera italiana ha realizzato sei figure in bronzo dal titolo «La piscina delle Nereidi» che dialogano con l’imponente mosaico di più di dieci metri quadri dal titolo «Eden»(2011) realizzato da Lucchi con una tecnica moderna. Recentemente sempre per altre navi da crociera ha realizzato (2012) la coppia in acciaio corten e semire «Tenerezza» (h 320 cm) e un’installazione di sei bronzi intitolata «La piscina delle Perle» e nel 2013 per l’ingressi del presidio ospedaliero di Cles, TN, ha consegnato due bronzi «Unione», (cm 230) e «Attesa», (cm. 140).  
  
È già uscito il primo esaustivo volume monografico «Dialogo con l`invisibile» (Carlo Cambi Editore, Poggibonsi, 2003) e nel 2005 è stato realizzato il primo film-documentario che ripercorre tutta l’opera, le principali mostre personali e l’atelier di Lucchi (prodotto dalla troupe parigina «Astiko»sia in lingua francese che italiana).
 

 
Lucchi, scultore e anche pittore (ha realizzato numerosi acquerelli che rappresentano, attraverso un linguaggio differente, ma altrettanto efficace, i temi delle sue opere), da sempre sostenuto dalla compagna di una vita, la curatrice Graziella Falchi, ha pubblicato qualche anno fa un interessantissimo libro intitolato «I SAPORI DELL’ARTE» (Publistampa Editore, Pergine Valsugana Trento), una raccolta di belle, semplici e gustose ricette, introdotte da preziosi aneddoti condivisi negli incontri con artisti-amici (tutti nomi di grandi maestri dell’arte contemporanea).
 
L’autore nell’introduzione del libro dichiara: «Non è mia intenzione scrivere l’ennesimo libro di cucina, non credo ce ne sia il bisogno, né se ne senta la mancanza».
«Il mio è solo il modo più semplice per ricordare e rendere omaggio ad alcuni dei grandi maestri dell’arte contemporanea che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare.
«Con molti di loro ho condiviso oltre all’amore per l’arte anche quello per la buona tavola. Una passione questa che, con mia moglie Graziella, ho coltivato fin dall’inizio della nostra storia insieme. Infatti nel nostro peregrinare per mostre e vernissages (miei e degli altri colleghi), abbiamo raccolto e sperimentato le ricette dei piatti che abbiamo gustato, assieme ai nostri artisti-amici, girando per le innumerevoli gallerie d’arte europee…»
 
Uno di questi grandi personaggi è Marcello Venturoli, il quale è stato uno degli scrittori e critici d’arte più noti in Italia (è morto a Roma nel 2002).
È lo stesso Venturoli che nel suo lungo ritratto così definì l’amico Bruno Lucchi: «L’uomo Lucchi è anche un amico dai sentimenti delicatissimi, da una costanza di ferro, al punto di essere capace di raccontare stati d’animo quasi segreti, che poi affida alla terra e al fuoco…».
 


Un altro grande personaggio è Giorgio Celiberti, il pittore e scultore italiano conosciuto in tutto il mondo per la sua arte. Bruno Lucchi ha esposto insieme al maestro Celiberti le sue opere una decina di anni fa, in due mostre simultanee in due luoghi vicini (a Treviso e a Miane, sempre in Veneto).
Fra tutti gli altri artisti che per ragioni di spazio non è possibile menzionare, ricordiamo Hsiao Chin, uno degli otto fondatori del “Ton Fan Art Group”, la prima associazione cinese di pittura astratta, e Alain Bonnefoit, «raffinato pittore dell’universo femminile e grande maestro dell’antica tecnica giapponese del «sumi-e», oltre che scultore», come lo stesso Lucchi lo ha definito.
 
Gli chiediamo quale sia stata finora, escludendo quella che verrà inaugurata il 19 luglio, la mostra che più gli è entrata nel cuore e lui ci riferisce che «La Via Crucis» nella cappella di San Bernardo a San Fermo, Verona, curata da Don Tiziano, il direttore del Museo Arcivescovile di Verona, lo ha particolarmente emozionato.
Una mostra molto impegnativa sotto molti aspetti e di grande suggestione, che ha richiesto mesi e mesi di preparazione e che ha ottenuto un grande consenso da parte dei molti visitatori.
Bruno Lucchi ci confessa, dopo avergli chiesto quale sia stato il più bel complimento ricevuto, di essere stato colpito dalle parole di una signora di Milano che proprio qualche giorno fa si è recata appositamente presso il suo atelier per dirgli quanto si fosse emozionata di fronte alle sue opere esposte a Brescia.
 


Gli domandiamo poi quale sia, fra tutti i materiali che utilizza, quello che preferisce lavorare e lui ci racconta che, pur amandoli tutti, in particolar modo ama manipolare l’argilla, poiché lo può fare con le sole mani, senza l’ausilio di strumenti.
«La terracotta è chiara, assorbe la luce, è calda, a differenza del bronzo – ha aggiunto, – e non necessita dell’intervento di altre persone.» 
 
Nel prossimo futuro c’è un progetto in fase di realizzazione, un bronzo di tre metri di altezza su di un basamento di due metri e mezzo che verrà collocato in autunno nel porto di Trieste: un monumento molto caro agli abitanti della città, poiché si tratta della scultura di Monsignor Antonio Santin, il quale è stato vescovo nel periodo delle ultime due guerre, una figura molto importante e amata (è ricordato anche perché si adoperò con ogni mezzo a difesa degli ebrei e di Pio XI).
Infine ci chiediamo se Bruno Lucchi, artista complesso dall’aria riflessiva e malinconica, sognatore ma anche uomo concreto (in quanto concretamente dà forma ai propri sogni), lui che attraverso le sue opere emoziona, trasmettendo un senso di armonia e di equilibrio, riuscendo a sua volta a far sognare l’osservatore, abbia ancora dei desideri nel cassetto, dei sogni da realizzare e la sua espressione è più eloquente di una risposta, si intuisce perfettamente che di sogni ne ha e ne avrà molti ancora, ma i sogni non si raccontano, si rincorrono e si vivono.
 
Daniela Larentis
d.larentis@ladigetto.it

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