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«Carlo Sartori. La mia vita»: ricostruita la sua autobiografia

A cinque anni dalla morte del pittore, un libro svela la parte sconosciuta dell'artista che l'ha raccontata con tanto di aneddoti commoventi

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«Carlo Sartori. La mia vita» è il titolo della pubblicazione fresca di stampa, che a distanza di cinque anni dalla morte del noto pittore, ne svela una parte inedita e sconosciuta, quella della scrittura.
Il libro, che restituisce la vita del pittore che egli raccontò su tre grandi quaderni a righe, è stato presentato oggi alla stampa nell'ambito della piattaforma di comunicazione Cultura informa dalle curatrici dell'opera, Roberta Bonazza e Susanna Sieff.
Nel corso dell'incontro con i giornalisti sono state proiettate le immagini di un'intervista, rimasta fino ad oggi inedita, realizzata con l'artista nel 2007 da Fabio Lucchi.
 
Un piccolo-grande viaggio la vita di Carlo Sartori, vissuta intensamente e con un'unica direzione: la pittura.
Certamente l'infanzia a Ranzo gli permette un rapporto privilegiato con la natura, che ritrova anche nella verde e soliva zona del Lomaso.
Nel testo sono riportate, al termine della sua scrittura autobiografica, anche due brevi testi tratti dai diari che propongono una scrittura più immediata e due diversi momenti della vita di Carlo: uno scritto nel 1950 che ben esprime la determinazione a fare il pittore e l'altro, del 1991, dove egli descrive una tranquilla giornata di lavoro.
Come postfazione all'autobiografia scritta di suo pugno, ci sono i luoghi significativi del viaggio: Ranzo, Poia, Godenzo e Riva del Garda.
La presentazione di una serie cospicua di autoritratti, viene analizzata come aspetto importante del e per questo intrecciato ai contenuti autobiografici.
La pubblicazione, promossa dalla Fondazione Carlo Sartori e curata da Roberta Bonazza e Susanna Sieff, è stata sostenuta dai due Comuni di Comano Terme e di Vezzano, il primo dove Carlo ha vissuto tutta la vita e l'altro dove è nato, nella piccola frazione di Ranzo.
Al termine dell'incontro sono state proiettate le immagini di un'intervista, rimasta fino ad oggi inedita, realizzata con l'artista nel 2007 da Fabio Lucchi a Santa Massenza nel Comune di Vezzano, nel corso della quale Carlo Sartori racconta, fra l'altro, come avvenne il suo primo incontro con il mondo del colore.
 
La vita di Carlo Sartori, nato a Ranzo il 27 maggio 1921 e morto a Trento il 5 maggio 2010, è tutta da studiare.
È la portante di due condizioni che hanno accompagnato non solo Sartori ma l’intera umanità.
Anzitutto è la dimostrazione (se ancora ce ne fosse stato bisogno) che l’arte si rivela anche – e nonostante – la mancanza di istruzione specifica.
La seconda è la dimostrazione che anche nei posti più sperduti del mondo l’arte nasce e cresce, in barba alle mille difficoltà che incontra.
Tra gli aneddoti che lo stesso artista racconta, i sei colori a pastello che a 6-7 anni aveva voluto al posto dei cioccolatini, sogno dei bambini per antonomasia. È lì che nasce la sua vita artistica, con la paura che i pastelli si consumassero troppo presto. Paura che lo seguì per tutta la vita, finché il mercato dell’arte non gli riconobbe il valore indiscutibile delle sue opere.
Nelle sue rappresentazioni, la vita dei contadini che oggi molti non immaginano neppure. E gli animali: «Se muore la vacca – diceva – la famiglia è a terra».
Era nato a Ranzo, un posto raggiungibile solo con una mulattiera. Perfino oggi è difficile arrivarci per caso, è raggiungibile da Margone…
E questo è un insegnamento per chi crede che il Trentino sia in paese dell’Opulenza. La fame, quella vera, quella autentica, era di casa. Eppure mai un lamento, mai qualcosa che toccasse la dignità della nostra gente.
I tempi oggi – grazie a Dio – sono cambiati. Ma il diario figurativo (e adesso anche verbale) di Carlo Sartori rimane a testimoniare proprio quanto sia stato davvero breve il Secolo breve.
 
Il libro non è in vendita: va chiesto alla Fondazione Casa Museo Pittore Carlo Sartori.

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