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Mondo cinese: impressione o realtà? – Di Maurizio Bornancin

I figli dei cinesi nati in Italia possono dirsi anche veneti, lombardi, trentini, emiliani o semplicemente italiani?

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Il fenomeno del mondo cinese, così come rappresentato da uno studio della CGIA di Mestre, indica che tra il 2009 e il 2014, in Italia le imprese gestite da stranieri, sono aumentate del 4 per cento e su un totale di 69.500 aziende, quelle cinesi sono incrementate del 5,1 per cento.
Negli anni fra il 2008 e il 2009, periodi in cui si è fatta sentire la crisi economica, le attività imprenditoriali cinesi sono state al centro di particolari studi, che hanno riscontrato un incremento del 39 per cento d’imprese cinesi, contro un aumento medio dell’imprenditoria straniera in Italia del 22,5 per cento.
La fa da padrone tra le aziende d’imprenditori provenienti dal Paese del Dragone, il settore del commercio al dettaglio e ambulante, 24.571 attività, segue il manifatturiero del tessile e abbigliamento, calzaturiero e arredamento con 18.450 imprese, principalmente nelle zone della Toscana e Marche e inoltre 14.800 aziende della ristorazione e bar.
 
Vi sono poi presenze di artigiani nel servizio alle persone, in altre parole: parrucchieri, estetiste, calzolai e sarti, il numero è di 4.100 aziende, ma tra il 2013 e il 2014 l’aumento complessivo delle imprese cinesi è risultato pari al 22,4 per cento.
Un fenomeno quello degli imprenditori cinesi in Italia determinato anche dalla propensione di questo popolo all’auto - imprenditorialità e alla gestione delle piccole imprese, sono lavoratori instancabili, dedicano molte ore al proprio negozio e mettono al primo posto il lavoro e la famiglia.
In questo periodo in Italia, su un totale del 14,6 per cento di esteri, vi sono 265 mila cinesi, la popolazione più numerosa tra gli stranieri.
Verso gli anni 80 hanno iniziato a inserirsi nel nostro mercato, portando una forte concorrenza nei confronti degli operatori italiani sia nel commercio sia nell’artigianato, cambiando il volto delle nostre città.
È stato così che vari negozi di italiani, operatori spesso sfiancati e demotivati dalla crisi, alla fine, hanno cessato la propria attività, dando così più spazio agli stranieri.
 
Oggi questa concorrenza si fa sentire ancora maggiormente rispetto a qualche anno fa, sia per le centrali di acquisto, dove si approvvigionano, sia per i prezzi competitivi dei prodotti messi in vendita, fermo restando la differenza della qualità tra prodotti di origine italiana e quelli di provenienza estera.
Nel Trentino e nell’Alto Adige, province del Nord Est, si è rilevato negli ultimi sei anni l’aumento maggiore di aziende a conduzione cinese pari a un +10,1 percento, in posizione vicina al Friuli, con un +10,3 per cento e su una media italiana del +5,2 per cento.
In Trentino, al 30 giugno 2015 vi sono 37 aziende guidate da cinesi, 37 a Trento, 17 a Rovereto, 9 a Riva e 16 a Pergine.
I residenti cinesi a Trento, sono passati dai 164 del 2005 ai 348 del 2014.
I cinesi stabiliti in Trentino orami da oltre dieci anni, hanno formato proprie famiglie hanno figli giovani da crescere, che da scolari «oggi trentini» conoscono e parlano bene l’italiano e svolgono vita attiva nei vari gruppi.
Giovani questi che recuperano la cultura cinese solo quando rincasano dall’attività di studio e parlano la loro lingua con i genitori e i parenti conviventi.
 
Queste persone certamente rappresentano una fetta di emigrazione inserita in Trentino e che ha lasciato le proprie zone di origine per avere una vita migliore.
Cinesi-trentini, questi che hanno affrontato le difficoltà dell’integrazione, dell’uso della lingua, della diversità culturale, alcuni hanno rifatto la valigia e sono ripartiti nuovamente verso la Cina o verso altri paesi.
Forse ora si sono italianizzati e trentinizzati anche per l’attività scolastica e universitaria dei figli, magari nati qui.
Alcuni di loro, come in passato, hanno fatto i trentini emigrati in America, in Svizzera, in Brasile o in Argentina, cercano di costituire una propria associazione per mantenere i legami tra loro con il paese di origine ed anche per una continuità della propria cultura, delle proprie tradizioni e della propria lingua, della propria storia.
 
Ora in Cina la situazione è critica, si è passati da uno sviluppo e una produzione accelerata a una crisi sia economica che finanziaria.
Non si ferma la svalutazione dello yuan. Da alcuni giorni la Banca Popolare Cinese, ha deprezzato la sua valuta dell’1% che ha portato al 4,6% la discesa della moneta cinese.
Non vi è ancora una certezza di cosa stia accadendo in Cina nel campo finanziario, dove al deflusso degli investimenti esteri si aggiunge una crisi dell’economia e dei consumi, quindi della crescita.
Gli sviluppi finanziari in Cina stando così le cose, potrebbero avere ricadute complessive negative anche per l’importante ruolo che questa Nazione riveste nel commercio globale.
Una recessione che ha colpito anche i lavoratori cinesi operanti in Italia, sia per la crisi per certi aspetti ancora in essere e che continua a colpire il nostro paese, sia per la situazione complessiva anche di altri stati e della Cina stessa.
Infatti, si è rilevato che negli ultimi tempi il livello delle rimesse (per sostenere i genitori o parenti sprovvisti di pensione) in Cina, è diminuito del 68 percento.
Nel 2012 l’ammontare di denaro inviato dall’Italia alla Cina era di 2,6 miliardi di euro, nel 2014 è sceso a 820 milioni.
 
Parlando del mondo cinese, il Trentino non può dimenticare Franco De Marchi, studioso docente dell’Università di Trento e costruttore appassionato dell’amicizia con il popolo cinese, che sin dagli anni 70 ha permesso a molti trentini di conoscere da vicino le caratteristiche di quel grande e lontano paese, la complessità dei territori di confine, e di cogliere gli elementi di convivenza per gettare un ponte tra oriente e occidente.
Nacque così nel marzo 1971 e sotto la sua regia, l’Istituto Italo Cinese che per molti anni ha favorito gli scambi, gli incontri culturali artistici e nei campi delle tecnologie, delle scienze e della medicina.
Sono nati e ancora vengono svolti con l’ausilio della nostra università, corsi per studenti, per docenti, sul sistema dell’economia, della finanza e della storia cinese.
 
Il 19 novembre 2011 si sono celebrati i 40 anni di attività di questo Istituto.
In data 30 aprile 2015, anche sulla base dei rapporti consolidati tra i due Paesi, è stato firmato un accordo tra Università di Trento, APSS, FBK e il Centro SPHIC di Shangai, per progetti di ricerca e per una collaborazione tra Italia e Cina nel settore della protonterapia, della terapia oncologia, che prevede la sperimentazione nel Centro di Trento, con l’uso di protoni, di ioni, nella loro alta capacità di penetrare nel corpo umano, che li rende adatti a curare tumori e che vanno a incidere solo sulle cellule colpite dalla malattia, risparmiando i tessuti sani.
Ricerca molto importante per il Centro di Protonterapia di Trento, tecnicamente avanzatissimo, con esperti anche cinesi di alto livello, che si confrontano con gli operatori della sanità locale.
 
Collaborazione e cooperazione tra fisici, medici e biologi in questo caso di differente provenienza, a confermare come il nostro Paese e il Trenino in particolare rimane tra i più importanti nel campo della ricerca.
Certamente da un lato c’è la preoccupante concorrenza nel settore del commercio e dell’artigianato degli imprenditori cinesi, dall’altro si perfezionano tecnologie medico scientifiche per debellare malattie che colpiscono molti abitanti di vari paesi, dall’Italia, all’Europa e inoltre si attivano programmi anche recenti di offerte turistiche per invogliare le presenze straniere a visitare le bellezze paesaggistiche trentine.
Come si riuscirà in futuro a rallentare il fenomeno della concorrenza, presente da anni a livello nazionale e contemporaneamente a rafforzare la collaborazione, attraverso studi e ricerche nel campo medico scientifico, accompagnati magari da maggiori presenze turistiche del popolo dagli occhi a mandorla in Trentino, in un’epoca di liberalizzazione ed internazionalizzazione?
 
Maurizio Bornancin
(Precedenti)

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