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Bob Dylan compie oggi settant’anni/ 1 – Di Marco Pontoni

Quello che Dylan è stato, quello che Dylan non è più Quello che è oggi e che sarà

Bob Dylan non è più un'icona, questo è pacifico. Bob Dylan però è qualcosa di diverso, oggi: un pezzo della cultura del '900, qualcosa che è destinato a rimanere, a essere ricordato e studiato.

I media lo inchiodano ancora al '68, dimenticando che Blowin' in the wind venne pubblicata nel 1963, che nel '68 Dylan era già altro, un artista che aveva già preso le distanze dall'immagine di pifferaio della rivolta, costruita sul rinnovamento della musica folk a cui aveva posto mano negli anni precedenti (arrivando a New York dal Minnesota), sulla rivisitazione del mito di Woody Guthrie.

Dylan ha passato il resto della sua vita a reinventarsi, a riscrivere la sua leggenda. Senza mai sfruttarla fino in fondo: spesso è scomparso, per poi riapparire, con altre vesti.
Spesso ha spiazzato i suoi fan. In concerto, da anni, stravolge le sue canzoni fino a renderle irriconoscibili (come ha fatto a Trento tre anni fa).
La sua fama è grande, planetaria, ma non ha mai raggiunto il livello dei Beatles.

Bob Dylan però è importante appunto per questo. Per la sua integrità (che non significa idealismo, che non significa macerarsi in povertà, come avrebbe voluto qualcuno, ignaro dello show business e delle sue contraddizioni).
Dylan rimarrà nei libri di storia per avere portato la poesia nella musica rock, che al suo apparire, diciamo, era musica per ragazzini, adatta alle feste da ballo e alle pomiciate in macchina e poco più.

Per il matrimonio "impossibile" (e all'epoca molto contestato) fra folk e rock, appunto.
Per le tante maschere che ha indossato nella sua carriera: profeta pacifista dei tempi che stavano cambiando, menestrello della beat generation e poi della pop-culture «a la Warhol», nostalgico restauratore della tradizione country americana, «avvocato» del pugile nero Hurricane Carter, neocovertito (a una setta cristiana, lui ebreo) ecc ecc.

Via via fino ai giorni nostri, ad un disco almeno che resterà memorabile anche negli anni 2000, Love and theft, e a un libro autobiografico, Chronicles vol. 1, davvero splendido.
Come un romanzo di Don De Lillo, o quasi.

Marco Pontoni

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