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Il Lago Grande, il Lago della Morte – Di Luca Girotto

Un altro libro che porta alla luce una battaglia poco conosciuta avvenuta in Valsugana cent’anni fa, a latere della Strafexpedition

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Avevamo presentato questo libro di Luca Girotto lo scorso 1° agosto (vedi), ma solo adesso che lo abbiamo letto possiamo pubblicarne una recensione.
Abbiamo imparato a conoscere Luca Girotto con un altro suo libro importante sulla Grande guerra, intitolato «1906-1918, un Leone fra Brenta e Cismon» (vedi) ed è stato grazie a quest’opera che abbiamo deciso di affrontare anche «Il Lago della morte».
 
Il volume si occupa di un lato poco conosciuto della Strafexpedition, quello delle azioni «collaterali» che l’Impero aveva messo in atto per confondere il nemico italiano al momento dell’attacco vero messo in atto nel maggio 2016 sugli altipiani.
Va detto subito che la vera intenzione di attaccare sugli altipiani era quel che si dice il segreto di Pulcinella, perché lo sapevano ormai tutti. Non solo i disertori austroungarici avevano dato ampie descrizioni sulle intenzioni del nemico, ma i continui ritardi cui è stata costretta l’operazione per motivi meteorologici avevano praticamente cancellato quello che i militari considerano fondamentale per un successo sul campo di battaglia, la sorpresa.
In realtà però, come sappiamo, il fatto che gli Italiani sapessero tutto non servì a niente, così come non servirà a niente sapere quello che stava bollendo in pentola a Caporetto un anno e mezzo dopo.
Insomma, come richiedeva un buon progetto militare, Conrad aveva disposto che in Valsugana venisse attivato un finto attacco contro le linee italiane. Un’iniziativa potente quanto bastava per far abboccare il nemico credulone, ma limitata nel tempo e nelle operazioni per la semplice ragione che gli austroungarici non avevano abbastanza bocche da fuoco, né munizioni e uomini.
Come si dice negli ambienti bellici, in un’operazione militare nulla andrà come previsto. E non fece eccezione l’attacco in Valsugana. Da entrambe le parti i combattimenti furono feroci e, per quanto limitati, portarono a una quantità assurda di morti,feriti, dispersi e prigionieri.
 
Il libro di Girotto è scritto con la precisione di un vero e proprio romanzo di guerra. Quasi un copione per un film, perché i dettagli delle singole operazioni – attacchi e contrattacchi dei vari reparti – sono descritti con un susseguirsi coinvolgente di persone in divisa ma dotate di una umanità sorprendente.
Citando le fonti disponibili e a tratti riportando il fraseggio originario dei diari personali e di reparto, Girotto descrive praticamente ogni azione, dall’inizio alla fine, dall’attacco al contrattacco, dall’entusiasmo per l’assalto riuscito alla disperazione per la morte avvenuta nel più assurdo dei modi.
L’umanità che Girotto riesce a ricostruire in certi tratti del libro è davvero emozionante.
Quando dei soldati bosniaci gettati all’attacco catturano dei soldati italiani, li fucilano per averli trovati in possesso di proiettili «dum dum», ovvero con il taglio a croce fatto in modo che entrando nel corpo del nemico colpito si aprissero e facessero danni devastanti. Ma quando quegli stessi bosniaci catturano altri ragazzi italiani spaesati, appena giunti dal Meridione, li rincuorarono dando loro delle amichevoli pacche sulle spalle.
Anche gli italiani ebbero dei momenti in cui espressero una spontanea dignità. Quando i nemici attaccarono avanzando nella neve depositata sul lago Grande, il «Lago della Morte», il ghiaccio cedette e molti di quei poveri soldati annegarono davanti agli Italiani.
«Non sparare! - disse un caporale. – Non vedi che hanno bisogno di aiuto?»
In buona sostanza Girotto ha fatto emergere la dura realtà della Grande Guerra: dei soldati costretti a sparare contro altri soldati senza aver capito bene per quale motivo.
 
Come abbiamo detto, il libro è avvincente perché descrive le operazioni con nomi e cognomi, gradi e incarichi di entrambe le parti. Certamente l’autore ha lavorato a lungo e con meticolosa precisione sulle carte che è riuscito a trovare.
Un capolavoro da leggere e da rivivere sui luoghi degli scontri perché grazie a Girotto si riescono a rivedere i fantasmi dei ragazzi che cent’anni fa si trovarono a combattere una battaglia che non avrebbe mai dovuto accadere perché strategicamente inutile.
 
G: de Mozzi

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