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Alla fine i produttori di petrolio hanno trovato l'accordo

Ridotta la produzione, aumenta il prezzo del greggio. E, a seguire, quello dei carburanti

Il 30 novembre, l’Organizzazione degli Stati Produttori di Petrolio (OPEC) ha raggiunto l’accordo per la riduzione della produzione petrolifera a 32,5 milioni di barili al giorno, con la possibilità facoltativa di scendere a 31.9 tra gennaio e giugno del 2017.
Inoltre, l’accordo prevede la riduzione della produzione anche per i principali provider idrocarburici che non sono membri dell’organizzazione, per un totale complessivo di 600.000 barili al giorno.
I tagli principali hanno riguardato l’Arabia Saudita, pronta a diminuire di 486.000 barili al giorno il proprio flusso produttivo, l’Iraq (-210.000 barili), il Kuwait (-131.000) e gli Emirati Arabi Uniti (-139.000).
Una clausola speciale è stata riservata all’Iran, che è l’unico Paese produttore a cui è stato permesso di innalzare la produzione fino ad un tetto di 3.7 milioni di barili al giorno.
Tale eccezionalità deriva dalla particolarità delle condizioni economiche del Paese e dalla sua necessità di ripristinare il proprio sistema produttivo, finanziario e commerciale dopo la lunga stagione delle sanzioni internazionali.
 
L’accordo, raggiunto dopo anni di intense trattative e pressioni internazionali, ha stabilito la prima diminuzione della produzione dal 2008 ed ha il duplice scopo di tentare di stabilizzare la volatilità del mercato petrolifero e tentare di alzare il prezzo del barile, in costante calo dal 2014.
Nello specifico, l’OPEC ha stimato che l’accordo potrebbe portare all’innalzamento del prezzo del greggio di 5 / 8 dollari al barile.
Una simile prospettiva rappresenta una vera e propria boccata d’ossigeno per i Paesi produttori di petrolio, le cui finanze erano state messe a dura prova dal crollo dei prezzi.
Dunque, oltre alle Monarchie del Golfo, anche il Canada, la Russia e i Paesi africani potranno disporre di maggiori introiti.
 
L’accordo di mostra, ancora una volta, la centralità dell’OPEC nel controllo del mercato petrolifero e il ruolo di Riyadh quale swing producer.
Assume particolare significato la clausola pro-Iran dell’accordo, decifrabile come un tentativo di aprire uno spiraglio negoziale nel complesso delle difficili relazioni tra Arabia Saudita e Teheran.
Tuttavia, al di là della grande disponibilità di greggio stoccato, non bisogna dimenticare che il petrolio iraniano è considerato di media qualità a causa della sua bassa leggerezza e del suo contenuto solforico, elementi che lo obbligano ad un costoso processo di raffinazione.

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