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«Abbiamo bisogno dell'ingegnere rinascimentale»

Lo ha dichiarato Dionigi al Festival delle Lingue in corso a Rovereto – Stamattina anche l'intervento di Vera Gheno sui social e nuovi linguaggi

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Il latino evoca un lascito non solo storico, cultuale e linguistico ma anche simbolico: si scrive «latino», ma si legge «italiano, storia, filosofia, sapere scientifico e umanistico, tradizione e ricchezza culturale».
È un’antenna che ci aiuta a captare tre dimensioni ed esperienze fondamentali: il primato della parola, la centralità del tempo e la nobiltà della politica.
È partito da questo assioma Ivano Dionigi, autore de «Il presente non basta», professore di Lingua e Letteratura Latina, presidente della Pontificia Accademia di Latinità, fondatore e direttore del Centro Studi «La permanenza del Classico» e già rettore dell' Università di Bologna, ospite stamattina del Festival delle Lingue promosso da Iprase.
 
Fra i primi interventi del Festival, stamattina, anche quello di Vera Gheno, docente all'Università di Firenze e responsabile del profilo twitter dell'Accademia della Crusca, che ha parlato di neologismi, innovazione linguistica, social network e linguaggi giovanili.
La linguista ha dimostrato che i social network non sono una cosa nuova, ma una rilettura di forme antiche di comunicazione; portando come esempio gli usi grafici delle chat, gli scripta continua, i fonosimboli, i tecnicismi e le parole risemantizzate, Vera Gheno ha spiegato come la lingua che viene utilizzata nel web, nelle chat, in whatsapp sia da considerare come la naturale evoluzione di una lingua che si adatta a condizioni comunicative nuove.
 
Ivano Dionigi ha esordito complimentandosi con l'organizzazione del Festival delle Lingue, che è riuscita a mettere al centro i ragazzi, gli studenti, sottolineando come la scuola oggi sia l'istituzione più sana, più credibile e prestigiosa del nostro Paese, palestra dei fondamentali del sapere e crocevia del futuro.
Quindi ha affrontato il tema delle lingue classiche, cercando di spiegare come mai in un’epoca caratterizzata dalla proliferazione dei mezzi di comunicazione, la reciproca comprensione sia in realtà così difficile.
Nella sua opera, «Il presente non basta», il latinista ha infatti spiegato queste domande volgendo lo sguardo a quella lingua che l’Europa ha parlato pressoché ininterrottamente fino a tutto l’Ottocento e oltre, attraverso l’Impero e la politica, la Chiesa e la religione, la cultura e la scienza.
«In una fase di grandi cambiamenti e di spostamenti dobbiamo prefigurare un mondo dove tutti ci dobbiamo capire parlando ognuno la propria lingua. In questo contesto le lingue classiche non sono inutili: sono orientate al futuro e anzi necessarie alle scienze e alle tecnologie.»


 
Quindi alcuni affondi.
«Nella politica non ci vogliono leader, ma statisti –  ha commentato Dionigi nel rivolgersi ai giovani presenti in sala, invitandoli ad andare a votare – per non lasciare la politica agli altri.»
Infine il tema centrale.
«Oggi il presente non basta più, perché negli ultimi 25 anni è avvenuto tanto, anzi è avvenuto quasi tutto.»
Due sono state, in particolare, le rivoluzioni.
«Il primo è stato quel grande rivolgimento sociale dovuto all'arrivo dei popoli nuovi, l'altra è stata la rivoluzione dei media digitali, delle tecnologie.
«Oggi siamo tutti irretiti da questa rete immensa, del presente, del qui e subito ma abbiamo staccato la spina della storia e del tempo e tutto è orizzontale, – ha detto Dionigi. – Stiamo perdendo la passione della diversità, il pathos del presente.»
 
Passando poi da Petrarca a Steve Jobs, Dionigi ne ha ricordato due massime.
«Dobbiamo tenere lo sguardo rivolto contemporaneamente avanti e indietro e riscoprire l'ingegnere rinascimentale, ovvero l'ingegnere leonardesco, che pensa in modo circolare.
«E in questo senso il latino ci fornisce la chiave che ci apre il tempio del tempo, è lingua temporale e ci restituisce il volto autentico delle parole.
«L'uomo è parola, perché la parola è scritta, mentre la comunicazione viene dopo, – ha concluso Dionigi ricordando come molti dei problemi di questo Paese derivino dal fatto che «è stato confusa la res publica con la res privata».
 
Ivano Dionigi è professore ordinario di Lingua e Letteratura Latina, presidente della Pontificia Accademia di Latinità, fondatore e direttore del Centro Studi «La permanenza del Classico» dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, di cui è stato rettore dal 2009 al 2015.
Ne suoi studi si è dedicato particolarmente a Lucrezio (Commento a «La natura delle cose», 2002; Lucrezio.
Le parole e le cose, 2005) e Seneca (De otio, 1983; Problematica e fortuna del «De providentia», in Lucio Anneo Seneca, La provvidenza, 1977; I diversi volti di Seneca e Seneca linguista, in Seneca nella coscienza dell’Europa, 1999).
Ha curato per la Rizzoli diversi volumi a più voci sulla storia delle idee e sul confronto antico/presente: Di fronte ai classici. A colloquio con i Greci e i Latini (2002); Nel segno della parola (2005); La legge sovrana (2006); Morte. Fine o passaggio? (2007); I classici e la scienza.
Gli antichi, i moderni, noi (2007); Madre, madri (2008); Elogio della politica (2009); Il dio denaro (2010); Animalia (2011); Eredi (2012); Barbarie (2013). Per Mondadori ha curato il volume di Giuseppe Pontiggia, I classici in prima persona (2006).
 
Il Festival delle Lingue è un'iniziativa organizzata da Iprase, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, il Comune di Rovereto, il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, e si inserisce nel Piano Trentino Trilingue 2015-2020.

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