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«L’albero delle vocali», di Giuseppe Penone – Di Daniela Larentis

A Parigi è installata al centro del giardino delle Tuileries, a due passi dal Museo dell’Orangerie

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Il Museo dell’Orangerie è una tappa imperdibile per chi si dovesse recare a Parigi anche se per soli pochi giorni.
È situato all’interno di un’antica serra dove venivano coltivate piante di agrumi, costruita nel 1852 dall’architetto Firmin Bourgeois e conclusa da Ludovico Visconti, si trova in prossimità di Place de la Concorde e dell’altro spettacolare e celeberrimo museo parigino, il Louvre.
Negli anni venti del secolo scorso venne assegnato all’Amministrazione delle belle arti e Claude Monet vi collocò il ciclo pittorico murale delle Ninfee, un vero spettacolo che lascia letteralmente lo spettatore senza parole. 
 
Più o meno alla fine degli anni Cinquanta - inizi anni Sessanta, il museo viene arricchito dall’acquisizione della straordinaria collezione Jean Walter e Paul Guillaume.
Così oggi oltre alle Ninfee di Monet è possibile ammirare opere di Amedeo Modigliani, André Derain, Kees Van Dongen, Auguste Renoir, Paul Cézanne, il Doganiere Rousseau, Pablo Picasso Henri Matisse, Chaïm Soutine, tanto per fare degli esempi.
 

 
Viene sottolineato, nella guida alla visita dedicata al museo, come Monet abbia dichiaratamente pensato le Ninfee come un asilo, «un ritiro votato all’approvvigionamento dell’uomo privato delle sue radici».
Nel 1909, con largo anticipo, ricordava egli stesso quest’enclave posta nel mezzo dell’agitazione della vita moderna: «I nervi affaticati dal lavoro si sarebbero distesi là, secondo l’esempio rilassante di queste acque stagnanti, e a chi l’avesse abitata, questa stanza avrebbe offerto l’asilo di una meditazione serena al centro di un acquario fiorito…
«L’atrio, completamente vuoto e disposto all’ingresso come un pronao, sottolineava questo pensiero quasi religioso».
 
E il pensiero dell’uomo privato delle sue radici viene evocato anche dall’opera di un artista italiano contemporaneo che vive e lavora tra Parigi e Torino, Giuseppe Penone, installata nel bel mezzo del giardino delle Tuileries, a due passi dal Museo dell’Orangerie.
Intitolata «L’albero delle vocali», la suggestiva scultura in bronzo raffigura un gigantesco albero, lungo circa una trentina di metri, dalla chioma spoglia, sradicato dal terreno e adagiato sull’erba.
La scultura sembra voler invitare il passante distratto a riflettere sul rapporto che ci lega alla natura.
 

 
L’uomo del resto, come abbiamo più volte detto, non può essere considerato staccato dal contesto in cui vive, è parte di qualcosa di più grande che comprende il concetto di natura.
Un’opera che si presta a più letture, quelle radici in bella vista potrebbero simboleggiare anche lo sradicamento di tutte quelle persone che lasciano la loro terra, il loro mondo conosciuto, per affrontare l’ignoto in cerca di una vita migliore, ma al contempo evocano il grido di dolore di una città ferita, colpita dalla follia di chi non è interessato alla convivenza pacifica e semina terrore.
 
Le radici che solitamente affondano nel terreno, così esibite sembrano anche voler rappresentare il simbolo di ciò che non è visibile ma che improvvisamente viene reso evidente.
A prescindere dal significato che ognuno vorrà attribuire a quest’opera, questa gigantesca scultura non passa inosservata e suscita emozione.
  
Protagonista della stagione dell’Arte Povera, Penone ha sviluppato negli anni un suo linguaggio autonomo che ridefinisce i parametri stessi della scultura.
Nella sua carriera ha esplorato diversi materiali: il bronzo, il marmo, il legno, la terracotta, il cristallo, l’onice o il fogliame. L’albero, che l’artista considera «l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura», è da sempre uno degli elementi centrali del suo lavoro.
 

 
Avevamo avuto modo di ammirare le sue meravigliose opere al Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, più o meno un anno fa, in occasione di una mostra curata dal direttore del museo Gianfranco Maraniello.
Conserviamo ancora nella nostra memoria visiva quei suoi «Gesti vegetali», scorze di bronzo antropomorfe realizzate a partire da disegni e corrispondenti posture date dall'artista a manichini poi rivestiti di argilla, e la monumentale installazione dal titolo «Spazio di luce», l’albero di bronzo e oro ancorato alle pareti dell’ingresso, un vero spettacolo.
 
Ricordiamo che le opere di Penone sono parte integrante delle principali collezioni museali nel mondo, quali Tate Gallery, Londra; Centre Georges Pompidou, Parigi; Musée d´Art Moderne de la Ville de Paris; MAXXI, Roma; Castello di Rivoli, Torino; Stedelijk Museum, Amsterdam; Museum of Modern Art, New York; e Museum of Contemporary Art, Los Angeles.
 
Tra le numerosissime personali ne citiamo solo un paio fra le più recenti: «Giuseppe Penone. Regards croisés», Musée cantonal des Beaux-Arts de Lausanne (2015) e «Giuseppe Penone: Being the River», Nasher Museum o Art, Durham, North Carolina (2015).
L’artista ha co-rappresentato l’Italia alla 52ª Biennale di Venezia (2007) ed è stato insignito del Praemium Imperiale dalla Japan Art Association nel 2014. Nel 2016 ha esposto al Mart.
 
Daniela Larentis - d.larentis@ladigetto.it

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