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Ciliegio, cresce l'interesse in Trentino: incontro tecnico alla FEM

Oggi a San Michele incontro tecnico dedicato al ciliegio con un centinaio di produttori

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Foto Zago - Laimburg.
 
La coltivazione del ciliegio rappresenta in regione una piccola percentuale nel panorama italiano sia in termini di superficie che di produzione, con un totale di circa 300 ettari.
Tuttavia la coltura riveste un ruolo importante per l’epoca di commercializzazione in cui si pone sul mercato e per i livelli qualitativi delle produzioni.
In Trentino gli ettari coinvolti sono circa 200, suddivisi fra le tradizionali Valsugana, Vallagarina e le nuove aree frutticole del Bleggio e delle Valli del Noce (70 ettari).
Al ciliegio, che sta rivestendo interesse soprattutto per le buone remunerazioni economiche, è stata dedicata una giornata tecnica che si è svolta oggi nella sede di San Michele all'Adige.
 
L'incontro, organizzato dal Centro Trasferimento Tecnologico, ha visto partecipare un centinaio produttori, e ha affrontato varie tematiche: dall'importanza della coltura in Trentino Adige all'analisi dell'annata 2016, dalla difesa dalle gelate alle moderne forme di allevamento, per arrivare alle problematiche sanitarie, virus in primis, e alle avversità; quindi la Monilia, la maculatura rossa, i cancri e la Drosophila Suzukii, il moscerino asiatico contro il quale le reti antinsetto si confermano come il sistema di difesa al momento più efficace, a condizione che vengano applicate e gestite con precisione.
L'incontro, visualizzabile su live.mach.it, ha visto partecipare il direttore generale, Sergio Menapace e il dirigente Michele Pontalti, ed è stato moderato da Tommaso Pantezzi, responsabile dell'ufficio frutticoltura, piccoli frutti e frigoconservazione FEM.
 
La coltura del ciliegio in Trentino Alto-Adige. Tommaso Pantezzi e Sergio Franchini hanno affrontato la situazione del ciliegio in regione e analizzato l'annata 2016 per il Trentino.
«Può essere una coltura che bene si integra con la tradizionale e diffusa coltivazione del melo sia in termini di gestione della manodopera che delle attrezzature aziendali.
Ci sono tuttavia alcuni ostacoli ad una maggiore diffusione legata agli elevati costi di impianto e ad alcune avversità come spaccatura dei frutti e Drosophila suzukii.»
 
La tipologia degli impianti è simile con densità intorno alle 1.500-2.000 piante ad ettaro con portinnesti seminanizzanti come Gisela 5, copertura con teli antipioggia per buona parte degli impianti e varietà a maturazione medio-tardiva e tardiva con 2 varietà principali Kordia e Regina
 

 
 Esperienze nella difesa da gelate in Alto Adige 
Massimo Zago del Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg ha illustrato la sperimentazione mirata a verificare l'efficacia delle candele di paraffina per la difesa dalle gelate tardive in un impianto di ciliegio dolce in Trentino, realizzata nel 2004 grazie al lavoro congiunto del centro sperimentale Laimburg, FEM e Sant'Orsola.
«L'uso delle candele -ha spiegato- in combinazione con la copertura antipioggia e la chiusura con teli in nylon lungo il perimetro ha dato i migliori risultati.»
Forme di allevamento. Nicola Dallabetta della Fondazione E. Mach ha illustrato sistemi alternativi al tradizionale “vaso” oggetto di studio alla Fondazione Edmund Mach.
Uno dei principali obiettivi è la ricerca di una pianta compatta che permetta di facilitare le onerose operazioni colturali.
Dai primi risultati il sistema Bi-asse ha dimostrato ottima performance produttiva e buon controllo della vigoria della pianta.
 

 
 Problematiche sanitarie del materiale di propagazione 
Anna Rosa Babini del Servizio fitosanitario Emilia-Romagna ha parlato dei principali virus del ciliegio che possono comportare alterazioni patologiche come maculature e ingiallimenti sulle foglie, depressioni e deformazioni dei frutti che ne deprezzano la qualità, riduzioni dello sviluppo vegetativo che influiscono sulla produttività, con un focus anche sui nuovi virus che potrebbero provenire da aree di coltivazione extra-europee, ad esempio il virus dell’accartocciamento del ciliegio e il virus della vaiolatura del susino.
Valeria Gualandri della FEM si è occupata del virus del ciliegio in Trentino, illustrando i risultati dei primi anni di indagini e monitoraggio.
«Nel 2016 – ha evidenziato – è stato avviato un monitoraggio più esteso mirato a identificare le cause di questa patologia.
«Nell’arco della stagione a diversi stadi fenologici sono state analizzati con le stesse metodiche sierologiche e molecolari 411 campioni provenienti da 13 campi tra i quali una collezione varietale.»
Illustrando i dati del monitoraggio Gualandri ha sottolineato l’importanza della qualità del materiale di propagazione utilizzato nella costituzione di nuovi impianti.
 

 
 Le principali avversità: problematiche tradizionali ed emergenti 
Riccardo Bugiani del Servizio fitosanitario Emilia-Romagna ha parlato di difesa dalla Monilia in Emilia Romagna.
Causata dagli agenti patogeni, Monilia laxa, M.fructicola e M. fructigena, è l’avversità fungina più pericolosa per la coltivazione del ciliegio.
Le infezioni sono favorite da un andamento climatico piovoso con elevata umidità relativa e possono compromettere, in condizioni favorevoli, buona parte della produzione.
 
Daniele Prodorutti della FEM ha parlato invece della maculatura rossa delle drupacee, causata da un fungo (Apiognomonia erythrostoma) che provoca macchie su foglie e frutti, presentando gli studi nell'ambito della collaborazione nata tra FEM e Servizio Fitosanitario della Regione Emilia-Romagna.
«Negli ultimi anni, sintomi attribuibili a infezioni di A. erythrostoma sono stati osservati anche su impianti di ciliegio in Trentino.
«I sintomi – ha riferito – sono stati riscontrati principalmente in aree collinari e montane, in prossimità del bosco.
«Si rendono necessari ulteriori studi per identificare il principale agente causale dei danni ai frutti e per approfondire la biologia e l’epidemiologia della maculatura rossa al nord Italia.»
 

 
 I cancri del ciliegio in Trentino 
Christian Cainelli della FEM ha spiegato che indagini diagnostiche svolte con metodi morfologici e molecolari hanno evidenziato la presenza prevalente del fungo Calosphaeria pulchella in associazione ai sintomi osservati.
«Per contenere le infezioni è importante eliminare le piante infette, preferire l’irrigazione a goccia, potando possibilmente in post-raccolta, evitando i periodi piovosi e limitando i grossi tagli.»
 
Infine, è stato affrontato il tema Drosophila suzukii. Alberto Grassi della FEM ha spiegato che grazie alla combinazione di condizioni particolarmente favorevoli, Drosophila suzukii ha raggiunto nel 2016 una consistenza demografica eccezionale soprattutto nel mese di luglio con effetti gravi sulle produzioni.
Le reti antinsetto si confermano come il sistema di difesa più efficace tra quelli attualmente a disposizione su ciliegio, a condizione che vengano applicate e gestite con precisione, adottando una serie di accorgimenti che vengono trattati nella relazione.
«Per chi si occupa di sperimentazione e ricerca su D.suzukii – ha detto Grassi – nonostante l’elevata efficacia, le reti antinsetto non possono rappresentare un punto di arrivo nella gestione delle infestazioni.
«Per questo, la Fondazione Mach rimane costantemente impegnata per la ricerca di metodi alternativi e più sostenibili sotto tutti i profili.»

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