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Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 5

«Il "Los von Trient" (Via da Trento)» – Di Mauro Marcantoni

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Un primo indizio degli effetti del cambio di rotta all’interno dell’SVP, che vide i moderati «Dableiber» sostituiti dall’ala più intransigente, composta in prevalenza da «ex optanti», lo si ebbe in occasione del voto di fiducia alla coalizione di governo guidata da Adone Zoli, chiamato a sostituire a maggio di quell’anno 1957 il dimissionario Segni.

Occasione in cui, la SVP, contravvenendo a quella che era stata fin lì la sua linea in Parlamento, votò contro.
Lo scontro più duro con Roma si ebbe tuttavia in autunno, sulla spinosa questione dell’edilizia popolare. In precedenza, il 15 giugno 1957, il Consiglio provinciale di Bolzano aveva approvato una legge in materia di edilizia, che prevedeva l’assegnazione degli alloggi popolari sulla base della cosiddetta proporzionale etnica, che consentiva di riservare una quota di alloggi per la popolazione di lingua tedesca.
La legge, però, venne respinta dal Governo, con la motivazione che non erano ancora state emanate le norme di attuazione dello Statuto in materia.
Ciononostante, il 15 ottobre 1957, il Governo annunciò lo stanziamento di due miliardi e mezzo di lire per la costruzione di alloggi popolari a Bolzano. Uno stanziamento cospicuo, all’interno del piano settennale per l’incremento dell’edilizia popolare, che la Volkspartei interpretò come «una misura straordinariamente grave, per proseguire l’italianizzazione della città di Bolzano e con ciò dell’intero Tirolo meridionale».
 
Si arrivò così allo strappo del 17 novembre 1957, quando dalla spianata e dalle balze sotto Castel Firmiano tutto il Sudtirolo – come titolò il «Dolomiten» il giorno seguente – proclamò il «Los von Trient» (via da Trento), dichiarando così, in modo esplicito e inequivocabile, quanto era stato preannunciato nei mesi precedenti: il rifiuto della Regione e la volontà di ottenere l’autonomia integralmente provinciale.
Alla manifestazione presero parte oltre trentamila persone.
 
Nell’ultimo scorcio del 1957, intanto, si verificarono nuovi episodi di terrorismo.
Apparve evidente che ci si trovava di fronte a un salto di qualità delle azioni terroristiche: i responsabili di questi nuovi attentati non erano più romantici sprovveduti, ma gente ben addestrata nell’uso degli esplosivi. La scelta stessa degli obiettivi, per il loro carico simbolico, rispondeva chiaramente a una precisa strategia sul piano psicologico e propagandistico.
Era entrato in azione il BAS, «Befreiungsausschuss Südtirol» (Movimento per la liberazione del Sudtirolo), un’organizzazione clandestina, fondata agli inizi del 1956 da Sepp Kerschbaumer, che contava tra i suoi militanti, non solo altoatesini di lingua tedesca, ma anche austriaci, venuti a dare manforte alla causa del Sudtirolo.
 
Col passare del tempo le conseguenze della svolta di Castel Firmiano divennero sempre più evidenti. A fine gennaio 1958 il senso di questo cambiamento fu ribadito in Consiglio regionale dal capogruppo della Volkspartei Peter Brugger, con una frase eloquente, a metà strada tra la dichiarazione programmatica e la minaccia: «Il tempo delle cortesie è finito».
Bersaglio delle polemiche della SVP divenne, in particolare, il Presidente della Giunta regionale Tullio Odorizzi, al quale veniva rimproverata un’eccessiva accondiscendenza verso il potere centrale romano – e addirittura, secondo Magnago, una scarsa fede autonomista, – oltre che una totale sordità rispetto alle denunce del partito sudtirolese circa i pericoli di snazionalizzazione e di assimilazione del popolo sudtirolese.
 
In quello stesso periodo, i rappresentanti della Volkspartei in Parlamento presentarono una proposta di legge costituzionale che prevedeva l’istituzione di una nuova regione autonoma, il Südtirol, con attribuzioni di competenze superiori a quelle della Regione Trentino-Alto Adige.
La «legge Tinzl» – come fu chiamata dal nome di uno dei suoi estensori – non venne mai discussa. Il testo della proposta era preceduto da una lunga relazione, nella quale si affermava, tra l’altro, che «è diventata di scottante attualità e necessità l’esecuzione completa, secondo il suo scopo e il suo spirito, dell’Accordo di Parigi».
Il cuore della questione era sempre l’applicazione dell’articolo 14.
 
Mauro Marcantoni
(Puntate precedenti)

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