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Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 7

«Regione: SVP all’opposizione» – Di Mauro Marcantoni

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All’inizio del 1959, il «tempo delle cortesie» – come le aveva definite Peter Brugger – da parte della SVP, ossia delle azioni politiche all’insegna della moderazione e dell’attesa, cessò definitivamente.

Quando, a metà gennaio, dopo una lunga trattativa, il Governo emanò le attese norme di attuazione sull’edilizia popolare, la Volkspartei giudicò inaccettabile il provvedimento che accoglieva il criterio dell’assegnazione degli alloggi sulla base della proporzionale etnica, ma lasciava allo Stato la competenza in materia di INA-Casa (che rappresentava di fatto più del 60% di tutta l’edilizia pubblica).
 
La questione dell’edilizia popolare era particolarmente sentita dai sudtirolesi, i quali ritenevano fosse, o potesse diventare, lo strumento a servizio di una politica di snazionalizzazione del Sudtirolo.
Verso la fine di febbraio vennero discusse in Consiglio regionale due distinte mozioni di sfiducia nei confronti della Giunta Odorizzi: una della Volkspartei e una seconda delle sinistre.
La crisi fu evitata solo grazie all’intervento dei partiti di opposizione: le destre e i socialisti non votarono la mozione di sfiducia della Volkspartei. La mozione delle sinistre, viceversa, non fu votata dalla SVP (dal momento che si presentava come un documento fortemente critico, oltre che nei confronti della DC, anche nei confronti dello stesso partito sudtirolese).
 
La Giunta Odorizzi riuscì dunque a respingere gli attacchi e a rimanere in carica.
Ma, dopo il passaggio della Volkspartei all’opposizione, la Giunta non disponeva più di una maggioranza. Odorizzi decise allora di rivolgersi alle destre e al Partito del Popolo Trentino Tirolese.
Quando, nel giugno successivo, la Volkspartei presentò un’altra mozione di sfiducia, i voti del Movimento Sociale Italiano furono determinanti per non far cadere la Giunta.
Si arrivò così, a una situazione paradossale: per salvare la Giunta venne chiesto l’appoggio di quei partiti – il Movimento Sociale e il Partito Liberale – che più si erano opposti alle autonomie regionali.
 
Ma la situazione era paradossale anche, e soprattutto, sotto un altro aspetto: un’autonomia che era nata, anche se non in via esclusiva, per tutelare la minoranza di lingua tedesca veniva ora gestita unicamente dalla parte italiana, dato che in Giunta non vi erano più rappresentanti del gruppo etnico tedesco.
Senza contare che i voti missini a sostegno della Giunta Odorizzi non potevano non richiamare alla memoria dei sudtirolesi i misfatti compiuti dal fascismo durante il Ventennio e la sua feroce politica di repressione.
Anche larghe fasce della DC trentina trovarono indecoroso e politicamente inaccettabile quel compromesso.
 
L’Austria, che i responsabili sudtirolesi provvedevano a mantenere informata sugli sviluppi della politica regionale, non rimase a guardare.
Nel settembre del 1959 il nuovo Ministro degli Esteri austriaco, Bruno Kreisky, dichiarò alla XIV Assemblea Generale delle Nazioni Unite che l’Italia non aveva dato integrale applicazione all’Accordo Degasperi-Gruber e che solo la concessione di una specifica autonomia alla Provincia di Bolzano avrebbe potuto adeguatamente tutelare le minoranze di lingua tedesca.
Se ciò non fosse avvenuto, l’Austria, l’anno successivo, avrebbe sottoposto la questione all’ONU.
 
Il 1959 si stava dunque chiudendo con una situazione carica di tensione, sia a livello interno che a livello internazionale.
A esacerbare ulteriormente il clima, rinfocolando in Alto Adige gli opposti nazionalismi, contribuirono in quei mesi le celebrazioni hoferiane. Nel 1959 ricorreva infatti il centocinquantesimo anniversario della rivolta dei tirolesi contro le truppe napoleoniche e i loro alleati bavaresi.
Da Innsbruck e dal Tirolo del Nord i festeggiamenti si trasferirono anche in Sudtirolo, con manifestazioni a cadenza settimanale in tutti i centri abitati, dai più grandi ai più piccoli.
 
Vi presero parte Franz Gschnitzel, il Sottosegretario austriaco agli Esteri e i suoi colleghi di partito Eduard Widmoser (il Presidente del Bergisel-Bund) e Alois Oberhammer (il capo del Partito Popolare Tirolese), che con discorsi infuocati incitarono il popolo sudtirolese a resistere e a combattere per la ricostruzione del Tirolo.
L’autodecisione era indicata come l’unica via per raggiungere la libertà e la salvaguardia dei sudtirolesi. Il Governo italiano inoltrò inutilmente delle note di protesta al Governo austriaco (Gschnitzer, si sosteneva da parte austriaca, parlava in Alto Adige a titolo personale e non a nome del Governo austriaco).
L’Italia decise quindi di vietare a Gschnitzer, Widmoser e Oberhammer l’ingresso nel proprio territorio.

Mauro Marcantoni
(Continua)
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