«Cure primarie, le istanze economiche non rallentino la riforma»
Lo afferma il Collegio IPASVI di Trento, che aggiunge: «Il rischio più grande per i cittadini è che si rimanga fermi per esigenze sindacali»
La riorganizzazione della medicina generale non può più attendere. Il rischio più grande per i cittadini è che si rimanga fermi per esigenze sindacali.
Il Collegio IPASVI di Trento (Infermieri professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d'Infanzia) chiede alla Provincia e all'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari che l'ipotesi di accordo sulle cure primarie venga presentata il prima possibile a un tavolo congiunto che comprenda tutti gli stakeholder dell'assistenza, compresa la Consulta provinciale per la Salute, con l'obiettivo di sperimentare al più presto il nuovo sistema.
«Non è più tempo di compartimenti stagni, – è l'auspicio della presidente IPASVI Luisa Zappini. – Tutti dobbiamo metterci in gioco ora perché i bisogni dei cittadini non possono più aspettare. Poi tra un anno verificheremo assieme i risultati.»
In generale il Collegio degli Infermieri professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d'Infanzia vede in modo positivo la proposta di riforma, purché essa sia orientata alla logica della medicina di iniziativa, ovvero alla prevenzione dei bisogni prima che essi diventino cronici.
«Nel piano attualmente in discussione viene messo a disposizione un infermiere di comunità ogni 19.500 abitanti, in base a una divisione su 24 aggregazioni che assicuri 12 ore di copertura. A Bolzano la proporzione è di uno ogni 10 mila, – aggiunge Zappini. – Oggi non si conosce uno standard, quindi la discussione va impostata su output concreti.»
Quello che è certo, assicura la presidente IPASVI, è che gli infermieri attualmente impiegati nelle aggregazioni già esistenti rimarranno al loro posto.
«Non si toglie nulla, bensì si aggiunge. Non si può basare una riorganizzazione su logiche puramente sindacali ed economiche. Qui c'è in gioco qualcosa di troppo importante: la salute dei cittadini.»
L'approccio corretto, secondo il Collegio, è quello della condivisione.
«Continuare a sostenere l'individualismo è sbagliato, dobbiamo cogliere le opportunità di lavorare insieme, – conclude Luisa Zappini. – Il medico di medicina generale potrà contare su una figura di supporto, l'infermiere di famiglia appunto, che non si interpone tra lui e il suo paziente, ma che opera come un facilitatore.»
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