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Al Festival dell’Economia: «L'obesità, una minaccia globale»

Kiersten Strombotne, economista della sanità presso l'American Institutes for Research (AIR) a Washington, è tornata a parlare «economia dell'obesità»


 
Kiersten Strombotne, economista della sanità presso l'American Institutes for Research (AIR) a Washington, è tornata a parlare al Festival di obesità, anzi di «economia dell'obesità».
Sì perché possiamo considerare l'obesità come il risultato di una serie di decisioni dinamiche degli individui, ma se si va a vedere bene si scopre che i prezzi dei cibi ad alto contenuto calorico continuano a scendere, mentre è diventato più costoso essere fisicamente attivi.
Tema complesso quello dell'obesità, nemmeno gli esperti - avverte la studiosa americana - concordano su quali siano i fattori che la causano.
Di certo c'è che siamo tutti vittime del mercato, e dunque siamo tutti esposti al rischio di diventare obesi, o di credere ad una dieta piuttosto che ad un'altra, perché anche le diete sono un mercato.
 
Strombotne ha portato alcuni dati che disegnano il fenomeno a livello globale con alcuni raffronti riguardanti l'Italia. Nel nostro paese è obeso 1 cittadino su 10, la media OCSE è di 1 a 6, mentre negli USA è obesa una persona su 3.
In generale l'obesità aumenta in tutte le aree del mondo, con particolare prevalenza nel sud-est asiatico e nell'area pacifica, più nelle donne (soprattutto in quelle meno istruite e che non assumono alcool) che negli uomini, più fra le classi a basso reddito che non fra i ricchi, anche se sta aumentando pure tra questi ultimi.
A preoccupare è che aumenta, in modo particolare, l'obesità estrema che «in USA – avverte Strombotne – ha raggiunto le dimensioni di una pandemia.»
E l'Italia? «Le cose non vanno bene, l'obesità aumenta nei bambini ed è più presente nelle regioni del sud.»
 
Aumenta il fenomeno, ma diminuisce la gravità delle conseguenze sulla salute umana.
Il progresso delle tecnologie, nuovi farmaci e pratiche chirurgiche hanno contribuito ad abbassare il costo dell'obesità, che in USA è pari a 147 miliardi di dollari l'anno, metà dei quali attribuibili alle spese mediche e l'altra metà al calo di produttività sul lavoro dovuto all'assenteismo dei lavoratori obesi.
 

 
Che fare?
«Dipende dalla nostra visione del comportamento umano – dice Strombotne – e dal nostro rapporto con il cibo.
«Le politiche che si sono orientate sull'aumento della tassazione ad esempio sulle bevande zuccherate non hanno portato effetti apprezzabili e gli economisti non sono tutti d'accordo sulla loro appropriatezza, perché queste tasse possono colpire più i poveri che non i ricchi.
«Un'altra politica è quella informativa: le persone non conoscono in genere le conseguenze legate al cibo che mangiano, non sanno quale sia l'apporto calorico giornaliero consigliato, le etichette non aiutano perché troppo difficili da leggere.
«In USA sono molto diffusi i cosiddetti rinforzi comportamentali basati sulla promessa di impegnarsi in attività e comportamenti salutistici in cambio di denaro, e sul fatto di sapere che se non raggiungi un determinato obiettivo, ad esempio un certo calo di peso, non solo si perde l'incentivo ma questo sarà dato ad un'altra persona di orientamento politico opposto.»
 
La conclusione è che abbiamo bisogno di politiche efficaci contro l'obesità, ma trovarle è difficile perchè ancora non si è capito bene che cosa provochi l'obesità. Nel frattempo i cibi ultracalorici sono sempre più spesso venduti nelle farmacie americane, nelle librerie e nei negozi di biancheria per la casa. 
«Dobbiamo concentrarci sulle scuole e sui bambini – suggerisce Strombotne – regolare il nostro mercato del cibo, aumentare i finanziamenti per favorire l'attività fisica nelle scuole statali, questo potrebbe servire anche all'Italia.»
Dal pubblico arriva la domanda che non ti aspetti, quella di un ragazzino: «Qual è la dieta adatta per un bambino?»
Strombotne se la cava così. «Non sono un medico, direi che la cosa migliore da fare è quella di ascoltare i vostri genitori».
Il giornalista Luigi Ripamonti sembra avere un consiglio più strutturato.
«Mangiate di tutto, educatevi al gusto degli alimenti naturali e ricchi di buon senso, non mangiate sempre le stesse cose.»

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