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Mario Perrotta al Solstizio d’Estate a Mezzocorona

Venerdì 16 racconterà la storia dimenticata, con «Prima guerra, quattordicidiciotto»

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Reduce da tre premi UBU Mario Perrotta porta sul palco di Solstizio d’Esate uno dei capitoli del dittico dedicato alla prima guerra mondiale che gli sono valsi l’apprezzamento della critica e la commozione del pubblico.
Dopo aver raccontato lo smarrimento dei soldati in trincea armati solo del proprio dialetto in «Milite Ignoto» in «Prima guerra, quattordicidiciotto», l’attore-autore vuole raccontare la vicenda degli Austrici di lingua italiana durante il primo conflitto mondiale, un capitolo tralasciato dalla teoria irredentista.
Sul palco allestito nel giardino di Casa Menestrina venerdì 16 giugno Mario Perrotta tesserà il filo della corrispondenza mai arrivata a destinazione fra il soldato Toni e la sua compagna, interpretata con dolcezza e sentimento da Paola Roscioli, in un connubio di musica originale e testi struggenti nei quali nostalgia e speranza si accavallano mostrando tutto ciò che la guerra cancella dell’umanità.
Quando viene dichiarata una guerra, la prima vittima è la verità, per questo Perrotta scava nella storia scritta dai vincitori, guarda e spinge il pubblico a guardare fino in fondo alla voragine nera della guerra, per portare alla luce un pezzo del Quattrodicidiciotto, di quel passato che sembra imparato memoria.
 
Un epistolario, accompagnato dai fiati di Maro Arcari e delle chitarre di Enrico Mantovani, che vuole portare a galla un pezzetto di verità, rimasto appeso a un filo nell’oblio tanto da essere quasi scomparso.
In scena, fra le parole di due amanti, la vicenda dei trentini e dei giuliani che combatterono la prima Grande Guerra come soldati austriaci di lingua italiana.
«E’ una storia che deve prendere vita sul palco- sottolinea Perrotta- perché nessuno ha mai raccontato che gli austriaci, appena l’Italia entrò in guerra, deportarono, nel giro di ventiquattr’ore, i loro stessi connazionali di lingua italiana. 130.000 donne, vecchi e bambini, ammassati nei primi campi di concentramento della storia contemporanea, lasciati a morire.»
Con la delicatezza dell’artista e l’impegno dello storico, Perrotta trasforma i numeri in visi, in vite, in voci. Rievoca quelle donne, quei vecchi e quei bambini, le storie d’amore e di nostalgia, rimaste come un eco fra i Carpazi dell’ex fronte russo, legate ad un bracciale, un anello, un foglio di carta, una medaglietta: tutto ciò che resta per raccontare mariti, figli e padri, legati a doppio filo ad una pagina strappata dai libri di storia.
In caso di pioggia: Mezzocorona, Teatro San Gottardo (via San Giovanni Bosco, 28).

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