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Un libro per l’estate: «Le otto montagne» di Paolo Cognetti

Ha vinto il «Premio Strega», meritandosi i complimenti del Trento Film Festival nel corso del quale aveva definito il rapporto tra la città e la montagna

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Titolo: Le otto montagne
Autore: Paolo Cognetti
 
Editore: Einaudi 2016
Riconoscimenti: Premio Strega 2017
 
Pagine della versione stampata: 208, brossura
Prezzo di copertina: € 18.50
 
 Contenuto  
La montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio, tempo e misura.
Lo sa bene Paolo Cognetti, che tra una vetta e una baita ambienta questo potentissimo romanzo.
Una storia di amicizia tra due ragazzi - e poi due uomini - così diversi da assomigliarsi, un viaggio avventuroso e spirituale fatto di fughe e tentativi di ritorno, alla continua ricerca di una strada per riconoscersi.
«Si può dire che abbia cominciato a scrivere questa storia quand'ero bambino, perché è una storia che mi appartiene quanto mi appartengono i miei stessi ricordi. In questi anni, quando mi chiedevano di cosa parla, rispondevo sempre: di due amici e una montagna. Sì, parla proprio di questo.»
 
Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.
I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo.
La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia.
Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo «chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso» ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento.
 
E lì, ad aspettarlo, c'è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri.
Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, «la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui».
Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: «Eccola lì, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino».
 
 Il premio Strega 
«Il Trento Film Festival è davvero felice per la vittoria del Premio Strega 2017 da parte di Paolo Cognetti, al quale rivolge i più sinceri complimenti.
«Paolo Cognetti con le Otto montagne è stato uno dei protagonisti di maggiore successo del 65. Trento Film Festival, durante il quale ha vinto anche il Premio Itas 2017.
«Abbiamo sempre creduto nelle grandi qualità di Paolo Cognetti, considerandolo uno dei maggiori interpreti della montagna dell’oggi e del futuro, con il quale condividiamo i valori espressi dalla nostra rassegna».
Così Luana Bisesti, direttrice del Trento Film Festival ha commentato la vittoria di Paolo Cognetti del Premio Strega 2017.
 
Lo scrittore ha partecipato all’ultima edizione della rassegna in più eventi, riscuotendo sempre un grandissimo successo di pubblico, soprattutto durante la cosiddetta «passeggiata con l’autore» sul Monte Bondone.
All’incontro dal titolo «La montagna, così lontana, così vicina», Paolo Cognetti aveva anche parlato dei suoi programmi futuri e della sua visione della montagna.
«Il prossimo viaggio sarà in Nepal – aveva spiegato lo scrittore – a cui mi ispirerò per il mio futuro progetto letterario. Partirò in autunno.»
Alla domanda su quali fossero i suoi scrittori di riferimento ha risposto: «Ettore Castiglioni e Mario Rigoni Stern sono riferimenti cui punto la mia bussola personale come modelli di uomini giusti.
«Da loro ho capito che la grandezza della persona passa dalle loro scelte e della presa di coscienza di quello che stava accadendo attorno a loro, con il dovere di partecipare.»
Alla domanda di come vede il rapporto tra la città e la montagna ha spiegato: «È un rapporto tra opposti, non contrastanti, ma che dialogano in un’alternanza continua.
«Da un lato la città è più bella perché è piena di varietà, dall'eterogeneità di Milano, alle 180 lingue diverse che si possono trovare a New York.
«Questo in montagna non si può trovare. A volte in montagna mi rattristo quando vedo razzismo e maschilismo.
«Vorrei coltivare e trovare anche qui arte, cultura, letteratura. Infatti per ripopolare la montagna ho organizzato, dove vivo un festival, il cui nome è "Il richiamo della foresta", in un paesino a 1.800 metri, a cui a luglio parteciperà anche Mauro Corona.
«La montagna è vocazione di alterità, di resistenza, ma è anche sinonimo di paradosso, dove le comunità locali vogliono modernizzare per portare lavoro mentre i cittadini che la frequentano sporadicamente la vogliono preservare: sono due sguardi con lo stesso diritto di esistenza, la soluzione dev'essere pragmatica e va trovata nella dialettica».
 
Infine, a proposito del suo libro Le otto montagne ha detto: «Felice dei feedback dei montanari del mio libro, magari può portare alla rinascita di quei valori sani della montagna».

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