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Storie di donne, letteratura di genere/ 180 – Di Luciana Grillo

M. Marzotto con L. Laurenzi, «Smeraldi a colazione» – «C’è chi nasce serva nella culla di un re, ma c’è anche chi, mondina, sguazza tra le risaie con la grazia di una regina…»

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Titolo: Smeraldi a colazione. Le mie sette vite
Autrici: Marta Marzotto, Laura Laurenzi
 
Editore: Cairo Publishing, 2016
Collana: Storie
 
Pagine: 287, rilegato
Prezzo di copertina: € 16
 
Ho cominciato a leggere questa autobiografia con qualche pregiudizio, perché di Marta Marzotto «mondina – contessa – amante di Guttuso – creatrice di moda» si è tanto parlato e scritto.
«Smeraldi a colazione», scritto in collaborazione con Laura Laurenzi, nota giornalista della carta stampata, è un insieme di ricordi e aneddoti, delusioni, dolori e gioie. Ha il sapore della verità, la dolcezza dei successi, l’amarezza dei tradimenti: Marta si racconta con semplicità, fin dalla dedica «Dedicato a me stessa» la lettrice e il lettore comprendono di trovarsi davanti ad una persona vera, generosa, spontanea, che molto ha dato e ricevuto, che sa elencare le persone importanti che riceveva in casa, che sa giudicarle, che non ha paura di fare nomi e cognomi di chi l’ha tradita e l’ha data in pasto ai giornali scandalistici.
«Ristabilire la verità: è il vero motivo per cui ho scritto questo libro», dunque dobbiamo attenderci una puntuale descrizione dell’affaire Guttuso.
 
Marta parte da lontano: quando descrive il suo matrimonio, non ha timore di dire che «c’era mia madre ma non mio padre: nonostante i pressanti inviti di mio suocero non se la sentì di presenziare, temendo di sentirsi fuori posto, inadeguato, scorbuticamente in imbarazzo», così come, con la stessa spontaneità,  quando parla dei suoi cinque figli: «I figli rappresentano l’immortalità e la continuità. Sono la certezza che è valsa la pena di vivere. ..sono e saranno sempre le persone più importanti della mia vita».
Ricorda gli inviti che riceveva, i viaggi, le partite di caccia, le cene e le canaste, i salotti dove «le mogli parlavano sempre degli stessi problemi, cameriere, figli, pannolini» e un senso come di soffocamento…
«La mia vita in una gabbia dorata cominciava lentamente a soffocarmi… Il mio bisogno di libertà era diventato troppo forte».
E allora, viaggi in terre lontane e, sempre, una straordinaria attenzione nei confronti dei figli. «Sulla porta di casa in montagna, per gioco…veniva attaccato il cartello Kinderheim Marzotto… un altro… appariva sopra l’ingresso di Porto Rotondo: Ristorante da Marta, tutto esaurito».
 
Alle parole di Marta spesso si accompagnano le note in corsivo della Laurenzi, ad esempio dopo la confessione di essere stata colpita dalla depressione: «Il motivo era la malattia sconosciuta della figlia Annalisa, affetta da fibrosi cistica o mucoviscidosi. Tutte le ricchezze, tutto l’amore infinito e incondizionato dei genitori e dei fratelli, i progressi della medicina e della ricerca non hanno potuto salvarle la vita…»
Il racconto di una vita lunga e ricca di avventure continua, Marta diventa giornalista, intervista persone note, viene invitata al Quirinale dal Presidente Pertini, «con Renato, per piccoli pranzi e cene informali».
Nonostante ciò, Marta si dichiara «consapevole della mia ignoranza, della mia non cultura, del mio non sapere, ma ho sempre avvertito dentro di me, fortissimo, il bisogno di migliorarmi…».
 
Marta, infine, arriva al suo rapporto con Guttuso, con onestà, semplicità e sofferenza: «Il nostro è stato un amore grandissimo, e anche un sodalizio. Di una cosa ci siamo sempre preoccupati: di non fare mai del male a nessuno».
Il grande pittore le scriveva, «certe sue lettere avevano il tono di una supplica… Ero il suo miele… il suo sangue, il suo respiro…».
Dunque un grande amore, tormentato e appassionato, raccontato da Guttuso nei suoi quadri più noti e chiuso per l’intromissione di politici e sacerdoti che volevano riportare il maestro «sulla retta via» e per consentire ad un giovane uomo di essere adottato dl pittore, in dieci giorni, e di ereditare tutto, anche le lettere private che Marta e Renato si erano scambiate.
 
Altre amarezze dopo la morte di Guttuso: «Molti… si sono scagliati contro di me senza una ragione apparente, per i loro interessi personali, o per convalidare una conversione impossibile» e la contessa non tace i nomi, da Andreotti a Macaluso, dalla Iotti a Napolitano. «Di colpo con la morte di Guttuso mi crollò il mondo addosso… Fui messa al bando con una crudeltà disumana… Davvero una bella fiaba, la mia. È durata tanti anni, poi di colpo si è infranta… venni letteralmente sbranata, vittima di una campagna scandalistica senza alcun riguardo per i vivi e per i morti, abbandonata dai falsi amici, lapidata dai vecchi nemici».
Ma il tempo passa, «negli anni novanta e duemila è cambiato tutto… sono arrivati i nuovi ricchi, quelli che amano ostentare il loro denaro… alle cene era una vera gara a chi esibiva gli smeraldi più grossi, i diamanti più preziosi, i rubini più splendidi… Io invece i miei smeraldi li mettevo a colazione».
E così ci spieghiamo anche il titolo di questa sincera autobiografia.
 
Per concludere, mi piace riportare una nota della Laurenzi, che riporta le parole di Pietrangelo Buttafuoco sul Foglio:
«C’è chi nasce serva nella culla di un re, ma c’è anche chi, mondina, sguazza tra le risaie con la grazia di una regina… Mentre gli altri diventavano nani e ballerine alla corte di re Bettino, lei rimase contessa, e contessa rimarrà anche vendendo vestiti trapunti di sogni alle casalinghe della Standa.»
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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