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Ecco «Casa Cles»: la coabitazione che fa bene alla salute

La cooperativa sociale Sad inaugura una struttura che ospiterà otto anziani con spazi privati (stanza e bagno) e servizi di assistenza condivisi

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Sulla via principale di Cles, poco dopo la Chiesa parrocchiale e subito prima dell’Oratorio, la cooperativa Sad metterà a disposizione degli anziani un nuovo servizio dalle caratteristiche innovative.
Si tratta di un progetto di cohousing: nell’appartamento di via Marco da Cles, al civico 22, potranno convivere otto persone anziane, tutte con camera di 13-15 metri quadrati e bagno privati, con cucina, spazi di relax e assistenza condivisi.
Una soluzione abitativa nuova, gestita dal privato sociale, che non solo consente agli anziani di dividere le spese di abitazione e assistenza, ma soprattutto di far fronte alla solitudine.
L’organizzazione prevede infatti anche l’offerta di attività ricreative e il frequente contatto con le associazioni e i gruppi organizzati del territorio.
 
«Casa Cles» (il cui responsabile è Maurizio Suighi) è la terza nata delle Case di Sad, dopo l’esperienza della Vela e quella di Tassullo.
Un successo che risponde ai nuovi bisogni delle generazioni di anziani parzialmente autonomi, che manifestano disagio a stare a casa da soli e che nel contempo non hanno bisogno di (o non riescono a sostenere) assistenza diurna e notturna privata.
Il tutto nel contesto di un sistema caratterizzato da risorse pubbliche calanti e da bisogni che crescono nei numeri e cambiano nella sostanza.
«La sfida che la nostra cooperativa ha raccolto con convinzione - spiega Daniela Bottura, presidente della Sad - è quella di inventare risposte nuove ad una domanda di welfare in continuo cambiamento: la speranza di vita si allunga e noi proponiamo servizi di qualità che consentano di vivere bene gli anni dell’autosufficienza, condividendo spazi e relazioni, emozioni ed esperienze, per garantire agli anziani e alle loro famiglie un clima sereno e una assistenza qualificata.»
 

Dominici, Suighi, Bottura, Noldin, Zeni.
 
E proprio nella condivisione di spazi e di spese sta l’innovazione di questo progetto che - su segnalazione del Dipartimento provinciale alla salute e solidarietà sociale - è stato inserito nell'ultima pubblicazione dell'Unece - Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite, fra le undici buone pratiche a livello europeo nel settore delle politiche sociali.
«Il progetto di cohousing della cooperativa Sad esprime perfettamente lo spirito che deve orientare la nostra comunità: i cambiamenti della società, in cui aumenta l'aspettativa di vita, vanno interpretati e accompagnati in ottica sociale – ha osservato Luca Zeni, assessore alla salute e alle politiche sociali della Provincia Autonoma di Trento - Dobbiamo quindi impegnarci ad aumentare la qualità di vita. Le reti familiari non sono sempre sufficienti e, quindi, questa iniziativa ha un valore profondo e si inserisce perfettamente nella cornice della riforma del welfare anziani che una volta a regime consentirà di promuovere politiche per gli anziani che favoriscano relazioni e opportunità di vita di comunità. Aumentare questo tipo di sevizi – ha concluso l’assessore - è una priorità per la Provincia, e per questo nel prossimo bilancio intendiamo stanziare ulteriori 5 milioni di euro.»

All’incontro di stamani hanno partecipato Silvano Dominici, presidente della Comunità della Val di Non, e Carmen Noldin, assessora alle politiche sociali e abitative della stessa Comunità di Valle.
«C’è la necessità di riordinare le politiche a seconda dei bisogni che cambiano – è stato detto – Casa Tassullo e Casa Cles hanno dato risposta.»
La struttura scelta per ospitare questo servizio a Cles, peraltro, è ricca di simbologia: si tratta infatti dell’immobile a fianco della chiesetta di San Rocco, di fronte all’attuale oratorio e agli spazi per le associazioni, un luogo aperto ideale per creare comunità dialogante con il territorio.
 

Un interno.
 
L’edificio sorse nel 1936, su volontà della Parrocchia che ne fu prima proprietaria, con lo scopo di offrire al paese un oratorio femminile, da affiancare a quello maschile che sorgeva poco lontano, nell’area attuale.
Ultimato nel 1939, divenne punto di riferimento delle ragazze clesiane per apprendere oltre ai fondamenti di una religione parte dell’allora vita quotidiana, anche l’educazione a molte funzioni domestiche.

Nel tempo, in funzione del decadimento dell’edificio ospitante l’oratorio maschile, proprio questa struttura ha accompagnato generazioni di Clesiani alla «dottrina» che aiutava a prepararsi ai Sacramenti.
A metà degli anni Sessanta la Parrocchia decise di vendere l’immobile, per finanziare il progetto di recupero dell’ambito parrocchiale, con importanti lavori di restauro, ricostruzione e ammodernamento di tutte le strutture.
L’oratorio femminile, recuperato anch’esso con importanti lavori che ne hanno però mantenuto l’impronta, rimane come edificio «simbolo» e oggi con funzioni nuove ma altrettanto nobili.

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