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Cento anni fa la Rivoluzione russa/ 3 – Scoppia la guerra civile

Truppe straniere accorsero da vari paesi a fianco dei contro-rivoluzionari – Viene sterminata la famiglia dello Zar

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(Link alla puntata precedente)
 
Il periodo immediatamente successivo alla firma del trattato di pace con gli Imperi Centrali sembra voler concedere al giovane potere dei soviet il tempo di consolidarsi, al punto che il 23 aprile 1918 Lenin poté dichiarare che «la guerra civile è, per l'essenziale, finita».
In questo caso la previsione del principale dirigente bolscevico risultò errata: due mesi dopo la guerra infuria su decine di fronti e il nuovo potere giunse, più volte, alla soglia della distruzione.
Tra le molte cause che si possono riconoscere per tali avvenimenti, due sono quelle forse di maggior peso: una di ordine esterno e una di ordine interno.
 
Nel giugno 1918 la Legione Ceco-Slovacca, in fase di trasferimento verso Vladivostok, dove avrebbe dovuto imbarcarsi per essere trasferita sul fronte occidentale, spinta da agenti delle Potenze Occidentali che cercavano un pretesto per intervenire in Russia e in parte anche dagli ordini diretti che provenivano da Parigi dove si trovava un governo cecoslovacco in esilio, dà inizio a una rivolta che coinvolge tutta la Russia Asiatica e fa da attrattore per numerosi altri gruppi di oppositori al nuovo regime.
 
Nel suo rapido avanzare verso le regioni interne della Russia, spinge il commissario bolscevico Jakov Jurovskij, detentore del deposto zar Nicola II, a fucilare, il 17 luglio, quest'ultimo e tutta la sua famiglia (foto seguente).
Sul fronte interno la politica del nuovo governo deve registrare una gravissima crisi tra le due forze trainanti della rivoluzione di ottobre: gli operai e i contadini. In primavera il governo è costretto a dare inizio alle requisizioni di grano allo scopo di rifornire le città le cui scorte sono ormai esaurite.
Anche se le requisizioni, almeno all'inizio, colpiscono principalmente i contadini più agiati - i cosiddetti kulak - sono spesso alla base di vere e proprie rivolte, talvolta dirette dai rivoluzionari socialisti.
 

 
 La situazione sociale 
Gli eventi della Rivoluzione Russa sono collocati nella particolare struttura sociale ed economica della Russia. All'inizio del XX secolo la popolazione della Russia era, dal punto di vista anagrafico, per quattro quinti contadina.
Non si può capire la dinamica e le ragioni della Rivoluzione Russa senza capire la mentalità dei contadini, o senza conoscere il loro mondo. La società contadina ruotava attorno a tre pilastri: il nucleo familiare (dvor); il villaggio (selo); e la comunità (mir o obš?ina).
Il mondo contadino era un mondo chiuso, separato dalla vita sociale ed economica cittadina.
l contadino era fedele esclusivamente al proprio villaggio, non aveva senso di identità nazionale. L'unica figura a cui andava la devozione del contadino era la figura dello Zar, divinizzata e mistificata nell'immaginario collettivo.
 
La naturale propensione conservatrice del mužik (il contadino russo) aveva spinto la classe dirigente russa a credere che fosse essenziale per la stabilità del paese l'alleanza tra campagna e corona, e che proprio il mužik fosse il modello del suddito rispettoso dell'autocrazia russa.
I fatti smentirono una simile idea, nata dal fraintendimento della mentalità del contadino. Le campagne erano infatti lente ad infiammarsi ma volubili. Il contadino rispettava la legge solamente per paura della punizione.
La stessa idea della legge e dello Stato era differente rispetto al modello occidentale. L'unica cosa che faceva stare al proprio posto i mužik era il mito dello zar buono e la speranza della spartizione della terra.
 
Una volta cadute entrambe le speranze, le campagne si trasformarono in una distesa di focolai rivoluzionari.
I contadini ricevettero le terre dal governo Lenin, ma tale iniziativa dopo pochi mesi si dimostrò molto diversa da quello ci si attendeva.
I raccolti venivano brutalmente confiscati o pagati con moneta inflazionata, da qui un gran numero di sollevazioni represse duramente, si calcola in 200.000 i contadini fucilati.
I Cosacchi che chiedevano l'autonomia ebbero un destino non migliore, mezzo milione fra fucilati e deportati.
 

 
 Operai e contadini   
La minoranza della popolazione proletaria, rappresentata dagli operai, era concentrata in pochi centri industrializzati, quale ad esempio era San Pietroburgo, città che allora prendeva nome di Pietrogrado.
La figura del proletario è la figura principale, secondo la tesi Marxista, di una rivoluzione Comunista, in quanto gli operai vivendo gli stessi problemi, vivendo tutti insieme in condizioni estreme di lavoro che portano all'alienazione, non sentono lo stesso attaccamento alla terra come i mužik (i contadini russi), ma sono maggiormente preposti all'attuazione della lotta tra classi: la rivoluzione.
 
La strategia della rivoluzione sarebbe stata quella di esportare il modello della dittatura del proletariato in Germania, cioè in un paese sviluppato (infatti secondo la tesi marxista e leninista, la rivoluzione può partire solo da paesi sviluppati) oltre che geograficamente centrale, da lì la rivoluzione si sarebbe diramata in tutto il mondo.
Altrimenti, secondo Lenin, la rivoluzione russa sarebbe servita solamente ad esportare il capitalismo in Asia (come è avvenuto); ciò nonostante l'incipit della rivoluzione va comunque ricercato in un nucleo operaio: quello dei cantieri navali di San Pietroburgo. I primi scioperi cominciarono proprio in questa città nel gennaio del '17.
Nel 1918 cominciarono gli scioperi per il ripristino dei soviet, per il razionamento e gli arresti arbitrari, gli scioperanti vennero qualificati come sabotatori e migliaia furono arrestati o fucilati.
Nel 1920 venne introdotta la legge sulla militarizzazione del lavoro che prevedeva come reato penale la scarsa produttività.
 
Sconfitta la Germania, molti dei paesi dell'ex impero zarista vennero inglobati con la forza nel nuovo stato sovietico.
Ma ne parleremo più diffusamente quando scadranno i cent’anni dalla guerra civile.
Con l’occasione parleremo anche dei soldati trentini che, fatti prigionieri in Russia presero parte alla guerra civile combattendo per le potenze occidentali.
Tornarono a casa nel 1919, due anni dopo la fine della guerra, imbarcandosi a Vladivostok.

Fine

Si ringrazia Wikipedia per le note e le fotografie che abbiamo scaricato.

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