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Personale di Annamaria Targher a Folgaria dal 23 aprile

La mostra «Persistenza del Melograno. Punica granatum» è all'Hotel Four Seasion

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Il bellissimo Melograno, attualmente proposto quasi ossessivamente come frutto dell’eterna giovinezza, vanta una storia millenaria e trasversale.
Per il Cristianesimo, il colore del suo succo richiamerebbe, infatti, il sangue: nell’iconografia relativa diventerà quindi simbolo di martirio.
Un martirio, però, fecondo, al pari del frutto pieno di semi.
Nel Cantico dei Cantici, l'amata è paragonata ad un giardino pieno di alberi di melograno e l'amore potrà essere consumato in coincidenza della fioritura dei suoi alberi.
 
Nel Corano, il melograno è citato per crescere nel giardino del Paradiso. È pure menzionato tra le buone cose create da Dio.
Alcuni studiosi di teologia ebraica hanno supposto che il frutto dell'Albero della vita del Giardino dell'Eden fosse da intendersi in realtà come una melagrana.
In accordo col Corano, il melograno è citato per crescere nel giardino del Paradiso.
Melograno è anche un colore che può essere descritto come un medio rosso-arancione.
 
È molto simile al color corallo e al vermiglione. Il primo uso del termine melograno per descrivere tale colore risale al 1919.
Annamaria Targher ripropone questo frutto, sì, come sospeso, fluttuante, ma anche con una densità pittorica che risulta essere quasi carnale.
Tuttavia, i frutti non si svelano mai, rimangono racchiusi, non esibendo l’impudica bellezza del loro interno: delle commestibili bacche.
E’ una protezione, ma anche una rivelazione per supposizione: così come avviene per i dogma.

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