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Islanda: la parità di salario tra uomo e donna è legge

La norma impone la pari opportunità assoluta, con particolare attenzione all'equo compenso in ogni azienda da 25 dipendenti in su

Da tempo l'Islanda è considerata il paese primo della classe a livello mondiale quanto a condizione della donna, gender equality, protezione effettiva dei diritti delle donne e lotta a ogni discriminazione contro di loro.
Da questo gennaio è entrata in vigore una nuova legge, approvata nel marzo 2017 con consenso bipartisan tra il centrodestra allora al potere e i partiti allora all'opposizione.
Una legge che impone la pari opportunità assoluta, con particolare attenzione alla pari ed equa retribuzione a pari lavoro in ogni azienda dai 25 dipendenti in su, in ogni ministero, istituzione o pubblica autorità.
Far applicare la legge tocca ora al nuovo governo, una coalizione di larghe intese alla guida del paese da novembre tra i Verdi di sinistra, con gli indipendentisti e i progressisti (centrodestra) guidata dalla giovane, brillante e popolarissima leader dei Verdi di sinistra stessi, Katrin Jakobsdóttir.
 
La legge, la prima nel mondo che postula la parità di genere anche a livello contributivo, costituisce un passo avanti di estrema importanza nella piccola, vitale democrazia già considerata il paese più femminista e più pro-gender equality del pianeta.
Un punto dolente, denunciato dalla attuale premier stessa e da molte intellettuali di rilievo come le gialliste di fama internazionale Yrsa Sigurdárdóttir e Gerdur Kristny, era infatti la sopravvivenza di disparità retributive ai danni delle donne, a pari incarico e qualifica.
Adesso con l’entrata in vigore della legge varata a marzo dall´Althingi (Parlamento), in cui quasi il 50 per cento dei legislatori sono donne, le autorità effettueranno controlli sistematici in ogni azienda e istituzione.
E qualsiasi datore di lavoro dovesse essere sorpreso a non rispettare la parità, anche e soprattutto sul piano retributivo, sarà punito con pesanti multe.
I controlli saranno affidati alla Lögreglan á Íslandi (polizia, a forte componente femminile) e alle autorità tributarie.
 
L'Islanda - un paese in forte crescita economica e praticamente a piena occupazione - vanta anche altre leggi a difesa della «gender equality» e dei diritti delle donne, leggi ritenute esemplari dalle Nazioni Unite, da molte ong e autorità internazionali.
La prima, passata nel 2000 e perfezionata nel 2008, è il cosiddetto «act on equality and equal rights».
La seconda è una legge che impone alle aziende di avere una quota rosa di almeno un 40 per cento di donne nei loro organi direttivi.
La terza è quella sul congedo parentale pagato di nove mesi, risale al 2006, e non di rado sono i maschi a scegliere di usufruirne per aiutare lavoro e carriera della moglie o compagna.
La quinta concerne il divieto della prostituzione e di spettacoli degradanti per la donna come lo strip tease.
In casi di violazione, non le prostitute o le spogliarelliste bensì i loro clienti, datori di lavoro o sfruttatori sono considerati punibili, le donne in questione vengono definite vittime dalla legislazione.
 
Infine ma non ultimo, nel governo della piccola, bella capitale Reykjavík il ministero del Welfare è competente anche per la vigilanza, imposizione e difesa delle pari opportunità.
Insomma, il piccolo ma modernissimo paese che entra ai mondiali di calcio con il suo simpatico «undici» di giocatori non professionisti, diventato famoso per il suo «Hu!», il grido di saluto finale al pubblico dopo ogni partita, ed è mèta turistica sempre più attraente servita con ben due linee aeree nazionali (con soli 330mila abitanti) vince anche i mondiali di gender equality.
 
Andrea Tarquini

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