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In Egitto rivive il «Canale dei Faraoni» – Di Rodolfo Calò

La missione archeologica italiana del CNR ha fatto tornare alla luce nuove imponenti mura di una delle più grandi fortezze del Delta del Nilo

Le indagini a Tell el-Maskhuta sono state realizzate tramite tecnologie avanzate, a partire dal telerilevamento satellitare, condotto in particolare grazie ai dati Cosmo-SkyMed dell'Agenzia Spaziale Italiana.

La missione archeologica italiana del CNR ha fatto tornare alla luce nuove imponenti mura di una roccaforte situata sul Canale dei faraoni, quella di Tell el-Maskhuta, che ora si profila come una delle più grandi fortezze del Delta del Nilo e probabilmente la meglio conservata di epoca precedente a quella romana. La scoperta è stata segnalata di recente dal Ministero delle Antichità egiziano.
Tell el-Maskhuta si trova a nord-est della capitale egiziana, lungo il canale di Ismailia, e già alla fine dell'800 vi era nota l'esistenza di una grande cinta muraria quadrangolare mai ben documentata.
Ancora all'inizio dei lavori di scavo della «Multidisciplinary Egyptological Mission» dell'Istituto di Studi sul Mediterraneo Antico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) - che lavora sul sito da alcuni anni, con la collaborazione dell'Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali rappresentato da Andrea Angelini - era visibile «solo per un breve tratto», ha ricordato Giuseppina Capriotti Vittozzi, manager del Centro Archeologico Italiano al Cairo.
Il mese scorso, però, «è stato trovato un enorme muro, largo 22 metri e alto circa 8, – ha sottolineato Capriotti Vittozzi. – Esso si congiunge alla fortezza quadrata con due grandi muri larghi 12 metri, anch'essi appena scoperti, costituendo una diversa struttura difensiva di proporzioni gigantesche.»
 
La posizione dell'insediamento è nel «Wadi Tumilat», una valle che era «antichissima via di comunicazione tra l'Egitto e il Levante, tra la terra dei faraoni e la Palestina, la Siria, fino alla Mesopotamia», percorsa da eserciti, commercianti e anche profughi, ha ricordato la studiosa, segnalando come l'area sia stata, dalla più remota antichità, un luogo di scambio sia commerciale sia culturale.
Sul sito ci sono pure tracce di un insediamento degli Hyksos, stranieri che dominarono parte dell'Egitto più di 3.500 anni fa; su questo insediamento è impostata la fortezza successiva.
Lo studio della ceramica, condotto da Maria Cristina Guidotti, direttore della Sezione Egizia del Museo Archeologico di Firenze, lascia supporre che la struttura rinvenuta si sia aggiunta alla precedente in epoca tolemaica (III-I secolo a.C.).
«Il grande complesso, così come è conosciuto ora, misura circa 200 per 300 metri», – ha stimato Capriotti Vittozzi appoggiandosi anche al parere di Mohamed Abdel-Maksoud, archeologo egiziano grande esperto di fortezze e componente della missione del Cnr.
 
La fortezza faceva parte della città i cui resti sono nascosti da una duna che, lunga circa un chilometro, fiancheggia il canale di Ismailia: è l'antica Tjekw, oggi Tell el-Maskhuta.
L'agglomerato funzionava quale «filtro» del Canale dei Faraoni, quello che nell'antichità svolgeva la funzione che ha oggi il Canale di Suez connettendo Mediterraneo e Mar Rosso.
Fin dall'inizio le indagini a Tell el-Maskhuta sono state realizzate tramite tecnologie avanzate, a partire dal telerilevamento satellitare, condotto in particolare grazie ai dati Cosmo-SkyMed dell'Agenzia Spaziale Italiana, fino alle prospezioni geofisiche, eseguite dal team dell'Università del Molise guidata da Marilena Cozzolino.

ASI – Agenzia Spaziale Italiana


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