Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Per «Gli incontri del giovedì», Veronica Barbetti giovedì 8 febbraio parlerà del lungo viaggio dell’uomo, dalle australopitecine all’homo sapiens – L’intervista

image

>
«Gli incontri del giovedì», l’interessante ciclo di serate organizzate dall’Associazione Castelli del Trentino, curate dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento fissato per giovedì 8 febbraio 2018.
Alle 20.30 avrà inizio la serata, presso la Sala Civica di Mezzolombardo, Corso del Popolo 17. Protagonista dell’evento sarà Veronica Barbetti, la quale parlerà del lungo viaggio dell’uomo, dalle australopitecine all’homo sapiens.
 
È davvero interessante il tema che verrà trattato, l’evoluzione dei nostri antenati è un argomento di grande interesse, in particolare dopo le recenti scoperte; gli studiosi ipotizzano, infatti, che l’albero genealogico della specie umana sia in realtà molto più articolato di quanto si riteneva un tempo, scoprire le tappe principali di questa evoluzione, alla luce dei nuovi ritrovamenti fossili, sarà quindi estremamente emozionante.
 

Hominid tree skulls.
 
Come sempre ci preme ricordare che gli incontri in programma godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana-Koenisberg e del Comune di Mezzolombardo e della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina.
Sono, inoltre, riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.
 
Due parole sulla relatrice, prima di passare all’intervista.
Laureata in Beni Culturali ad indirizzo archeologico (in particolare nell'ambito dell'archeologia classica della Magna Grecia e della Sicilia, con tesi dal titolo Aspetti iconografici della ceramica attica di Taranto), già ai tempi dell'università si è appassionata alla paleoantropologia, tanto da spingerla a frequentare in seguito il master in «Antropologia biologica della regione mediterranea», presso l'Università di Firenze, con lo stimato professore Brunetto Chiarelli.
«Per tenere viva la mia passione in ambito archeologico e paleoantropologico, da qualche anno propongo alle scuole del territorio degli approfondimenti tematici in ambito archeologico e preistorico» – ci racconta Veronica Barbetti.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgerle alcune domande per solleticare la curiosità dei lettori, in attesa di ascoltarla giovedì prossimo.
 

 
Come è nata la passione per la paleoantropologia?
«Sono praticamente da sempre appassionata di storia antica grazie ai tanti libri che sfogliavo a casa e grazie anche ai numerosi viaggi in Grecia fatti durante l'infanzia con i miei genitori.
«Al liceo ho poi avuto per un periodo un’insegnante che mi ha fatta innamorare dell’archeologia, tanto che poi effettivamente mi sono iscritta a Conservazione dei Beni Culturali ad indirizzo archeologico.
«Inizialmente mi sono dedicata all’archeologia classica, ma verso la fine dei miei studi universitari e dopo aver sostenuto l’esame di antropologia mi sono resa conto che mi interessava di più il tempo profondo. Terminata l’università ho quindi deciso di iscrivermi al Master in
Antropologia Biologica, che, ovviamente, mi ha dato grandi soddisfazioni.
«Amo la paleoantropologia perché in questo campo non si può mai dare per nulla per scontato, ad ogni nuova scoperta (e ultimamente ce ne sono parecchie, grazie anche alle moderne tecniche di indagine) si aprono nuovi scenari e sorgono nuove domande.»
 
L’incontro di giovedì 8 febbraio verterà sulla lunga storia dell'evoluzione umana, a partire dalle prime forme di ominidi. Su quali aspetti verrà focalizzata l’attenzione?
«Quello che mi aspetto da questa serata, è di smontare alcune false credenze sull’evoluzione, come la linearità del processo, l’esistenza dell’anello mancante, la progressione verso la perfezione dell’homo sapiens, pertanto mi concentrerò sulla storia evolutiva dei nostri lontani parenti ominidi, cercando di trattarli più o meno tutti in modo esaustivo, ma senza ovviamente entrare troppo nel dettaglio (non ce ne sarebbe il tempo).
«Spero di riuscire ad illustrare anche qualcuna delle ultime scoperte in ambito paleoantropologico, come homo floresiensis, il mignolo di Denisova e Homo naledi.»
 

 
Quanto si pensa abbiano influito i cambiamenti climatici sull’evoluzione umana?
«Direi che sono stati fondamentali per quanto riguarda l’evoluzione sia degli ominidi che delle successive specie di homo.
«Non ci sarebbe stata infatti probabilmente nessuna evoluzione se, per motivi climatici, gli ominidi non fossero stati costretti a uscire dalle foreste né ci sarebbe stata la nascita di Homo, se un ulteriore inaridimento del clima non avesse spinto alcune specie di ominidi a cambiare il loro modo di alimentarsi.
«Senza dimenticare poi homo neanderthalensis, perfettamente adattato al rigido clima europeo del periodo delle glaciazioni.»
 
Può accennare brevemente alle recenti scoperte relative alle varie specie di Homo, fornendoci qualche anticipazione?
«Sicuramente una delle scoperte che negli ultimi anni ha destato più scalpore è stata quella di homo floresiensis, che per tutti è ormai diventato lo hobbit.
«Si tratta di una specie di homo, probabilmente derivata da homo erectus, che ha vissuto fino a circa 18.000 anni fa sull’isola di Flores, nell’arcipelago della Sonda.
«Inizialmente inserito in una nuova specie dai suoi scopritori, in seguito è stato oggetto di dure critiche da parte degli scettici (ricordiamo che si tratta infatti di una specie di homo alta circa un metro e con un cervello di appena 400 cc circa) che lo hanno additato come un caso patologico. Tuttavia, tutte le ipotesi di patologia sono state in seguito scartate, e ad oggi si ritiene che sia semplicemente un caso di nanismo insulare, quel meccanismo evolutivo che comporta la riduzione (o l’aumento) delle dimensioni della fauna principalmente sulle isole, ma anche in zone molto isolate.
«Un’altra recentissima scoperta ha a che fare con un mignolo fossile rinvenuto nel 2010 nella grotta di Denisova, in Siberia meridionale. Dallo studio del dna mitocondriale estratto dal fossile, si è infatti scoperto che si tratta di una specie di homo a sé stante, ma non solo…».
 
Per scoprire le ultime ipotesi su quale sia realmente stato il primo essere umano ad abbandonare l’Africa, quale caratteristiche avesse questo «Hobbit dell’isola di Flores» e molto altro, basterà recarsi a Mezzolombardo fra qualche giorno: la serata si preannuncia davvero interessante.

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it


Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande