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Storie di donne, letteratura di genere/ 205 – Di Luciana Grillo

Marinella Gagliardi Santi, «Le allegre messe funebri» – Il titolo lascia perplessi. Ci vuole poco però per trasformare il paradosso in ossimoro

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Titolo: Le allegre messe funebri
Autrice: Marinella Gagliardi Santi
 
Editore: Europa Edizioni 2017
Collana: Edificare universi
 
Pagine: 346, Brossura
Prezzo di copertina: € 15,90
 
Marinella Gagliardi Santi è una scrittrice vivace e interessante: passa agilmente dal racconto autobiografico di un viaggio in barca a vela (vedi) ai romanzi ispirati alla sua tesi di laurea, ambientati nel mondo classico, da Pompei a Roma e oltre (vedi).
L’ultimo lavoro è veramente originale, a partire dal titolo: «Le allegre messe funebri». Ti chiedi subito: come possono essere allegre queste messe se sono funebri e dunque evocano morte e lutto?
 
Ebbene, sì, possono conquistare una lieve allegria le messe che non si limitano a piangere un defunto, ma lo ricordano con intensità, lo fanno rivivere, ne rievocano la giovialità, il sorriso, la vivacità…persino le birichinate.
Così Lele, «allegro e luminoso», accompagna di pagina in pagina l’autrice, la mamma quasi novantenne e l’amica Edvige in un viaggio lungo la penisola, da nord a sud, un viaggio spesso complicato dal maltempo o da piccoli intoppi, un viaggio un po’ improvvisato, senza mete precise o alberghi prenotati, ma riscattato da panorami emozionanti e acque cristalline.
E «sembrava che l’elaborazione del lutto prendesse una svolta dolce e che fosse tornata la serenità nella mia famiglia».
 
Dunque, al centro del romanzo, c’è il viaggio verso la Puglia ed ogni tappa è completata da un racconto che la sera Marinella dedica alle sue compagne di avventura.
Sono ricordi, piccole storie, avventure vissute negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza – spesso con Lele – e contemporaneamente descrizioni di luoghi (da Vieste a Peschici, a Lecce, a Gallipoli, a Matera…), fatti e persone, abitudini, come ad esempio quella dell’anziana mamma che «non legge i giornali, li snatura assaltandoli senza alcun ritegno. Mi ha lasciato una mappazza di giornale», emozioni improvvise che si materializzano quando gli occhi si poggiano sui Sassi di Matera o sul magico Castel del Monte.
 
Macinando chilometri sulle strade italiche, Marinella ritorna spesso col pensiero ai suoi viaggi in Brasile, dal cugino Lele: «Coi nostri discorsi, dal viaggio in Puglia a quello in Brasile eravamo tornate indietro di dieci anni…», si sofferma a riflettere con una certa tenerezza sulla sua mamma, forte e indomita («Vedi queste novantenni quanta energia hanno? Donne di ferro d’altri tempi. C’è tutto da imparare!») e ancora ricorda il suo legame fraterno con Lele che aveva qualche anno più di lei… «Lo guardavo con una sorta di quasi devota nonché affettuosa ammirazione» quando ripeteva il suo slogan: «Io sono il mago Barù che ne sa sempre più…» Lele che amava le auto dell’Alfa Romeo, proprio come quella che riporta a casa le tre viaggiatrici.
 
«Questo viaggio è stata una catarsi anche per me, non solo per mia madre… Guardo negli occhi mia madre, e con sollievo ci vedo serenità e ci leggo dell’orgoglio per quel suo figlio» e con pochi versi che parlano di samba e di Rio il romanzo si chiude con un «infinito… e… così sia!»
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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