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A Mezzolombardo il via al nuovo ciclo di «Progettare il futuro»

Relatore della serata di ieri Federico Fubini, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera

Quella organizzata e proposta ieri dalla Cassa Rurale Rotaliana e Giovo e ospitata all’Auditorium dell’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo è stata una serata interessante per i tanti temi toccati da Federico Fubini, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera, relatore dell’incontro che ha segnato l’avvio del nuovo ciclo di «Progettare il Futuro, una responsabilità da condividere», progetto culturale dell’istituto di credito cooperativo.
«L’iniziativa dimostra la differenza di una Cassa Rurale – ha osservato il presidente Mauro Mendini – Non vogliamo essere solamente una banca tradizionale. Quello ci interessa è dare qualcosa in più alla nostra comunità, ai nostri soci e ai nostri clienti anche sul versante culturale.»
L'incontro è stato indirizzato a un pubblico di tutte le età, dai giovani agli adulti. Ma, soprattutto, alle persone interessate ad ascoltare una delle voci più autorevoli del panorama giornalistico nazionale e autore di molti libri.
 
«In una società in continua evoluzione – ha spiegato il direttore Paolo Segnana – l'economia condiziona la nostra vita e influenza i nostri destini. Chi non si sforza di capire il presente rischia di arrivare impreparato all'appuntamento con il prossimo futuro.»
«L’Italia sta attraversando una fase di ripresa, lenta ma di ripresa dopo quello che, per un organismo, sarebbe stato un infarto – ha osservato Fubini. Un infarto dell’economia, con un crollo improvviso della produzione e un aumento del debito.
«Adesso c’è questa fase di ripresa. Un paio di considerazioni. «La prima: le esportazioni italiane al di fuori dell’Unione Europea sono cresciute molto e, in termini di fatturato, sono maggiori della Francia.
«La seconda: si parla sempre dell’Italia come di un Paese indebitato e fragile ed è vero se si guarda il debito pubblico. Tuttavia il debito netto (ovvero la differenza tra debito complessivo e ricchezza delle famiglie) dell’Italia settore pubblico e del settore privato nel suo complesso è quasi zero.
«Se l’Italia continua su questo trend, tra un paio di anni, sarà un creditore netto nei confronti del resto del mondo.»
 
Per guardare al domani con serenità fondamentale è un bene immateriale: la fiducia.
«Fiducia tra le persone, fiducia degli elettori e dei contribuenti verso le istituzioni ed è quello che, qui in Trentino, nelle vostre comunità avete – ha detto Fubini. – Si vede molto chiaramente nella vita di una banca, nella vita delle tante cooperative che ci sono.
«Non altrettanto si verifica in generale in Italia dove abbiamo subito una crisi di fiducia che, forse, è stata peggiore della crisi del debito.
«Perché la crisi del debito in questo momento è sotto controllo. Ho l’impressione che, la crisi di fiducia, in Italia resti ancora molto forte.»
 
Sul tema delle banche di territorio o Casse Rurali «in località montane o località di provincia sono fondamentali perché conoscono la clientela magari da diverse generazioni e sono in grado di dare fiducia, accompagnare i progetti e farlo anche nei momenti di grande difficoltà caratterizzati da crisi di liquidità, – ha spiegato Fubini durante il suo dialogo con Segnana. – Una banca che ragiona da Milano, da Roma o da Parigi con criteri puramente di business magari ritirerebbe la liquidità in fasi difficili portando un’impresa a chiudere nonostante quell’impresa sia in possesso degli ormoni di crescita ancora vivi.
«Una banca locale non lo farebbe e non lo fa. Anche il mondo delle banche locali sta cambiando. Le banche locali sono soggette a regole che non sono locali, non sono italiane ma sono europee e internazionali. Impongono alcuni vincoli nel credito e spingono le imprese a essere più strutturate. Pensiamo che, il 95% delle imprese italiane, ha da uno a nove dipendenti.»
 
«L’Italia è una Repubblica patrimoniale (la ricchezza delle famiglie è otto volte la ricchezza del Paese) ed è una società dinastica – ha concluso – con poca elasticità, poca mobilità sociale.
«Una eccezione è offerta dal nord est del nostro Paese. Ci sono persone che, se anche partono dal basso, possono riuscire a salire pur non avendo discendenti diretti in quel determinato ambito o settore professionale.
«Infine in Italia c’è poco investimento in conoscenza e cultura e molto più in risparmio.»

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