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Othmar Winkler e la sua «Europa» – Di Daniela Larentis

La mostra dedicata all’artista sudtirolese è visitabile al Museo Arte Contemporanea di Cavalese fino al 2 aprile 2018

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Bernardo Clesio.
 
«Europa» è il titolo della mostra dedicata al noto pittore e scultore sudtirolese Othmar Winkler, a cura di Elio Vanzo, Lionello Vanzo e Ivo Winkler.
Aperta al pubblico dal dicembre scorso al Museo Arte Contemporanea di Cavalese, Trento, Piazzetta Rizzoli 1, sarà visitabile fino al 2 aprile 2018 nei seguenti orari: sabato e domenica dalle 15.30 alle 19.30 (dal 25 marzo al 2 aprile tutti i giorni, tranne il lunedì).
Ad impreziosire l’evento un esaustivo catalogo nel quale lo stesso Ivo Winkler, curatore dell’Archivio Winkler, nel suo intervento critico ricorda il percorso artistico del padre Othmar, «un artista dall’inesauribile estro creativo, sempre coerente con se stesso».
Racconta durante il nostro incontro, ricordandoci un aneddoto legato al padre: «In una serata presso la Procultura di Trento, organizzata da Renzo Francescotti in occasione del suo novantaduesimo compleanno, Gabriella Belli, allora direttrice del MART, evidenziava proprio la coerenza fra Winkler e la propria opera, che si è sviluppata praticamente per l’intero ’900. Egli rifuggiva il successo che vedeva come un pericolo in quanto invito a riprodurre, anziché concepire il nuovo».
 

Campo di concentramento.
 
Ivo Winkler attraverso questa mostra onora la memoria del padre Othmar, il quale fu un grande viaggiatore, egli aveva il dono di assorbire con estrema facilità le lingue dei paesi in cui viveva (ricordiamo che nel 1937 andò in Norvegia, là imparò presto la lingua e conobbe il pittore Edvard Munch, eseguì ritratti di personaggi importanti e strinse amicizie).
La sua infanzia lo segnò profondamente, è lo stesso Ivo Winkler che ci ricorda come all’età di soli sette anni, a causa dell’abbandono del padre emigrato in America, Othmar venne affidato alle cure delle Suore della Carità, dell’Orfanatrofio di Bressanone.
A sette anni, poi, venne mandato dai contadini come servo agricolo a Velturno, presso una famiglia di parenti acquisiti, come era prassi dell’orfanatrofio.
 

Achille.
 
Allo scoppio della I Guerra Mondiale passò di famiglia in famiglia, contando sulla solidarietà del paese, e questa esperienza – sottolinea Ivo Winkler – fece maturare in lui un rifiuto alla guerra e contemporaneamente l’attaccamento e l’ammirazione verso il mondo contadino come luogo di pace e solidarietà.
Rivela a proposito del padre: «A Velturno mio padre avrebbe dovuto diventare missionario; non lo divenne, ma assumerà un analogo atteggiamento nei confronti dell’Arte, da lui interpretata come una missione sacra. Per lui infatti tutta l’arte era sacra e doveva essere usata per migliorare le persone. Riteneva inoltre che l’artista dovesse mantenersi distante da condizionamenti partitici e anche dal potere temporale della Chiesa».
Ed è sempre Ivo Winkler a ricordare quanto scritto una ventina d’anni fa o poco più da Bruno Passamani, riportandolo anche in catalogo «Come il suo grande conterraneo Michael Pacher, inquieto e insaziabile esploratore degli orizzonti europei… anche il nostro scultore affidò la propria formazione ad istituzioni che stavano agli antipodi non solo per la posizione geografica: dall’accademia di Belle Arti di Roma, presa tra il classicismo e florealismo dannunziano, a quelle di Vienna e Berlino, grandi corti del tardo liberty e del simbolismo. Gli obiettivi di un tale curriculum non erano sostanzialmente diversi da quelli ai quali aveva puntato il suo illustre predecessore del Cinquecento con la sua strategia europea: sottrarsi ai condizionamenti della routine imposti dalla formazione nel quieto, rassicurante ambito atesino e gardenese, arricchirsi culturalmente assimilando esperienze diverse, affinare la propria sensibilità a contatto con il variegato mondo dell’uomo europeo, porsi in un’ottica che gli consentisse di vedere le tradizioni della propria terra in una dimensione non localistica: aprire gli occhi e il cuore e conoscere il mondo. E’ facile, oggi, dire (e realizzare) queste cose, ma negli anni Venti e Trenta implicava una buona dose di attese interiori e di coraggio».
Ecco perché, ci fa notare il figlio del grande artista, la mostra si è chiamata Europa, un nome scelto «per onorare aperture e sinergie anziché muri».
 

Stube.
 
«Othmar Winkler appartiene – ricorda Marcello Farina nel suo intervento critico in catalogo – per la sua vita, per la sua arte, a quel genere privilegiato di persone, donne e uomini del Novecento, che hanno saputo interpretare il loro tempo da viandante, alla stregua di Federico Nietzsche, di Hermann Hesse, di Martin Heideger, il filosofo di In cammino verso il linguaggio
Ricordiamo che Othmar Winkler frequentò la scuola di scultura in val Gardena, recandosi poi appena ventenne (aveva 23 anni) a Roma, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti. Andò poi a Vienna, Berlino e successivamente a Oslo, per poi ritornare in Italia.
Dice di lui Marcello Farina: «Testimone di un tragico periodo storico dentro il secolo breve, come viene chiamato il Novecento, Othmar Winkler ha portato dentro tutte le sue opere il senso profondo di un conflitto inevitabile, che deve essere condotto dall’artista, senza defezioni di sorta, a favore della giustizia, della dignità di tutti, contro ogni sopraffazione. I suoi legni, i suoi bronzi portano con sé la fatica della liberazione dalla prepotenza e dalla paura, per un mondo che l’artista Winkler vuole abitabile e umano
 

Raccolta mele - Cicerone.
 
Anche se non si pronunciò mai apertamente a tal proposito, in maniera diretta, alla nostra domanda se il padre sarebbe stato favorevole o meno all’Unione Europea, Ivo Winkler risponde affermativamente.
I valori a cui accennava Marcello Farina di giustizia e dignità richiamati dalle opere dell’artista sono poi, assieme a quello della libertà e della solidarietà - vogliamo aggiungere - quelli che stanno alla base della creazione stessa dell’Unione Europea: ecco un motivo per cui il titolo della mostra ci sembra azzeccatissimo.
Una mostra che, come sottolinea l’Assessore alla Cultura del Comune di Cavalese Ornella Vanzo, «oltre che artistica, assume una valenza storica e culturale per l’ampliamento dei confini di spazio e tempo che porta con sé».
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it
 
Winzer - Satiro - Grande pensatore.

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