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Un giovedì al Vinitaly del giovin signore. Pardon, della Talpa

Come si sa, la Talpa è astemia. Beh, non vi pare che sia il soggetto migliore per giudicare asetticamente una delle più importanti fiere d'Italia? (La «Talpa» è il nostro satiro introdotto in ambienti solitamente ben informati)

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Tutti vogliono andare al Vinitaly. L'anno scorso su Radio Deejay una... ehm... come dire? ... una «escort» intervistata da Linus e Nicola diceva: «ma dove vuoi che sia, caro, a Verona! C'è il Vinitaly, ci siamo tutte!»
Quindi possiamo tranquillamente affermare che TUTTI vogliono andare al Vinitaly.

Io sono astemio, quindi al Vinitaly ci vado per un interesse antropolgico/culturale. È di gran lunga la fiera con maggior successo di Verona, d'Italia. Come risonanza forse solo la BIT di Milano le sta alla pari, forse. Insomma, un appuntamento da non mancare, dal più importante dei manager come all'ultimo degli avvinazzati. L'importante è esserci.

L'organizzazione è semplice, la Fiera è divisa per regioni. Entri in Toscana, attraversi un portone e sei in Puglia, di qua il Veneto, di là la Basilicata... and so on.

Io ho amici e parenti da trovare, quindi comincio a girare a caso cercando di imbattermi in qualcuno che conosco. Impresa titanica e impossibile. O hai una meta o l'unica possibilità è perdersi. Quindi cerco informazioni. L'Ente Fiera ha speso molto in moquette, quest'anno, viola con i tralci di vite, costosissime all'apparenza, quindi ha risparmiato negli info-point.
Le ragazze volonterose sfogliavano un librone da 1.000 pagine dove c'era TUTTO. Ok, ma Ferrari, per esempio, era sotto «Cantine Ferrari», «Azienda vinicola Ferrari» o «Ferrari» tout court?
Solo pochi privilegiati info-point avevano un MICROSCOPICO portatile con la schermata di ricerca, lunghe code rendevano inutile la velocità del sistema informativo.

Ma non facciamo sempre i disfattisti. La fiera era veramente bella e interessante. Al giovedì secondo me molti erano ancora sobri, anche se già verso le 14 si vedevano delle belle guance rosse e occhi lucidi. Che fossero disperati?

Interessante il confronto tra regioni. Veneto e Toscana affollate da mille e mille piccoli produttori con persone normali che riempivano gli stand. Il Brunello di Montalcino era una città dentro la fiera. Per ore ed ore ho cercato la fine dello Stand del Consorzio del Brunello. Alla fine, stremato, sono scappato in Friuli.
Ma ecco la Puglia. Pochi stand GIGANTESCHI dalle strutture avveniristiche, popolati da ragazze e ragazzi di bell'aspetto chiaramente scelti per la loro capacità intellettuale interagibile con qualsiasi tipo di pubblico.
La Sicilia, al contrario, ha «normalizzato» tutti i suoi espositori in gabbiette gialle ricoperte da un basso contro-soffitto di carta crespa bianca veramente angosciante. Mancava il fiato.
Se non trovare un mio commento sul Trentino, è perché il direttore me lo ha tagliato.

Direi che il mio personale riconoscimento va a Treviso, che ha deciso una strategia di marketing moderna e rivoluzionaria, un abbinamento già visto ma mai con questa chiarezza e così esplicitamente: «vino e gnocca!». In ogni sua forma, bollicine e tette... Ma perché non dirlo in Italiano (censurato)? Io direi proprio «vin e f**a!». In un gemellaggio Trento-Bologna avremmo potuto dire «Pan, vin e gnocca / Lassa pur che for el fiocca».

E il vino com'era ? E che ne so? Io sono astemio…

La Talpa (G.M.B.)

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