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Operazione «Royal Family»: fermati a Trento due nigeriani

La Polizia di Stato li ha arrestati perché gestivano la tratta di minorenni da destinare all’accattonaggio e alla prostituzione

Lo scorso 13 marzo il personale delle squadre mobili di Catania e di Trento hanno cooperato per arrestare due nigeriani, Queen Enaye di 38 anni e Collins Omorgbe di 31, in quanto gravemente indiziati di delitti legati alla tratta di persone al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Delitti che, come si può immaginare, risultano aggravati a vario titolo, come la transnazionalità, l’aver messo a rischio la vita delle persone trasportate, nonché la finalità di destinare le persone alla prostituzione e all’accattonaggio.
Il provvedimento restrittivo accoglie gli esiti di un’articolata attività investigativa di tipo tecnico avviata dalla Squadra Mobile di Catania - Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione - con il coordinamento della DDA etnea, a seguito delle dichiarazioni rese dalla responsabile di un Centro di Accoglienza aventi ad oggetto alcune minori giunte presso il Porto di Catania a bordo della nave della Marina Militare francese «Ducuing», unitamente ad altri 134 migranti di varie nazionalità.
 
Le indagini tecniche, unitamente ad attività di tipo tradizionale condotte dal personale della Sezione Criminalità Straniera della Mobile di Catania, hanno consentito di individuare un gruppo di trafficanti legati da rapporti di parentela (dislocati tra la Nigeria e l’Italia), dedito al reclutamento e al trasferimento in Italia di giovanissime connazionali al fine di destinarle al meretricio: la madame, identificata nell’indagata Enaye Queen dimorante a Trento, aveva l’incarico di curare l’immissione delle vittime nel circuito della prostituzione su strada onde assicurarne la «messa a reddito».
 
L’attività tecnica ha permesso di rilevare i ripetuti contatti tra la madame e le persone offese, ricostruendo esattamente tutti i tasselli del traffico di esseri umani gestito dalla donna e dai suoi correi, consentendo di rilevare come le vittime trafficate e le continue minacce consentivano di soggiogarle psicologicamente.
Nel corso dei frequenti dialoghi con le vittime che tardavano a eseguire i suoi ordini, la donna ricordava loro che nessuno avrebbe potuto sentirsi libera con «i suoi soldi». Questo perché le giovani avevano assunto un debito verso la donna che avrebbero dovuto ripagare con i proventi del meretricio e il mancato rispetto dell’obbligo assunto si traduceva in un mancato guadagno, inaccettabile per l’indagata.
 
Le indagini hanno consentito di evidenziare ancora una volta che il reclutamento delle giovani, tutte in condizioni di estrema vulnerabilità per la minore età, per il basso livello di istruzione e l’estrema povertà, era stato accompagnato dalla sottoposizione all’ormai noto rito religioso - esoterico del «Ju Ju».
Il ricorso al rito Ju Ju (termine con cui un tempo gli occidentali definivano i riti religiosi africani) ed anche al più temuto rito «Aielallà» veniva effettuato da madame Queen anche nelle fasi successive al reclutamento e, in particolare, diveniva per essa imprescindibile allorché una delle sue giovani vittime riusciva a darsi alla fuga sottraendosi al controllo.
In tale occasione l’indagata, di concerto con la sorella dimorante in Nigeria e anch’essa coinvolta nel traffico di esseri umani, meditava di rivolgere il rito ai genitori della ragazza in modo da creare ulteriori pressioni psicologiche sulla vittima, costringendola a far ritorno presso la madame (la giovane datasi alla fuga avrebbe sicuramente contattato i genitori e, appreso della loro sottoposizione al terribile Aielallà, non avrebbe avuto altra scelta se non quella di sottomettersi nuovamente al volere della madame).
 
Da alcuni dialoghi tra Enaye Queen e la sorella emergeva la estrema crudeltà delle donne che progettavano di far sapere alle ragazze che avrebbero dovuto pagare il proprio debito non più a Queen ma al voodoolista che le aveva sottoposte al rito esoterico, in modo da pressarle ancora di più psicologicamente, rappresentando l’uomo il soggetto avente il dominio sull’anima delle giovani vittime.
Le indagini hanno portato a rilevare la complicità di Enaye Queen col compagno Omorogbe Collins, inteso «Don Bonbino», anch’egli domiciliato a Trento.
A quanto pare, è la prima volta che emerge una vittima uomo in traffici di questo genere. 
Il GIP di Trento ha convalidato l'arresto.

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