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Sopralluogo del Consiglio Provinciale ai richiedenti asilo di Marco

«Il vero problema sta nei tempi di attesa troppo lunghi per ottenere una risposta e nell'incertezza sul futuro»

Sette consiglieri provinciali hanno partecipato oggi al sopralluogo effettuato dalla Quarta Commissione, guidata da Giuseppe Detomas (Ual), al campo profughi per la prima accoglienza di Marco di Rovereto.
Dalla visita è emerso che il problema dei richiedenti asilo non riguarda tanto le condizioni di vita in questa struttura, ma la loro eccessiva permanenza nel campo e l’incertezza delle prospettive di lavoro, accresciuta dai tempi di attesa troppo lunghi per ottenere la risposta da cui dipende il loro futuro.
 
«Abbiamo trovato un campo ben organizzato, sufficientemente pulito e ordinato, dove il disagio dei profughi ospitati non è tanto legato ai limiti di una condizione residenziale certo non ottimale, visto che la struttura dovrebbe servire solo alla prima accoglienza e a fronteggiare quindi un'emergenza temporanea, quanto alla difficoltà di rimanere qui 18 mesi in attesa della risposta alla loro domanda di asilo.
«Risposta che non dipende dalla Provincia ma dalla Commissione territoriale incaricata dallo Stato di vagliare le richieste e decidere sul diritto di immaginare un futuro fuori dai Paesi d'origine.»
Questo in sintesi il bilancio del sopralluogo effettuato dalla Quarta Commissione del Consiglio provinciale alla struttura di prima accoglienza nel campo della Protezione civile di Marco di Rovereto, tracciato dal presidente dell'organismo Giuseppe Detomas.
 
Alla visita, nata dall'esigenza condivisa dalla Commissione di verificare lo stato del campo e le condizioni di soggiorno dei profughi dopo le loro proteste a inizio gennaio, hanno partecipato oltre a Detomas (Ual) anche i consiglieri Violetta Plotegher (Pd), Pietro De Godenz (Upt), Graziano Lozzer (Patt), Massimo Fasanelli (Gruppo misto), Mattia Civico (Pd), Alessio Manica (Pd), l'assessore provinciale Luca Zeni, il dirigente del dipartimento solidarietà sociale della Provincia Silvio Fedrigotti, Tiziano Chizzola in qualità di responsabile della Croce Rossa Italiana del Trentino cui la Pat ha affidato la gestione della struttura, il sindaco di Rovereto Francesco Valduga e l'assessore alle politiche sociali del Comune Mauro Previdi.

Detomas: «Questa è una sfida che mette a dura prova la capacità di accoglienza della Provincia e della comunità trentina.»
Detomas ha introdotto l'incontro evidenziando che se oggi la situazione del campo di Marco si è normalizzata perché il problema dell'eccessivo numero di profughi accolti in questa struttura è stato superato, resta però quello del lungo periodo di permanenza in questa struttura.
«Su questa sfida – ha osservato il presidente della Commissione – si misura la capacità della Provincia di rispondere con la sua autonomia in maniera civile e degna facendosi carico anche attraverso il Consiglio delle difficoltà e delle necessità delle persone, che mettono a dura prova la tenuta della società trentina e dei suoi servizi.»
 
Il sindaco Valduga ha segnalato le iniziative che il Comune di Rovereto mette in campo già da alcuni anni per garantire un'accoglienza dignitosa che, ha riconosciuto, «non è comunque senza problemi».
Per affrontarli l'amministrazione comunale ha recentemente sottoscritto un protocollo d'intesa con il quale si è impegnata a migliorare il più possibile la situazione dei richiedenti asilo puntando alla loro distribuzione sul territorio in centri abitati anche piccoli e alla sensibilizzazione delle comunità perché vedano in queste persone un'occasione di arricchimento.
«Campagna di sensibilizzazione – ha aggiunto Valduga – che andrà portata avanti e sviluppata perché a quanto pare non ha ancora ottenuto i risultati sperati.»
La comunicazione diretta ai cittadini può svolgere un ruolo molto importante a favore dell'accoglienza e dell'integrazione.
 
L'anno scorso i richiedenti asilo erano circa 240. Ora sono scesi sotto i 170.
A fornire ai consiglieri alcune informazioni di base sul centro di prima accoglienza di Marco sono stati il dirigente Fedrigotti e il responsabile della Cri Chizzola.
Gli inizi di questo campo risalgono al marzo 2014 per fronteggiare l'emergenza libica con l'arrivo dei primi profughi ospitati in 4 container.
Di mese in mese gli arrivi sono poi aumentati per cui sono stati allestite altre 10 casette provvisorie con 8-10 posti letto ciascuna, rivelatesi però insufficienti nel 2015.
Così nel 2016 è stata occupata anche la parte alta dell'attuale superficie utilizzata dalla Protezione civile per le proprie esercitazioni.
Nel luglio 2017 il numero di profughi ospitati è salito a 240. Nel frattempo a Trento e in altri centri del territorio sono stati messi a disposizione appartamenti e per questo sono diminuiti sensibilmente i richiedenti asilo a Marco, che oggi sono 167.
 
A proposito delle ragioni delle tre manifestazioni di protesta collettiva dei profughi, Fedrigotti ha sottolineato che per il problema residenziale era meno grave di quello del tempo di attesa per poter conoscere il loro futuro.
«Più dei profughi siamo noi a ritenere che per loro il problema sia innanzitutto abitativo – ha segnalato il dirigente – perché per queste persone il vero nodo da sciogliere riguarda la definizione della loro situazione giuridica e l'esigenza anche questa molto forte di svolgere un'attività lavorativa con cui prepararsi a vivere quando usciranno di qui.»
 
Dal canto suo l'assessore Zeni ha evidenziato che la Provincia è stata insieme a quella di Bolzano l'unica realtà locale in Italia a chiedere allo Stato di gestire direttamente l'accoglienza dei profughi.
«Siamo riusciti a sistemare in appartamento 1.000 degli oltre 1.600 richiedenti asilo – ha spiegato, – ma non abbiamo ancora raggiunto l'obiettivo di una loro distribuzione capillare sul territorio provinciale, importante per ridurre la tensione sociale.
«La sfida ora – ha concluso Zeni – è costituita soprattutto dalla terza fase, quella della cosiddetta post-accoglienza, perché i profughi iniziano a ricevere le prime risposte alla loro domanda di asilo e nasce quindi il bisogno di un lavoro, vera chiave di volta dell'integrazione.»
 
A proposito del campo di Marco, l'assessore ha ridimensionato il problema della residenza, «che è stato per lo più mediatico – ha detto – perché se è vero che dormire in 14 nella stessa camera non è certo l'ideale, resta il fatto che tutte queste strutture dal punto di vista normativo sono in regola. Inoltre quando abbiamo proposto ai 240 profughi che si trovavano qui nel 2017 di spostarsi a Trento, solo 10-12 hanno accettato.
«In ogni caso – ha concluso Zeni – la Giunta ha incaricato Cinformi e il dipartimento di migliorare sempre più le condizioni di vita del campo per rendere meno disagevole la lunga permanenza.»


I tempi di attesa oscillano tra i 15 e i 18 mesi. Ad alcuni il progetto è stato revocato.
Tiziano Chizzola, responsabile della struttura per la Cri trentina, ha messo in luce che oggi i tempi di attesa dei richiedenti asilo per ricevere una risposta dalla Commissione territoriale competente [che ha sede nel Veneto ed è una delle 22 attivate dallo Stato in Italia – NdR] oscillano tra i 15 e i 18 mesi.
Tre sono le attività quotidiane obbligatorie imposte agli ospiti: la firma del registro presenze (se manca per due giorni di seguito si è fuori dal progetto, anche se si può chiedere un permesso al mese per stare fino ad un massimo di 5 notti fuori dal campo dichiarando dove ci si trova); due ore al giorno di scuola (8 in tutto alla settimana ed è obbligatorio frequentarne almeno il 70% al mese); le pulizie giornaliere.
 
Se si infrangono queste regole scatta una contestazione a carico dei richiedenti asilo che comporta una decurtazione del pocket money di 2,50 euro al giorno (75 al mese), ma può causare anche la sospensione totale della paga e l'esclusione dal progetto di accoglienza con l'intervento del Commissariato del governo.
«Qui a Marco abbiamo alcuni revocati di lunga data – hanno segnalato Chizzola e Fedrigotti – e in passato vi sono state anche esclusioni dal progetto. Per chi commette un reato penale viene subito chiesta l'esclusione dal progetto.
«L'indagine in questi casi non spetta al Questore ma al Commissariato del governo e per questo prima che diventi effettiva possono passare dei mesi. Nel frattempo l'interessato rimane presso il campo.
«Nel 2017 da Marco sono state portate via due persone per una richiesta di revoca inoltrata l'anno prima.»


 
I consiglieri: decisivo apprendere l'italiano e acquisire competenze sul lavoro.
Sono seguite alcune osservazioni e domande dei consiglieri. Plotegher ha messo l'accento sull'importanza dei corsi, guidati nel campo di Marco anche da insegnanti volontari, per l'apprendimento della lingua italiana, e dell'esigenza di aiutarli a fare conversazione, perché solo così i profughi riescono ad entrare in rapporto con la comunità locale.
Al riguardo l'assessore Previdi ha spiegato che recentemente lo Stato ha messo a disposizione 200.000 euro con cui il Comune di Rovereto sta organizzando iniziative di formazione all'italiano.
Ancora Previdi e il Sindaco Valduga rispondendo a una domanda posta da Lozzer circa l'utilizzo dei richiedenti asilo nel settore agricolo, hanno ricordato le attività, alcune già messe in atto ed altre in cantiere, perché i profughi acquisiscano competenze lavorando negli orti.
In quest'ambito è in preparazione un progetto bachicoltura che coinvolgerà i richiedenti asilo, realizzato in collaborazione con i Comuni di Villalagarina e Ala.
L'assessore Zeni ha ricordato che se un profugo inizia ad essere pagato per un lavoro svolto all'esterno del campo di accoglienza, gli viene proporzionalmente decurtata la pocket money garantita dalla struttura che, quando il reddito supera i 7.900 euro l'anno, è azzerata.
«Fondamentale – ha sottolineato l'assessore – è non assumere con i profughi ospitati un atteggiamento paternalistico che non favorisce la loro autonomia: per questo occorre permettere che si spostino sul territorio alla ricerca di un impiego.»
 
Sempre a proposito di lavoro l'assessore Previdi ha evidenziato il valore dell'utilizzo dei profughi in attività di volontariato a servizio dei Comuni, come la pulizia delle strade o l'assistenza ad anziani in casa di riposo con particolari patologie.
Ciò facilita molto la loro accettazione da parte della popolazione residente.
Per queste attività il Comune di Rovereto rilascia ai profughi un diploma che potrà essere speso come titolo per occupazioni future.
Civico ha messo in luce l'importanza del riconoscimento anche attraverso una vera e propria certificazione delle attività lavorative svolte dai richiedenti asilo, requisito che può rivelarsi determinane per ottenere più avanti un lavoro più stabile.
 
I dati principali.
Sempre su richiesta dei consiglieri provinciali, Chizzola ha fornito alcuni dati sugli operatori, gli ospiti e le strutture di accoglienza del campo dove si è poi svolto il sopralluogo.
Gli operatori impegnati con i profughi nella struttura di accoglienza di Marco sono oggi 23, uno ogni 10 richiedenti asilo, e con i turni prestano servizio 24 ore su 24. I corsi offerti agli ospiti sono attualmente 12.
Quanto alla nazionalità delle 167 persone accolte a Marco, tutti uomini, 3 provengono dall'Afghanistan, 34 dal Pakistan, 31 dal Bangladesh, 11 dalla Guinea, 8 dalla Guinea Bissau, 13 dal Senegal, 1 dalla Georgia, 9 dal Ghana, 18 dalla Nigeria, 6 dal Gambia, 1 dal Burkina Faso, 5 dal Togo, 6 dalla Costa d'avorio, 20 dal Mali, 1 dalla Liberia, 1 dalla Libia e 1 dall'Egitto.
Le strutture del campo si suddividono in 12 container dormitorio, 6 magazzini, 3 bagni (uno solo dei quali interno a un dormitorio, con 12 docce e 14 servizi igienici), 2 casette ad uso ufficio e ambulatorio, 3 container adoperati per i corsi.
Da notare che il 95% dei capi di abbigliamento invernali ed estivi forniti ai profughi è frutto di donazioni.
Grazie alla riduzione del numero degli ospiti, negli ultimi mesi è stato possibile togliere almeno un letto da ogni dormitorio.
Tra i nuovi servizi che potrebbero essere attivati è stata ipotizzata anche una rete wi-fi, attualmente disponibile solo per la Protezione civile nella parte bassa del campo.

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