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Storie di donne, letteratura di genere/ 216 – Di Luciana Grillo

Alessandra Quattrocchi, «La strategia del silenzio»: la conoscenza delle eroine di Jane Austen ci aiuta a conoscere meglio noi stesse

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Titolo: La strategia del silenzio. 
            Le ultime eroine di Jane Austen 
 

Autrice: Alessandra Quattrocchi
Editore: Iacobelli editore 2018
 
Pagine: 141, Brossura
Prezzo di copertina: € 12
 
Chi non conosce Jane Austen? Chi non ha letto «Orgoglio e Pregiudizio»?
Ma Jane Austen ha scritto ben altro e ha raccontato la società inglese e il mondo delle donne con attenzione, garbo e ironia.
È questo che mette in evidenza il bel saggio di Quattrocchi, presentato in occasione del bicentenario della pubblicazione postuma di «Persuasione», ultimo capolavoro di Jane Austen.
L’autrice parte dalla vita di Jane «che leggeva le sue creazioni alla famiglia riunita» e che condiva le sue storie con riflessioni argute, come quando scrive che «la signora Hall ha partorito un bambino nato morto, qualche settimana prima del termine, a causa di uno spavento. Suppongo che abbia guardato il marito senza pensarci».
 
Le donne, la necessità di un matrimonio per conquistare indipendenza e ruolo sociale («è vero che il matrimonio era per forza di cose un rischio»… ma anche «la soluzione più semplice per una signora di buona famiglia sprovvista di mezzi»), il lavoro «vero, da governante» per le ragazze non ricche («perché le gentildonne non lavorano») sono temi assai frequenti negli scritti di Austen che si cimenta anche in «considerazioni microeconomiche… pressanti e molto precise».
 
Quattrocchi, soffermandosi in particolare sugli ultimi tre romanzi «Mansfield Park» (1814, «Emma» (1815), «Persuasione» (1817, pubblicato postumo) e sulle protagoniste, mette a confronto Fanny, Emma e Anne, la prima ospitata dai ricchi zii, diventata forte e autorevole, ma chiusa «nel suo intenso, terribile silenzio»; la seconda «bella, intelligente e ricca… capricciosa ma irresistibile»; Anne, infine, figlia di un baronetto sciocco che ha dissipato la fortuna familiare, «privata di una casa… timida… non ha solidarietà e non ha letteralmente nessuno con cui parlare».
 
Rimane per tutte il silenzio «spesso richiesto nell’interesse dell’onore e della dignità… una strategia contro i crudeli poteri coercitivi della società».
Le tre donne sembrano diverse, eppure sono accomunate dalla condizione di isolamento, dall’abbandono familiare, dal «gusto di una ritrovata complicità femminile» e dalla necessità di «reprimere i sentimenti» dimostrando una ferrea capacità di autocontrollo, sottolineata nel 1861 dalla scrittrice irlandese Julie Kavenagh che la spiega con la terribile espressione «perché è una donna e non deve parlare».
 
Quattrocchi dedica alcune pagine anche alla tecnica narrativa di Jane Austen, al suo «discorso indiretto libero», agli «effetti speciali» che porteranno allo sperimentalismo del primo Novecento e al «flusso di coscienza», alla sua «messa a fuoco continua della narrazione».
Dunque, Austen non solo tessitrice di storie, ma anche abile costruttrice che ci fa amare le sue eroine perché «in loro e attraverso i loro silenzi impariamo a riconoscere e ammirare l’adattabilità, la volontà di ferro, lo sviluppo di una tecnica di resistenza e sopravvivenza in una situazione di estrema vulnerabilità, qualità che si addicono anche oggi a una donna nel mondo».
 
Dopo la lettura de «La Strategia del silenzio», è naturale avvicinarsi con curiosità e rispetto a Fanny, Emma e Anne per trovare in loro qualcosa che ci aiuti a conoscere meglio noi stesse.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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