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Il documento di Economia e Finanza 2018 – Di M. D. Bornancin

Il Def e l’analisi degli effetti finanziari: quali sono i cambiamenti nei prossimi tempi?

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Il DEF, Documento di Economia e Finanza è stato approvato dal governo uscente il 26 aprile scorso e doveva essere inviato alla Commissione europea entro il 30 aprile, ma la stessa Commissione ha fatto sapere che è disposta a concedere all’Italia più tempo, al fine di conoscere quali saranno gli sviluppi politici per la formazione del nuovo governo.
Il documento fa riferimento alla Legge di bilancio per il triennio 2018 - 2020, la n. 205 del 27 dicembre 2017, che già aveva anticipato alcune misure sull’occupazione, sulla formazione, sul sostegno alle imprese, sulle agevolazioni in materia di turismo e cultura e sulle detrazioni per le ristrutturazioni delle case.
Ora, anche in ragione del momento di transizione che attraversa il Paese, il DAF non contempla impegni per il futuro poiché sono logicamente demandati al nuovo governo, ma descrive l’evoluzione economica, con previsioni di sviluppo e di programmi che interessano la comunità, un quadro esaustivo di aggiornamento della situazione economica e finanziaria italiana, che è di fatto, la base per la scelta delle politiche economiche e di riforma che il nuovo Parlamento dovrà affrontare.
 
Certamente tra i compiti del nuovo governo vi sarà anche la predisposizione del documento di programmazione generale e in autunno, come ogni anno, l’aggiornamento del DEF accompagnato dal nuovo Disegno di Legge sul bilancio dello Stato.
Progetti questi, che devono essere esaminati dai due rami del Parlamento e dalle rispettive Commissioni permanenti in materia.
Probabilmente anche per queste scadenze il Presidente della Repubblica, se non maturano in questi prossimi giorni nuovi accordi, visti i risultati negativi delle consultazioni compiute, si trova costretto a proporre un governo istituzionale, con l’impegno che siano affrontati due punti fondamentali per questa legislatura e che riguardano la nuova finanziaria e la riforma della legge elettorale, per poi passare a ulteriori elezioni entro il prossimo anno.
L’attività legislativa non potrà che partire dai risultati raggiunti in questi ultimi tre anni, anche in funzione delle politiche economiche sostenute che hanno accompagnato l’Italia nello sforzo complessivo di superare in parte la lunga crisi che, partita nel 2007 e che per certi aspetti, nel 2017 ha rappresentato segnali d’iniziale superamento.
 
Una crisi che ha causato il crollo del PIL, pari a quasi 9 punti percentuali, e che ha lasciato profonde ferite nel tessuto sociale in termini di disoccupazione, di reddito disponibile, di disuguaglianza, di amarezza e sfiducia; un percorso difficile, una strada impervia, caratterizzata da due traiettorie: l’obbligo morale di ridurre, se non di interrompere, il debito pubblico l’una e comunque di sostenere l’attività economica finalizzata alla crescita, l’altra.
Di fatto negli ultimi due anni l’economia è riuscita a realizzare un certo recupero, in termini di crescita, di produzione industriale, (manifatturiero), esportazione, passi questi che tendono, in base alle previsioni a dare impulso alle imprese ad avere fiducia nel futuro del Paese.
Anche il rafforzamento della crescita nel 2017 e i primi segnali dei due trimestri 2018, consentono di avere una speranza e una reale fiducia nei percorsi successivi del triennio.
L’Italia è nelle condizioni di farcela, certamente se oltre ai presupposti evidenziati dal DEF, si innestano continui momenti di confronto tra le parti, che si traducano via via in azioni e progetti per il bene dell’intera comunità. Questo ragionevole ottimismo è però minato dall’attuale scenario politico, ricco d’incertezze, di confusione, che può pesare anche sul sistema economico e produttivo.
 

 
Meritano attenzione alcuni aspetti di questo documento:
-    l’obbligo della fatturazione elettronica, già prevista nel 2015, per tutti i soggetti IVA a partire dal primo gennaio 2019 consentirà di acquisire in tempo reale le informazioni contenute nelle fatture emesse tra operatori, rendendo possibile alle strutture competenti di fare controlli automatici tra l’IVA dichiarata e versata, attuando criteri di semplificazione amministrativa.
-    lotta alla povertà o il così detto reddito d’inclusione sociale, che prevede altri finanziamenti per il 2018 e il 2019.
-    sostegno all’occupazione giovanile che si configura in una decontribuzione pari al 50% per tre anni sulle assunzioni a tempo indeterminato di giovani fino al compimento del 35° anno di età per il 2018, ma con possibilità di proroga anche per il 2019 e 2020 (limite di 3.000 euro su base annua per dipendente);
-    misure per il rafforzamento del Piano Industria 4.0, che prevede un superammortamento per l’acquisto di beni strumentali, macchinari ad alta tecnologia, software e apparecchiature digitali. Inoltre è previsto un credito d’imposta del 40% fino a un massimo di 300.000 euro per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle nuove tecnologie;
-    agevolazioni per le ristrutturazioni di abitazioni, per l’acquisto di elettrodomestici, mobili, e per la riqualificazione energetica degli edifici, con significative detrazioni fiscali.
 
Questo DEF, che conta ben 146 pagine, contiene però un’emergenza molto preoccupante, che meriterebbe di essere affrontata in tempi brevissimi e che riguarda l’aumento dell’IVA, incardinato nella c.d. Clausola di Salvaguardia, la quale prevede appunto l’aumento automatico delle aliquote.
 
In altri termini la Clausola di Salvaguardia presuppone quest’aumento automatico dell’IVA nel caso in cui l’Italia non avesse a disposizione le risorse finanziarie necessarie a coprire le proprie spese di bilancio, mantenendo così il rispetto dei vincoli disposti dall’Unione Europea.
Tale aumento, sia pure ipotetico, avrebbe sicure ripercussioni sull’aumento dei prezzi al consumo, con conseguenze dirette sulle famiglie e sulle imprese, sul PIL e sull’aumento del debito pubblico. Effetti complessivamente negativi su ogni sforzo di miglioramento del nostro Paese.
La previsione indicata è disastrosa, infatti, l’IVA del 10% dovrebbe passare nel 2019 al 11,5%, nel 2020 al 13%, quella ordinaria del 22% nel 2019 al 24,2% e nel 2020 al 24,9% per finire nel 2021 al 25%.
Una manovra, questa, che diventerebbe fatale se confermata per la crescita economica in atto, anche perché colpirebbe beni di prima necessità come i prodotti alimentari.
 
Una certa tranquillità è indicata dal DEF in termini di tempi di applicazione di queste nuove aliquote. Infatti, è prevista la sterilizzazione dell’aumento per il 2018 e il 2019, quindi la nuova diposizione se non prorogata in sede di approvazione da parte del Parlamento, dovrebbe, se approvata, entrare in vigore con il 2020.
Certamente il nuovo Parlamento dovrà attivare subito un tavolo di confronto anche con le categorie economiche e sindacali e definire l’approvazione di una nuova Legge finanziaria per il prossimo triennio, ancorché modificabile nei prossimi mesi, per sgomberare il campo da ogni preoccupazione per gli imprenditori e le famiglie e per l’intera comunità.
Il nostro Paese non ha sicuramente bisogno di percorsi strutturati su un passo avanti verso lo sviluppo e due indietro, verso la crisi, anche perché così facendo sarebbe assonnato dal silenzio che solitamente è provocato dall’effetto camomilla, fino a poco tempo fa, presente in più campi.
 
A cura di Daniele Maurizio Bornancin

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