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Storie di donne, letteratura di genere/ 220 – Di Luciana Grillo

Connie Palmen, «Tu l’hai detto» – L’attenta ricostruzione delle vicende di due poeti che si sono molto amati, ma che del loro amore sono rimasti prigionieri

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Titolo: Tu l'hai detto
Autrice: Connie Palmen
 
Traduttrici: Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo
Editore: Iperborea 2018
 
Pagine: 291, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
 
Connie Palmen è una nota autrice olandese e con «Tu l’hai detto» ha vinto il più importante premio olandese, il Libris.
Racconta con assoluta semplicità il rapporto complesso che legò Ted Hughes e Sylvia Plath, dal nascere della passione alla morte tragica di Sylvia.
Come spesso accade, davanti ad un suicidio, si cercano colpe e capri espiatori, per cui Hughes è stato considerato un uomo duro e crudele, colpevole di non aver dato abbastanza amore o di non aver capito la giovane moglie fragile e complicata.
 
Dunque, Palmen lascia parlare Ted, gli consegna pagine bianche da riempire con parole pensieri ricordi sentimenti silenzi ossessioni paure… lo invita a rompere il riserbo sulla moglie che «non desiderava altro che essere amata, ma ha punito senza pietà chiunque abbia mai provato amore per lei», a parlare di lei, della «sua inquietante capacità di leggere i pensieri altrui, di prevedere gli eventi, di fiutare il pericolo…», a rievocare i loro incontri appassionati e quella sorta di furore che li costringeva a scrivere ogni giorno, sognando una vita da poeti: «Eravamo giovani e inesperti, in cammino esitante verso il mondo degli adulti, fatto di responsabilità, stipendi, case, entrambi alla ricerca di una nostra voce».
Sylvia lo scosse da pigrizia, incertezze, dubbi, lo «liberò da tutto ciò che bloccava la mia scrittura… fu una ventata di energia», lo spinse a scrivere, «piangeva e rideva sulle frasi, lodava l’originalità, ne esaltava l’autore, e le critiche che avanzava erano acute e azzeccate… si dedicò a farmi guadagnare la fama… nella religiosa convinzione che la mia parola andasse rivelata».
 
Dall’Inghilterra si trasferirono in America, inquieti e nostalgici, e per Ted cominciarono, con la notorietà, la vita mondana, gli incontri organizzati: «Dal momento in cui ho acquisito notorietà come poeta, ho odiato la vita pubblica… Il tuo nome senza corpo ti ruba la libertà. Ti mette in gabbia, ti prende in ostaggio».
Per consentire a Ted di dedicarsi alla poesia, Sylvia insegna, ma quando tornava a casa «spossata, stanca morta e infelice, non riusciva a nascondere quanto fosse terribile per lei insegnare».
E se lei era in preda alle proprie oscure sofferenze, anche Ted era «irrequieto e assente, senza confessarle che quel generoso sacrificio del suo tempo mi paralizzava…il Nuovo Mondo era letteralmente troppo nuovo per me».
 
Poi, nuovo trasloco, si torna in Inghilterra, entrambi in preda a malinconie, rabbie improvvise, quasi prigionieri l’uno dell’altra, come se «ci stessimo avvelenando a vicenda… scoprii solo dopo la sua morte la vera portata della rabbia e del dolore scatenati dall’analisi…».
Sylvia è dilaniata dal ricordo del padre mancato troppo presto, è oppressa dall’affetto invadente della madre, è tesa nel voler soddisfare le aspettative materne, teme di non essere all’altezza, è gelosa di tutte le donne che Ted può avvicinare: «Poteva ottenere l’amore della madre solo raggiungendo il successo, e poiché questo freddo baratto la riempiva di rabbia e di odio, sfidava Aurelia ostinandosi a non sollevare la penna… Appena sapeva di avere gli occhi di Aurelia puntati addosso si trasformava in un essere goffo che si vedeva attraverso lo sguardo di sua madre e non era mai all’altezza».
 
Anche il pensiero della maternità le procura ansia, Ted vuole proteggerla dal mondo esterno e soprattutto da se stessa, «il suo dolore era il mio dolore, le sue paure erano le mie paure… Dopo la sua morte amici e nemici, conoscenti ed estranei, si sono avventati su di noi come parassiti, nutrendosi del nostro sangue… ho subito ogni rivelazione della mia vita privata come una frustata. E ho taciuto».
Non bastano due figli a placare i demoni che agitano Sylvia, la sua sofferenza è talmente devastante che – dopo la separazione dolorosa da Ted – decide di farla finita e infila la testa nel forno a gas.
Davanti al suicidio, non c’è che il silenzio.
Ted muore molti anni dopo, lascia insieme a documenti, poesie e scritti vari, anche una scatola sigillata che si potrà aprire solo nel 2023.
 
La Palmen ha ricostruito con attenzione le vicende di due poeti che si sono molto amati, ma che del loro amore sono rimasti prigionieri, fino alla separazione voluta da Ted perché innamorato di un’altra donna e comunque sempre oggetto di pesanti critiche dopo il suicidio di Sylvia.
 
Luciana Grillo – l-grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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