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Giovani in azione: Marcella Zandonai – Di Astrid Panizza

Da una parte all’altra del mondo per cercare il proprio posto: come Marcella viaggia per il mondo, con lo zaino in spalla e tanta voglia di fare, senza mai arrendersi

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La incontriamo virtualmente ad Atene, in Grecia, dove vive al momento, facendo uno stage all’ufficio delle Nazioni Unite.
Marcella Zandonai ci accoglie nella sua camera da letto, con i capelli raccolti e il pigiama, è sera tardi.
È trentina Doc, nata nel 1992 e cresciuta nel capoluogo. La casa della sua famiglia dà sul torrente Fersina, a pochi passi dal ponte dei Cavalleggieri, ma in questi ultimi anni è stata cittadina del mondo, spostandovisi da una parte all’altra più di una volta, per studio o per lavoro.


Che cosa ti spinge a muoverti in continuazione? A non rimanere più di qualche tempo in un solo posto?
«Il desiderio e la possibilità di viaggiare mi sono stati dati da mia madre soprattutto. Lei infatti, nei lontani anni ’70, decise di lasciare il suo paese trentino in cui non si riconosceva a causa della chiusura mentale delle persone e di andare in Germania, a Berlino. Aveva 16 anni e si è ritrovata in una realtà totalmente diversa da quella trentina. Ma si è adattata, ha fatto i lavori più umili senza paura, imparando così il tedesco.
«Poi, andando avanti negli anni, una volta tornata e stabilitasi a Trento dove insegna tuttora tedesco, sono nata io. Ha così deciso di trasmettermi questo amore per il viaggio e per il diverso già da piccola, partendo con l’insegnamento del tedesco, lingua che usiamo in casa ancora adesso come l’italiano.
«Con il passare del tempo, inconsciamente mi si è aperto qualcosa nel cervello, non so se sia stato il bilinguismo o la mamma e le sue idee rivoluzionarie. Probabilmente le sue storie che parlavano di voglia di cambiamento e di lotta femminista mi hanno portato a voler cambiare qualcosa. Così ha avuto inizio il mio primo viaggio, ancora da adolescente: sono andata a fare l’animatrice un’estate in Turchia, Paese scelto solo perché era il più lontano tra la rosa di proposte.
«A dire il vero prima di questo viaggio ne avevo fatto un altro partendo da sola, ma non era stato voluto da me. Mia mamma, infatti, mi aveva iscritto al Treno della Memoria. Era il 2010. Mi ricordo che ho pianto due settimane prima di partire, non ci volevo proprio andare, poi però mi ha davvero cambiato la vita. E’ stato la molla che mi ha dato la spinta poi per andare sempre più lontano.»
 

 
All’Università ti sei stabilita in un posto diverso da Trento e lì sei rimasta?
«Sì e no! Mi sono spostata sì da Trento, ho fatto, infatti, la triennale in Diplomazia e relazioni internazionali a Forlì, ma dopo il primo anno passato lì non ce la facevo più, non mi piaceva proprio e ho fatto, quindi, il secondo anno a Madrid. Tornata dall’Erasmus ho dato una seconda possibilità a Forlì, sperando che fosse cambiato qualcosa e magari mi piacesse un po’di più. Niente da fare. Dopo sei mesi sono partita per la Grecia e ho passato sei mesi studiando lì.
«Finita la triennale, nel 2016 mi sono spostata in Germania dove ho fatto un Master sempre nel campo delle relazioni internazionali.
«Ho quindi svolto un tirocinio in Australia, dove ero già stata e ho visitato anche una parte dell’Asia.»
 

 
L’Italia ti sta stretta? E dove pensi possa essere il posto in cui stabilirti?
«Devo esser sincera, l’Italia mi sta stretta, il Trentino no, ma non vedo nessun tipo di futuro nel Trentino per quanto riguarda quello che vorrei fare io, perché è una realtà piccola e io al momento ho bisogno di altro.
«Non lo so dove sarà il posto in cui mi stabilirò, sto viaggiando per cercarlo, è difficile. Ho già visto molti luoghi nel mondo. Ora sono in Grecia ma ho vissuto in molti Stati, ti cito quelli in cui mi sono stabilita per un minimo di tre mesi almeno: Spagna, Germania, Finlandia, Kenya, Turchia e Australia. Ho visitato poi Nuova Zelanda, Vietnam, Indonesia, Singapore, Marocco, Russia, oltre ai Paesi europei s’intende. Forse mi sto dimenticando anche qualche Stato! A raccontarti tutto ti verrebbe un articolo da cento pagine.»
 

 
Sei riuscita sempre a mantenerti pur viaggiando così tanto o la tua famiglia ti ha aiutato in questi anni?
«Ho sempre lavorato e i miei hanno sempre voluto darmi un contributo. Questo vuol dire che avrei potuto mantenermi senza i soldi dei miei genitori, ma sono loro che hanno voluto aiutarmi mentre studiavo.
«Adesso che non studio più, impongo a mia mamma di non mettermi soldi sulla carta perché se fosse per lei mi troverei ogni mese qualcosa sul conto.»
 

 
Per quanto riguarda il lavoro, cosa vorresti arrivare a fare?
«Ancora non lo so sai?! Ma so cosa NON voglio fare in futuro… proprio quello che faccio ora. I miei studi mi hanno portato a lavorare per l’Unione Europea, ma entrando nel campo ho scoperto un mondo completamente diverso rispetto all’idea che avevo di ciò. Non c’entra nulla con i diritti umani. Chi vi lavora non si dedica a risolvere i problemi, a cercare soluzioni. Si limita a prendere lo stipendio (e che stipendio!) e a fare il minimo indispensabile. E non è quello che pensavo… speravo che almeno in una realtà così riconosciuta ci fosse del positivo.
«Comunque io non lavoro esattamente all’interno dell’agenzia, sono nel campo delle Risorse Umane, quindi si tratta di un dedicarsi alle persone che lavorano nell’Unione Europea da dentro, mi occupo di salari, pensioni, prestiti e via dicendo.
«Non so cosa vorrei fare più avanti, ti dirò la verità, mi sento un po’confusa. Vorrei coniugare il lavoro burocratico con quello sul campo. Finita l’esperienza qui in Grecia però so già che andrò in Nuova Zelanda. Vedremo!»
 

 
Come mai la Nuova Zelanda? Hai progetti che ti portano dall’altra parte del mondo?
«Per ora non è che abbia già un progetto in mente per quanto riguarda la Nuova Zelanda. Sento che la mia vita deve passare da quelle parti nuovamente, ci ero già stata per un viaggio, ma ora voglio stabilirmi lì per qualche tempo.
«Mi attira questa zona del mondo per il modo in cui la vita e le persone sono impostate. Infatti puoi richiedere un tipo di visto per poter fare tutto quello che vuoi, non hai l’obbligo di lavorare in farm per qualche mese, per esempio, come in Australia.
«Lo stile di vita è molto più libero rispetto a quello dell’Unione Europea. Se vuoi dormire in macchina puoi farlo, se vuoi cambiare lavoro ogni mese non ci sono obblighi o restrizioni. Inoltre ci sono dei ristoranti in cui per ciò che si consuma ognuno può pagare la somma che si riesce a permettere, non c’è un prezzo fisso. Questa filosofia mi piace molto, la sento mia.
«Ho bisogno di vivere quest’esperienza, me lo dice il mio subconscio. Di solito mi ascolto molto, ascolto la mia pancia. Non credo rimarrò in Nuova Zelanda tutta la vita. Parto però senza un biglietto di ritorno, la mia vita va così. Non so se tornerò mai in Italia, se dovessi tornarci però l’unica città in cui vorrei vivere sarebbe Trento.
«Non mi piace farmi troppi progetti futuri. A chi leggerà voglio dire di non pensare che ci siano scadenze, che ci sia da fare qualcosa entro una certa data. Nessuno ti corre dietro, nessuno ti giudica. E se anche qualcuno lo fa, lascia che parlino.
«Ci sono sette miliardi di persone al mondo, e duecento miliardi di modi di vivere diversi. Finché non viaggi non te ne rendi conto, perché sei in una realtà chiusa e c’è un certo tipo di modo di vivere. In un momento in cui esci, capirai che le persone nel mondo si pongono diversamente alla vita, nessuno ha un modo di fare sbagliato, solo diverso. Il bisogno primario è quello di trovare lo stile di vita che ci appartiene, e viaggiare ti concede di vedere, di conoscere, di aprire la mente.»
 
Astrid Panizza
(Precedenti puntate)


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