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Ripassando il Festival dell’Economia/ 1 – Nouriel Roubini

Il tema della prossima edizione potrebbe essere «Euro, moneta unica senza Europa»

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Sono tante le interviste che abbiamo fatto in questi quattro giorni di tour de force che si chiama Festival dell'Economia. Nell'insieme ci siamo fatti un quadro generale e delle opinioni su alcuni incredibili personaggi che passano da Trento grazie a questo appuntamento.

Visto nel suo insieme, il Festival rimane una delle più grandi risorse culturali che il Trentino abbia mai messo in piedi. Una città che si mobilita per accogliere economisti, i cui nomi - anche se insigniti di premi Nobel - sono sconosciuti alla grande massa, è di per sé un evento fantastico.

Le 50mila presenze che ha attirato anche quest'anno sono una risorsa innegabile. Ma è soprattutto il «clima da festival» la portante che più lascia il segno nei connotati della civitas trentina, perché l'arricchimento avviene così anche per osmosi e senza che nessuno debba applicarsi per assimilare le migliaia di contenuti che passano per la città.

Il tema di quest'anno «Informazioni, scelte e sviluppo» era ispirato alla verosimile ipotesi che la grande crisi del 2008 si sarebbe esaurita. Così purtroppo non è stato, ma la discussione sui mezzi di comunicazione è stata comunque utilissima, anche se a volte di parte, mentre le discussioni su «scelte e sviluppo» sarebbe stato meglio rinviarle ad altra data.

La grande crisi del 2008 ha messo in risalto la debolezza del sistema mondiale, l'intoccabilità inaccettabile delle lobby bancarie e finanziarie, la potenza incontrollabile delle speculazioni di massa.

Ma l'aspetto che più a messo in tutta evidenza è stata la mancanza di un'Europa, intesa come unione permanente effettiva. E su questo troviamo conferma nella breve intervista fatta a Nouriel Roubini, l'economista che ha previsto la «bolla» (vedi articolo).
Da notare l'aspetto singolare per cui gli si possono porre le domande in italiano, purché si sia disposti ad accettare le sue risposte in inglese.

Dott. Roubini, noi crediamo che la fase attuale della crisi in corso sia dovuta soprattutto al fatto che l'Europa, intesa come soggetto unico, non esista affatto. Se gli Usa sono paragonabili a una Società per Azioni, dove l'organo amministrativo è sovrano sugli stati della Federazione, l'Europa è come una Cooperativa, dove l'organo sovrano è formato dall'Assemblea dei soci. Per «decidere» se salvare la Grecia (neanche per decidere come), hanno dovuto mettersi d'accordo le grandi potenze. Esattamente come se l'Europa fosse solo un Ente funzionale, un circolo virtuale.

«Lei ha centrato la questione, - ci ha risposto (e ne siamo fieri). - I mesi di ritardo, persi per discutere sui preliminari di una federazione che non c'è, hanno portato l'Europa sull'orlo di una crisi finanziaria senza precedenti.
«Abbiamo visto che l'Europa reale è tuttora formata dalle singole soggettività delle grandi nazioni di un tempo. Il tutto è finito come nei secoli scorsi in grandi e animate discussioni tra le grandi potenze, come se l'Unione Europea nei momenti cruciali non esistesse.
«E in più c'è questa mancanza di coordinamento istituzionale per cui ogni stato va a rilasciare dichiarazioni deleterie per tutti. Saranno delle coincidenze, ma più di un nuovo governo subentrato a quello uscente, sconfitto alle elezioni, ha parlato di gravissima crisi a rischio di default causata da chi l'ha preceduto. Questo vale per Grecia, per Ungheria e infine anche per la Gran Bretagna.»

Fatto sta che, secondo noi, il prossimo Festival dell'Economia dovrebbe essere orientato all'Europa. All'Europa che manca, vogliamo dire. Del tipo «Euro, moneta unica senza Europa» o, meglio ancora, «Europei senza Europa».

Roubini, nel suo intervento pubblico è arrivato a dire che l'Euro dovrà essere svalutato.
Una cura che l'Italia conosce bene, perché periodicamente sanava le proprie casse svalutando la Lira. L'idea di proporlo a una moneta come l'Euro, per cui Trichet (Jean-Claude Trichet, attuale presidente della Banca Centrale Europea) ha combattuto ferocemente per mantenerle il valore costante, potrebbe consigliare l'alternativa di un abbassamento della soglia del Patto di stabilità.
Vedremo come procederà la nostra CE, ammesso che riesca a decidere in proprio.

A Nouriel Roubini abbiamo rivolto un'altra domanda, la cui risposta è stata molto interessante.
È possibile che il Quarto potere, la stampa, che in passato è riuscito in Italia a far dimettere il presidente della Repubblica Giovanni Leone (nel bene o nel male) e in USA a far dimettere il presidente Richard Nixon, ora non sia in grado di obbligare i parlamenti a varare nuove regole che impongano la trasparenza nelle banche e nelle finanziarie mondiali?

«Il sistema economico finanziario - ci ha risposto Roubini - è diversificato quanto basta per controllare anche le grandi case editrici. Non c'è un solo mezzo di comunicazione importante che possa vantare di poter decidere qualcosa senza sollevare quegli stessi anticorpi che possano vanificare l'iniziativa.
«Quando un singolo personaggio viene preso di mira, viene difeso dal sistema, ma solo fino al punto del non ritorno. Poi lo abbandonano. Quando viene messo in discussione il sistema stesso, questo sa benissimo come fare per mettersi al sicuro.»

Nouriel Roubini
Docente di Economia e business internazionale alla New York University.
È ricercatore presso CEPR e NBER. Membro del Bretton Woods Committee, del Council on Foreign Relations Roundtable sull'economia internazionale e membro del Comitato degli esperti accademici presso il dipartimento per gli affari fiscali del FMI. Ha insegnato alla Yale University.
Ha ricoperto varie cariche presso il Dipartimento del Tesoro statunitense ed è stato consulente per la Casa Bianca.
I suoi interessi di ricerca riguardano: macroeconomia e finanza internazionali, politica fiscale, economia politica, teoria della crescita e sistema monetario europeo.
Collabora con diverse riviste scientifiche come: Journal of International Economics, Journal of Restructuring Finance.
E' co-autore di Bailouts or Bail-Ins: Responding to Financial Crises in Emerging Markets, Peterson Institute (2004) e di La crisi non è finita, Feltrinelli (2010).

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