Cambiamenti climatici estremi, contraccolpi sull’agricoltura
La superficie coperta da neve e ghiaccio è scesa del 10% rispetto a 50 anni prima
Nell'ultimo decennio si sono registrati i sei anni più caldi del ventesimo secolo e la superficie coperta da neve e ghiaccio è scesa nel 2000 del 10% rispetto a quarant'anni fa.
L’inverno che si chiude è stato però contrassegnato dal gelo siberiano e temperature rigidissime anche in nei Paesi del Mediterraneo a clima temperato come il nostro.
Sono tutti sintomi, segnala Confagricoltura, di eventi climatici estremi. La colonnina di mercurio impazzita porta infatti scompiglio anche in agricoltura mettendo a rischio gli assetti e il ciclo vegetativo di alcune colture.
L’organizzazione agricola sottolinea che a causa delle temperature superiori alla media rilevate nel dicembre 2016 le piante si sono “risvegliate” ma hanno rischiato poi di essere bruciate dal gelo eccezionale che ha contrassegnato i mesi di gennaio e febbraio 2017.
Le temperature troppo basse, fa notare l’organizzazione di Palazzo Della Valle, hanno danneggiato molte coltivazioni di ortaggi invernali come carciofi, cavolfiori o finocchi, provocando in alcuni casi un rincaro dei prezzi per effetto della scarsità di offerta sul mercato.
Anche il caldo anomalo di questo mese di marzo che sta segnando minime superiori di 2,9 gradi rispetto alla media del periodo in Italia, sta accelerato la fioritura delle diverse specie di piante.
A rischio gli alberi da frutto che oggi sono in netto anticipo ma, in caso di abbassamento brusco della temperatura, potrebbero essere irreparabilmente danneggiati.
Tutti d’accordo i climatologi, da Benjamin Leon Bodirsky dell’Istituto Potsdam alla collega Susanne Rolinski, che si sono alternati nel febbraio scorso sul palco del Fresh Produce Forum di Berlino (che ha anticipato di un giorno Fruit Logistica 2017, la fiera internazionale dell’ortofrutta): l’agricoltura dovrà far fronte ai cambiamenti climatici, soprattutto adeguarsi all’aumento delle temperature medie negli ultimi 100 anni e all’intensificarsi di eventi calamitosi naturali.
Senza contare che il previsto aumento della popolazione mondiale a 10 miliardi di persone nel 2050 richiederà anche un ulteriore sforzo all’agricoltura per sfamare una popolazione in continua crescita.
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